“Cuba, il difficile cammino delle riforme economiche”, di Antonella Mori

Pubblicato il 19 Aprile 2018 in

Le riforme realizzate da Raúl Castro negli ultimi dieci anni hanno dato ai cubani la possibilità di mostrare la loro capacità e voglia di fare attività economica: si stima che oggi vi siano circa 580.000 piccoli imprenditori nel settore privato. Ma accanto all’effetto positivo di creare micro e piccole imprese, le riforme economiche hanno reso ancora più evidenti le enormi distorsioni esistenti, legate alla coesistenza di un’economia statale scarsamente produttiva e di un più dinamico settore del turismo internazionale, che è diventato quasi l’unica fonte di entrate valutarie nel Paese. I privati, per esempio, possono affittare ai turisti una camera nella loro casa per 20-30 dollari americani al giorno, mentre un dipendente pubblico guadagna circa 35 dollari al mese. Non stupisce, quindi, che tanti laureati lascino il lavoro pubblico per diventare affittacamere a turisti internazionali. E così viene sottoutilizzata anche quella parte di capitale umano del Paese, che ancora non è emigrata all’estero.

Sessant’anni dei Castro hanno dato ai cubani un sistema educativo relativamente avanzato, ma non hanno creato le condizioni affinché il Paese potesse godere dei ritorni dall’investimento in istruzione, sia per la fuga all’estero dei laureati sia per la carenza di attività produttive interne in grado di valorizzare il capitale umano.

Anche nel sistema dei prezzi vi sono numerose distorsioni: i prezzi dei beni sono diversi per i cubani e per gli stranieri, esistono due monete e numerosi tassi di cambio. Il peso convertibile (CUC), utilizzato dai turisti e da alcune imprese statali, è ancorato al dollaro al tasso di 1 CUC per 1 dollaro. La maggior parte dei salari viene pagata in pesos cubani (CUP), che la gente comune può scambiare per dollari a un tasso di 24 CUP per 1 dollaro. Ci sono altri sei tassi di cambio ufficiali tra le due monete utilizzati per differenti transazioni e questa molteplicità di tassi di cambio, crea un sistema inefficiente e distorto.

Anche Raúl Castro ha dichiarato che per risolvere i problemi economici del Paese è importante unificare i tassi di cambio, di dare i giusti incentivi per stimolare la produttività e attirare nuovi investimenti, ma la transizione verso un diverso modello dell’economia rappresenta una sfida molto grande. Con un unico tasso di cambio, anche i prezzi per cubani e stranieri dovrebbero unificarsi e gli stipendi dei dipendenti pubblici dovrebbero aumentare. Ma il governo cubano ha pochissime risorse finanziarie e allora potrebbe decidere di stampare moneta per pagare i più alti stipendi pubblici, innescando un processo inflazionistico.

Si stima che l’economia oggi si sia ridotta di un terzo rispetto a quella del 1985 e il Paese avrebbe bisogno di un ingente afflusso di risorse estere per aumentare gli investimenti in attività produttive e in investimenti infrastrutturali. Gli aiuti dal Venezuela continueranno a diminuire: infatti, senza un cambio di governo, la drammatica crisi interna ridurrà ancora le risorse a disposizione per aiuti ai paesi amici, mentre un governo in mano all’opposizione potrebbe cancellare la cooperazione con l’isola caraibica. Società estere stanno investendo a Cuba principalmente nel settore turistico in iniziative congiunte con imprese statali. È altamente improbabile che il settore turistico venga però lasciato alla sola iniziativa privata, visto che è il principale settore che contribuisce alle casse statali e alle entrate di valuta pregiata.

La nuova classe dirigente ha davanti una sfida enorme: quella di guidare il paese verso un modello di sviluppo sostenibile sia da un punto di vista economico sia sociale.

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