Jody Day: “Ho smesso di vergognarmi”

Pubblicato il 6 Ottobre 2022 in Pensieri Ideas
Jody Day

Chi è: Jody Day, psicoterapeuta, autrice e fondatrice di Gateway Women

Finché crediamo che invecchiare significa essere finiti, nulla cambierà. Dobbiamo cominciare a smantellare i pensieri limitanti che abbiamo introiettato

Un paio di giorni fa, ho letto un fatto affascinante sugli uccelli: rinnovano tutte le piume nel corso di un anno. Più sorprendentemente, perdono piume a coppie sulle ali e sulle code. È un miracolo silenzioso e il modo con cui la natura garantisce decolli e atterraggi senza incidenti. Da un po’ di tempo, ho iniziato a interessarmi agli uccelli. O, meglio, gli uccelli sono entrati nella mia vita. Vivendo in un clima caldo, molta della nostra vita avviene all’aperto e gli uccelli, da un ramo o da una tettoia, osservano i miei movimenti. Ho dovuto riconoscere che i nostri non erano incontri casuali. Infatti, sono stata adottata da un paio di merli curiosi. Per tenerli fuori dalla cucina, ho allestito una mangiatoia sul muro del giardino ed è iniziata la processione delle specie. Mi osservano con la testa piegata da un lato, aspettando la loro parte di briciole. A volte, si mettono in fila per mangiare. Il pettirosso orientale con un tocco bianco sulle ali nere e la coda rivolta all’insù si presenta la mattina presto. Il bulbul con le guance rosse e la cresta nera si assicura che non ci siano gatti in giro prima di atterrare da una palma. Le colombe dal piumaggio affumicato sono le ultime a prendere la loro parte. Tutti gli uccelli arrivano in coppia e i merli, sorprendentemente, sono arrivati un giorno in compagnia della prole che hanno iniziato a nutrire teneramente da becco a becco.

Jody Day è entrato nella mia vita con la stessa grazia di questi uccelli. A modo suo, sta nutrendo il mondo e, così facendo, ha aperto una finestra su un aspetto trascurato dell’invecchiamento, il doppio stigma che colpisce le donne senza figli quando invecchiano. Jody è una psicoterapeuta, autrice di “Living the Life Unexpected” (Vivere la vita inattesa, ndr) e fondatrice di Gateway Women, una rete globale di amicizia e sostegno per donne senza figli. Come ho imparato parlando con lei, a seconda della nostra età e di dove viviamo, tra il 15 e il 30% delle donne raggiunge la mezza età senza figli e, di conseguenza, senza nipoti. Si tratta di donne private del titolo di nonna, “l’unica parola positiva per le donne anziane”, come ha osservato Jody. Solo il dieci% delle donne senza figli è senza figli per scelta, un altro dieci per cento è senza figli a causa dell’infertilità e il resto è ciò che Jody chiama “senza figli per via delle circostanze”. Queste circostanze sono molte e diverse. È solo grazie al fortunato incontro con un dottore perspicace che, all’ultimo minuto, sono finita in un gruppo diverso, ma non ho dimenticato quei mesi bui. E così mi suona familiare la doppia sfida che le donne – e gli uomini – devono affrontare quando invecchiano senza figli in una società che stigmatizza le differenze, elogia l’omogeneità e commercializza tutte le opzioni intermedie.

L’assenza di figli e l’invecchiamento hanno alcuni elementi in comune. Quali sono quelli che ti vengono in mente?

