La scienza oggi aiuta anche a compensare gli errori di ieri

Pubblicato il 25 Giugno 2021 in Wellness Salute

Ci sono strumenti come aghi e siringhe che è meglio non riutilizzare. Il motivo?
Se non sono adeguatamente igienizzati possono essere veicolo di infezioni come quella da HCV, il virus responsabile dell’epatite C. L’epatite C, dicevamo, è una malattia che si trasmette per via ematica, ossia quando del sangue infetto, attraverso una lesione della cute o delle mucose, entra nell’organismo di una persona sana.

Rischio epatite C per strumenti chirurgici non sterilizzati

Nel corso del ‘900 i trattamenti per via parenterale, gli interventi chirurgici (anche odontoiatrici), le trasfusioni, si sono estesi in modo capillare tra la popolazione, ma venivano praticati con strumenti riutilizzati dopo igienizzazione, quindi non “usa e getta”, e gli standard igienici, per tecniche e conoscenze, erano spesso inadeguati. Ciò ha contribuito al diffondersi dell’epatite C nel mondo occidentale (e non solo), Italia compresa.

La scoperta dell’epatite C nel 1989, seguita poco dopo dallo sviluppo di test per rintracciare il virus nel sangue dei donatori e dall’introduzione di requisiti igienici e di sterilità elevati, ha permesso di tagliare in modo netto il rischio di contrarre l’epatite C attraverso procedure sanitarie.

Dagli anni ‘90 dunque l’incidenza di epatite C è diminuita drasticamente, ma gli esperti invitano chi avesse subito una procedura sanitaria a rischio negli anni precedenti a rivolgersi al proprio medico per valutare la possibilità di sottoporsi allo screening dell’HCV: oggi infatti, grazie alle nuove terapie, l’epatite C può essere curata.

Annullare i rischi e gli errori degli anni precedenti al 1990

La trasmissione del virus avviene esclusivamente entrando in contatto con sangue infetto attraverso una lesione della cute, per questo i possibili comportamenti a rischio infezione sono i seguenti:

  • trasfusioni di sangue o di prodotti ematici, soprattutto se avvenuti prima del 1990 quando non erano ancora disponibili metodi di riconoscimento del virus dell’epatite C nel sangue;
  • trapianti d’organo prima del 1990 da donatori che abbiano contratto l’infezione;
  • interventi chirurgici o estetici svolti in strutture non qualificate e con strumenti non adeguatamente sterilizzati (ad esempio interventi dentistici o di agopuntura ma anche di body piercing e tatuaggi)
  • scambi di siringhe (ad esempio tra persone tossicodipendenti);
  • condivisione di oggetti con persone portatrici dell’infezione, per esempio lo spazzolino da denti;
  • pratiche sessuali  a rischio;
  • esposizione a materiali infetti (come il rischio professionale a cui è esposto il personale medico);
  • gravidanza e parto in caso di infezione della madre;
  • esposizione a emodialisi per lungo periodo.

Oggi invece

Un semplice prelievo del sangue per sottoporsi al test

Gli esami per accertare un eventuale contatto con il virus o un’infezione attiva sono due e vengono effettuati con un semplice prelievo di sangue:

  • Anti-HCV o Ab anti-HCV che evidenzia la presenza degli anticorpi e quindi conferma un contatto con il virus ma non indica un’infezione attiva o la malattia.
  • HCV-RNA qualitativo e/o quantitativo – HCV RNA qualitativo ricerca direttamente il virus nel sangue andando a confermare o meno l’infezione attiva o la malattia, mentre l’HCV RNA Quantitativo ricerca la quantità di virus nel sangue (che non indica necessariamente la gravità dell’infezione).

I test combinati per Covid-19 e HCV

Da qui l’idea tanto semplice quanto efficace promossa in primo luogo dall’associazione EpaC Onlus: effettuare test combinati per Covid-19 e HCV. Un’unica puntura dal doppio valore: rintracciare anticorpi del Covid-19 e dell’epatite C, in modo da accelerare l’emersione del sommerso, ottimizzando le spese e l’impatto sulle persone.

La sfida all’epatite C era già un cammino in salita e le diverse ondate di Covid-19 hanno imposto da una parte nuove modalità di gestione dei pazienti, dall’altra uno sforzo maggiore per continuare l’opera di sensibilizzazione sull’infezione.

L’appello della SIMIT (Società italiana di malattie infettive e tropicali) lanciato in occasione della Giornata Mondiale dell’Epatite, aveva sottolineato la necessità di trovare soluzioni concrete che potessero rinnovare la sfida all’epatite C e al sommerso, nonostante le difficoltà della situazione sanitaria.

Per saperne di più 

“Materiale di carattere informativo non riferibile a contenuti di prodotto e non finalizzato alla promozione del farmaco”

CODICE MATERIALE IT-UNB-0165

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