Sia la mancanza di figli sia l’invecchiamento sono svalutati dalla società occidentale. Sul lato negativo, entrambe sono condizioni non scelte, stigmatizzate e temute che si nutrono dei nostri pregiudizi interiorizzati: buona parte del dolore causato dall’involontaria assenza di figli può essere attribuita al fatto che la crudeltà che molti sperimentano nelle parole degli altri fa eco nei giudizi che hanno interiorizzato. Molto di questo è dovuto al pronatalismo, l’ideologia che afferma che l’unico modo accettabile per essere un adulto completamente maturo è essere un genitore e che i genitori hanno più valore nel mondo dei non genitori. Il pronatalismo ha un impatto su tutti i sessi ma ricade più apertamente sulle donne eterosessuali di età più giovane. Per la maggior parte di noi, l’ideologia del pronatalismo è inconscia fino a quando non siamo nel suo raggio di tiro, e quindi spesso non abbiamo idea di come stia plasmando le nostre convinzioni, decisioni e identità. Ed è per questo che è così importante, come hanno dimostrato la seconda ondata di movimenti di sensibilizzazione del femminismo degli anni Settanta, che arriviamo alle radici delle nostre convinzioni inconsce, le portiamo alla luce e prendiamo le nostre decisioni consapevoli su ciò in cui crediamo. Può essere un processo emotivo e psicologico liberatorio (e umiliante), che ha il potenziale per liberare la forza vitale ostacolata e dirigerla verso quello che chiamo un “Piano B”. Ma ripensando ai confronti con l’invecchiamento, non ci sono solo aspetti negativi: sia l’assenza di figli che l’invecchiamento possono essere portali incredibili per la crescita personale quando sono visti come periodi di transizione, come potenti soglie di coscienza. E osare pensare a loro come tali è altrettanto contro-culturale.

Hai detto che le donne senza figli sono una minaccia per lo status quo e che una donna su cinque della generazione post-Sessanta appartiene a questo gruppo. Quali sono le implicazioni per il futuro?

La mia storia è il classico viaggio senza figli per una donna britannica nata a metà degli anni Sessanta da una madre che non aveva nessuna delle opportunità di controllo delle nascite, di istruzione o professionali a cui io, invece, ho avuto accesso. Nella mia coorte c’è un grande aumento di donne senza figli – una su quattro – e il numero sale a uno su cinque per le donne nate negli anni Settanta. Dalle prime evidenze pare che tenderà a crescere ulteriormente per i Millennials degli anni Ottanta. Tuttavia, i numeri non raccontano l’intera storia; circa il 6-10% delle donne che raggiungono la mezza età senza figli ha scelto di non avere figli, ma i giornali confondono abitualmente i dati per sostenere la loro posizione, scrivendo in maniera interscambiabile titoli come “Una donna su cinque sceglie di non avere figli” o “Una donna su cinque non ha figli”. È molto più complesso di così e renderla una posizione binaria non corrisponde all’esperienza interiore di molte donne.

Guardando avanti, prevedo che assisteremo a un forte aumento tra i Millennial del numero di persone senza figli, in modo volontario e involontario. I primi indicatori sembrerebbero confermarlo: il 47% delle donne britanniche di trentatré anni (nate nel 1987) non ha i figli, rispetto al 18% della generazione delle loro madri. E loro ragioni sono complesse, proprio come lo sono state per le donne che le hanno precedute. L’80% di noi, infatti, non ha figli per via delle circostanze. Tra i membri della mia comunità Gateway Women è chiaro che la cosiddetta “infertilità sociale” (cioè non avere un partner con cui concepire) è in aumento, qualcosa che l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce, in quanto ha scelto di includerla nella sua ridefinizione di infertilità del 2017. Le donne e le coppie possono scegliere di non avere figli perché non possono permetterseli, per motivi relazionali, economici e politici, o per qualsiasi combinazione di complesse questioni sistemiche. Mi sono seduta con giovani donne vent’anni che piangevano di dolore per la loro scelta di mettere al mondo figli in un pianeta che si sta dirigendo verso l’apocalisse climatica. Tali scelte non sono certo semplici e frasi come “Wow! Sono così felice di essere senza figli, pensa a tutte quelle vacanze e quel divertimento!” banalizzano la scelta di non avere figli. La verità è che queste decisioni sono spesso scelte circostanziali e sistemiche determinate da una sensibilità profondamente materna.

I tassi di natalità in calo sono sempre visti come una minaccia allo status quo, e lo sono, ma forse non è una cosa negativa! Quando la maternità era l’aspettativa normativa della vita di ogni donna, la narrazione della vergogna e del fallimento che circonda l’assenza di figli è rimasta incontrastata. Ma quando in media una donna su cinque non ha figli, il pregiudizio inizia a perdere mordente. La vergogna è uno strumento molto potente di controllo sociale e i Millennial sono molto più resistenti alla vergogna della generazione dei loro genitori e molto di più disposti a rivelare le loro vulnerabilità gli uni agli altri e al resto del mondo. Spero che per loro l’idea che no avere figli sia una condanna a una vita di miseria non sia qualcosa che accetteranno con tanta semplicità; è il mio più caro augurio che le donne involontariamente senza figli che mi seguiranno, quelle che avrebbero potuto essere della generazione dei miei figli se non fosse stato per la mia infertilità inspiegabile, si liberino dalla narrativa pronatalista con maggiore velocità e in modo più diffuso di quanto siamo riusciti a fare noi.

Il desiderio umano di essere generativi è forte e se non è diretto alla genitorialità ci sono molti altri modi per contribuire al mondo con quella forza vitale amorevole. Gran parte della tristezza nelle donne senza figli con cui lavoro proviene dal fatto che non credono, e quindi non cercano, il sostegno di cui hanno bisogno per dare un senso alle loro perdite e ricostruire le loro vite in modi nuovi. Il messaggio che le donne senza figli ricevono dalla società è che hai fallito, non hai niente da offrire, non vai bene. È propaganda pronatalista, ma finché crediamo che sia vero ha il potenziale per essere un profezia che si avvera. Tuttavia, con il supporto della propria tribù consapevole senza figli, è possibile ricostruire l’autostima, risorgere dalle ceneri del sogno di maternità e trovare il proprio  modo unico di contribuire. Le donne senza figli sono ovunque nella nostra società civile, supportandola affinché funzioni per tutti. Abbiamo tutti bisogno di aprire gli occhi sulla sconvolgente perdita del potenziale umano che deriva dallo stigma dell’assenza di figli, proprio come avviene per via di altri pregiudizi tra cui razzismo, sessismo, ageismo e omofobia.

Jody Day

Il messaggio che le donne senza figli ricevono dalla nostra cultura è: hai fallito, non sei una vera donna. Cosa succede quando, oltre a questo, la società pronatalista mette l’ageismo sulle spalle delle donne senza figli?

La combinazione dello stigma di pronatalismo, sessismo e ageismo possono creare un’immensa trinità di sofferenza per le donne senza figli. Lo vedo così spesso fra i membri più anziani della mia comunità, molti dei quali vengono a Gateway Women con un profondo dolore perché, non avendo avuto il supporto per guarire dalla perdita della maternità quando erano più giovani, si trovano di nuovo con il cuore spezzato quando amici e familiari i diventano nonni. Molte di loro sperimentano una ripetizione dalla #FriendshipApocalypse che hanno attraversato quando le loro amiche sono diventate madri, e ancora una volta si trovano socialmente isolate e incomprese. Diventare nonna è l’unica identità socialmente potente per le donne anziane nella nostra cultura, non c’è una sola altra parola per una donna anziana che non sia dispregiativa.

Questi “ismi” dilagano anche attraverso i media, dove le narrazioni dominanti per le donne senza figli più anziane sono previsioni cupe su come impatteranno sul sistema di assistenza sociale con l’avanzare dell’età (nessuna menzione del numero uguale e crescente di uomini senza figli!) Sebbene ci siano molte donne anziane senza figli che sono fonte di ispirazione – ne ho intervistate sei per un cortometraggio per la Settimana mondiale dei senza figli 2020 -, siamo state simbolicamente cancellate.

Nel 2014, Kirsty Woodard mi ha inviata a diventare una fondatrice e membro del consiglio della sua nuova organizzazione, AWWOC.org (Aging Well Without Children) costituito per affrontare questo problema. AWWOC purtroppo ha dovuto chiudere nel 2019 a causa della sua incapacità di ottenere finanziamenti da qualsiasi agenzia privata, istituzionale o governativa per continuare il suo lavoro (il sito contenente le ricerche è ancora attivo e Kirsty Woodard continua a fare campagne in proposito). Se si considera che quattro milioni di adulti di età superiore ai cinquant’anni nel Regno Unito non sono mai stati genitori e che gli adulti senza figli hanno il 25% di probabilità in più di vivere in una struttura residenziale rispetto a quelli con figli (e con minori esigenze di dipendenza), visto che la famiglia fornisce ancora il 92% di cure informali ai propri anziani, il fatto che nessuno fosse disposto a considerare questo anche come un problema che meritava finanziamenti estremamente modesti dice tutto quello che c’è da sapere sulla confluenza fra invecchiamento e pronatalismo. E il fatto che ogni donna senza figli che lavora abbia volontariamente contribuito con tasse a scuole, ospedali e benefici per tutta la vita alla prole di altre persone, sembra essere convenientemente cancellato anche da questi pregiudizi.

Parlando di donne senza figli hai detto “Non siamo sfatte e finite”. Cosa serve per sviluppare questa consapevolezza? Può essere estesa anche alla discriminazione anagrafica?

Mai prima d’ora nella storia della nostra civiltà così tante donne senza figli intelligenti, liberate, istruite e finanziariamente indipendenti sono state vive nello stesso momento e hanno avuto la possibilità di plasmare le loro vite come adesso. Abbiamo assistito a qualcosa di simile all’inizio del XX secolo nel Regno Unito, quando le “donne in surplus” (un etichetta vergognosa data dall’alto alle donne senza figli di quella generazione) hanno ottenuto il diritto al suffragio femminile. Le donne hanno il voto grazie a loro e molti altri diritti grazie al femminismo della seconda ondata. Probabilmente non c’è mai stato un momento migliore per essere una donna senza figli o per invecchiare come una donna senza figli. Ma per rendercene conto, prima di tutto dobbiamo liberarci dalle catene della vergogna, unirci per il sostegno reciproco e mettere insieme le nostre considerevoli forze per creare il cambiamento. Finché crediamo nell’idea che siamo “sfatte e finite”, nulla cambierà. Il primo passo è smantellare l’oppressione interiorizzata. Il secondo passo è ottenere supporto e compagnia mentre prendi le misure della tua nuova identità. Dopodiché? Bene, dopo ciò, ciò che accadrà sarà unico come la personalità e le opportunità di ogni donna. C’è questo messaggio inconscio dal pronatalismo che devi fare qualcosa di “grande” con la tua vita per “rimediare” all’essere senza figli, ma questa è solo un’ulteriore vergogna interiorizzata. Puoi essere un modello di comportamento radicale anche in modi silenziosi; solo essere una donna senza figli che vive senza vergogna la propria età è già abbastanza radicale.

A mio parere, è lo stesso con lo smantellamento dell’ageismo: deve essere un lavoro che parte interno. Ed è molto liberatorio rendersene conto perché scopri che, lungi dall’essere impotente, hai il libero arbitrio; puoi scegliere di informarti sull’ageismo seguendo blog come The Age Buster e sradicare i tuoi pregiudizi interiorizzati. Non sto per un momento cercando di minimizzare le disuguaglianze strutturali che modellano la nostra esperienza di invecchiamento come donne senza figli, sono troppo deprimenti e reali, ci tengo solo a sottolineare che non dobbiamo credere a tutto ciò che pensiamo. E che una volta che i tuoi occhi sono aperti, sei in grado di vedere più opzioni per modellare quelle aree della tua vita in cui hai libertà di azione.

Hai menzionato il “potere del disaccordo”. Il nostro senso di isolamento ha un ruolo nel fatto che “dimentichiamo” che abbiamo sempre questa opportunità?

Assolutamente! La vergogna ci incoraggia a nasconderci dagli altri, a evitare la comunità; ci sentiamo troppo esposti, troppo vulnerabili e così ci ritiriamo nei nostri gusci. E così facendo, confermiamo le nostre convinzioni più temute su noi stessi, il che rafforza il nostro bisogno di rimanere disconnessi. Ecco perché è assolutamente fondamentale “trovare la propria tribù”, come diciamo a Gateway Women. Una volta che sei in grado di condividere con gli altri le cose di cui ti vergogni di più, o senti altre donne condividerle e noti come non le giudichi così duramente come fai con te stesso, è come aprire una finestra e far entrare aria fresca nella tua mente e anima. E con ciò, inizia la possibilità di essere in disaccordo con noi stessi, di mettere in discussione il nostro pensiero. Tuttavia, un avvertimento, è un po’ come prendere la “pillola rossa” in “The Matrix”: una volta che sei in grado di vedere pronatalismo e ageismo, inizi a vederli ovunque! Diventi più consapevole dei fattori sistemici radicati che hanno portato all’oppressione e di come i privilegiati li proteggano ferocemente come se fossero un diritto “naturale”, piuttosto che un’abitudine culturale. Mi piace citare questa frase che si è evoluta da coloro che combattono il pregiudizio: “Quando sei abituato al privilegio, l’uguaglianza sembra oppressione”. Oppressione suona come una parola pesante riguardo alla mancanza di figli e all’invecchiamento, ma la uso con cura e buone prove. È fondamentale comprendere il pronatalismo e come ha creato quello che ho definito “privilegio pronatalista” per apprezzare come possa inconsciamente distorcere il giudizio anche di alcuni adulti compassionevoli. Ogni volta che leggi la frase, “Come madre …”, è probabile che la vedrai in azione, ,a è un modo per valorizzare l’esperienza di una donna rispetto a un’altra. Quando vedrai mai, “Come donna senza figli …?”.

Le donne senza figli hanno bisogno della sorellanza. Ha un ruolo più importante con l’avanzare dell’età?

Le donne senza figli hanno bisogno della sorellanza in tutte le fasi della vita, soprattutto perché molte di noi perdono parte o tutto il gruppo di coetanei quando diventano madri e noi no. Non è sempre una “lotta”, più che altro un “fantasma” poiché i nostri vecchi amici dedicano quel poco tempo libero che hanno alle loro nuove relazioni con altre madri. Le donne senza figli non hanno i naturali “matchmaker dei bambini” per essere presentate a un altro gruppo di amici, quindi costruire queste nuove connessioni non è facile, motivo per cui Gateway Women e altri gruppi di donne senza figli sono così importanti. Inoltre, non è raro che le donne senza figli perdano il loro senso di sicurezza in gruppi di donne dopo essere state escluse per anni, umiliate e giudicate per la mancanza di figli. Può sembrare più sicuro non rischiare fare nuove connessioni, ma non possiamo guarire senza di loro. Il dolore è un’emozione sociale, e il dolore privato dei diritti dell’uomo senza figli ha bisogno di altri consapevoli che “lo capiscono” affinché il dolore faccia il suo lavoro amorevole e guarisca i nostri cuori spezzati.

Probabilmente la paura numero uno delle donne senza figli, una volta che si rendono conto che la mancanza di figli è loro per il corso della vita, è “chi si prenderà cura di me quando sarò vecchia”. E la paura è giustificata. Con i sistemi di assistenza sociale in tutto il mondo che crollano sotto la pressione combinata dell’invecchiamento della popolazione e del sotto-investimento neoliberista, non possiamo più fare affidamento sul fatto che lo stato sarà lì per noi. E non abbiamo bisogno solo di cure personali e residenziali, ma di sostegno; avere una persona fidata più giovane che ci aiuti a gestire i complessi compiti logistici e amministrativi della vita moderna in modo che possiamo continuare a invecchiare a casa nostra, se questo è il nostro desiderio. Molte donne senza figli hanno imparato ad essere fieramente indipendenti, soprattutto se sono anche prive di partner, come accade a molte. Sviluppare legami con altre donne più giovani senza figli sarà fondamentale per soddisfare questo bisogno; non è una soluzione rapida, la fiducia reciproca non si forma dall’oggi al domani ed è quindi fondamentale iniziare a costruire un vero capitale socialin queste relazioni molto prima si possa fare affidamento su di loro. I social media possono aiutarci a stabilire queste connessioni, ma è l’esperienza vissuta l’uno con l’altro nella nostra vita quotidiana che consentirà a quegli strati di fiducia di svilupparsi. Questo tipo di amicizie di mentoring può essere così importante per entrambe le parti e spero davvero che Gateway Women giocherà un ruolo nell’aiutarle a formarsi.

Per gli adulti, uomini e donne senza figli, in coppia e da soli, l’invecchiamento rappresenta aggiustamenti logistici e psicologici non certo aspirazionali. Di conseguenza, molti scelgono invece di mettere la testa sotto la sabbia, sentendosi spaventati e impotenti, e permettendo che le cose si svolgano in modi di cui in seguito potrebbero pentirsi. Questo non è esclusivo delle persone senza figli – sembrerebbe che anche pochissimi genitori stiano facendo piani concreti per la loro vecchiaia, spingendo inconsciamente da parte quei pensieri sapendo che, quando verrà il momento, i loro figli saranno lì per loro. Quei genitori con cui ne ho parlato sono fermamente convinti che non hanno avuto figli per avere qualcuno che si occupasse di loro con il passare del tempo (e credo loro, di certo non era nella mia mente quando stavo cercando di farmi una famiglia), ma resta il fatto che, a meno che non siano consapevoli di fare piani per impedirlo, questo è ciò che stanno inconsciamente impostando. Mi fa così rabbia che l’ageismo abbia spaventato così tante persone fino a impedire loro di pensare anche alla vecchiaia, per non parlare di pianificarla finché lo possono ancora fare!

Mentre la fantasia da “Golden Girls” – “Starò bene, prenderò una casa con un gruppo di amici e invecchieremo tutti insieme in modo divertente” – è una forma piuttosto prevalente di negazione (Cosa succede se tutto non è esilarante come previsto?), ci sono ancora molte opportunità interessanti intorno al co-housing, alle comunità intenzionali e alla vita intergenerazionale condivisa che possono essere esplorate e pianificate. Ma questo è possibile solo se ognuno di noi accetta il fatto che anche noi un giorno saremo vecchi, piuttosto che immaginare che l’invecchiamento sia in qualche modo qualcosa di sgradevole che possiamo ignorare.

Spero che il lavoro consapevole che abbiamo svolto come donne senza figli per guarire i nostri cuori, affrontare l’essere “diverse” dalla società e scoprire nuovi modi per creare vite significative pagherà i suoi dividendi con l’avanzare dell’età. Che ci uniremo per sostenerci a vicenda mentre creeremo nuovi modi per invecchiare insieme. Uno dei membri di Gateway Women sta già facendo la ricerca per creare una comunità di co-housing nel Regno Unito per donne senza figli. Sappiamo che se vogliamo che qualcosa accada, dobbiamo crearla noi stesse. E ho grande fiducia che se riusciremo a rendere più facile l’invecchiamento senza figli, ciò guiderà il pensiero creativo anche per chi invecchia con figli. Il cambiamento radicale inizia quasi sempre con chi è al di fuori del sistema e le donne senza figli sanno fin troppo bene come ci si sente ad essere le estranee.

E’ necessario elaborare il lutto dell’invecchiamento e tu hai sottolineato che il lutto è un processo di trasformazione che ci porta da un’identità all’altra. È una cosa che non riusciamo a capire dell’invecchiamento?

L’invecchiamento è un processo dinamico, come ogni altra fase della vita. Tendiamo a vederlo come un declino, perché ci concentriamo solo sulla parte fisica, aggirando i livelli emotivi, psicologici e spirituali. Forse questo ha qualcosa a che fare con l’eccesso di attenzione nostra cultura sulle “superfici”, sull’immagine e sui riflessi. I sei mesi che ho trascorso viaggiando nell’India rurale verso la fine dei vent’anni, durante i quali ho visto a malapena uno specchio o una superficie riflettente, hanno avuto un enorme impatto su di me. Mi sono guardata dentro e ho sperimentato me stessa come un essere vivente con una ricca vita interiore che sembrava il vero luogo della mia identità, una volta separata dalla mia riflessione. E questo prima che con i social media e gli smartphone tutti si fotografassero continuamente. Anche culturalmente, siamo profondamente a disagio con qualsiasi cosa su cui non abbiamo il controllo. La fertilità e l’invecchiamento sono collegati in questo senso, e molte donne senza figli, che abbiano ricevuto o meno trattamenti per la fertilità, non ricevono alcun sostegno da parte degli altri per “accettare la loro assenza di figli” – la narrativa culturale è quella del non abbandonare la  speranza che tutto possa essere aggiustato con più soldi, più tempo, più scienza o un atteggiamento migliore. E così è con l’invecchiamento – è visto come una sorta di sconfitta morale, soprattutto per le donne, che avrebbero dovuto sforzarsi di combattere più duramente. Ma l’ultima volta che ho controllato, l’atteggiamento più positivo del mondo non era ancora all’altezza dell’entropia naturale dell’universo!

Ciò che manca a questo approccio “superficiale” all’invecchiamento è che l’invecchiamento è il movimento di energia verso un’altra parte della nostra esperienza, la nostra interiorità. C’è una ricchezza da trovare nell’invecchiamento, se affrontato consapevolmente, proprio come c’è con il processo del dolore. Penso che il fattore chiave per me qui sia abbracciare l’invecchiamento come un processo consapevole, come una soglia. Ci sono parti del lato fisico che sono già una sfida per me, quindi non ho intenzione di elaborare in proposito, ma avendo apprezzato i doni che sono sorti dalla notte oscura dell’anima della mia assenza di figli, sono pronta a scoprire quali tesori la mia anima invecchiata può ancora avere in serbo. Ho solo 56 anni, l’avventura è appena iniziata per me, e sono entusiasta di capire cosa ci serve per diventare una donna anziana cosciente senza figli e di condividere ciò che imparo con altre donne senza figli. Perché non c’è niente di scritto su questo per noi per quanto riesco a trovare – ogni libro che ho letto finora sull’invecchiamento femminile o sull’ageism, che si tratti di psicologia del profondo o psicologia pop (con la notevole eccezione della guida pratica di Joy Loverde) presume che ogni donna anziana ha avuto figli e la maggior parte ha (o ha avuto) un compagno di vita. Quindi possiamo aggiungere l’essere single alla lista degli “ismi”!

Quando si tratta di immaginare futuri alternativi, l’invecchiamento è un territorio incustodito. In termini di attivismo sociale, cosa prevedi per il tuo invecchiamento?

Negli ultimi quattro anni ho condiviso la casa con la madre del mio compagno che ha recentemente compiuto 90 anni. Conoscerla, amarla, ha ulteriormente destigmatizzato l’invecchiamento per me. Nel mio cuore e nella mia mente, ho capito che essere vecchi è semplicemente un altro modo di essere umani, proprio come lo è essere senza figli. Questo mi dà la misura di quanto abbiamo perso a causa del declino della vita intergenerazionale che era così normale fino a solo un paio di generazioni fa. Mi ha anche portata a ridimensionare la tentazione di romanticizzare il processo di invecchiamento.

Come change-maker, mi sembra di essere sempre stata attratta dai passaggi della soglia liminale della vita e dal potere che contengono per la trasformazione personale e sociale – come psicoterapeuta in formazione ho amato lavorare con gli adolescenti per questo motivo, ed è lo stesso nel supportare le donne senza figli nel forgiare nuovi percorsi di vita per se stesse. Tutto ciò vale anche per il mio interesse nel raccontare e, si spera, trasformare l’esperienza dell’invecchiamento per le donne senza figli. Essendo una donna invecchiata e senza figli, ho eluso lo sguardo maschile e non sono considerata di alcuna utilità per il progetto patriarcale: non sono la madre di nessuno o la potenziale madre. E quell’anonimato ha una doppia funzione, è come una sorta di mantello dell’invisibilità: l’invecchiamento come un super potere! Indossare questo mantello ti garantisce la libertà di essere piuttosto radicale; combinata con la sorprendente aspettativa di vita della nostra generazione, crea il potenziale per un’esplosione di saggezza. Ne ho fame, e so che ne hanno anche molte altre donne anziane senza figli e, avendo ricevuto il titolo di “Apprendista vecchia saggia” da Marian Van Eyk McCain, sono pronta per la chiamata di Ecate.

Ps. Nella comunità privata di Gateway Women, ci sono due gruppi per donne anziane: “Nomo Tribe”, per chi attraversa la tempesta di dolore e abbraccia la vita inattesa e “Radical Childless Elderwomen”, per chi desidera interrompere l’ageismo abbracciando la terza età.

 

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