rischi nucleari, Tokyo chiede aiuto

Pubblicato il 15 Marzo 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Repubblica: “Giappone sull’orlo del disastro nucleare. Corsa contro il tempo per evitare la catastrofe: aumentano le radiazioni. Schock in Europa, la Merkel chiude due impianti. Il ministro Prestigiacomo: il nostro piano va avanti”. A centro pagina: “Il governo blocca le navi dei profughi. Respinti 1800 immigrati. Libia, continua l’avanzata dell’esercito di Gheddafi”.

Il Corriere della Sera: “Tokyo invoca l’aiuto per i reattori. Vertice dei ministri europei. La Germania ferma i suoi piani nucleari”. L’editoriale è firmato da Massimo Nava: “La via francese”, dove si parla del dibattito sulla sicurezza degli impianti nucleari. Di spalla: “Dalla Libia arrivano anche 21 barconi. Il giallo della nave con 1800 a bordo. Roma ordina l’alt”. Secondo il quotidiano “c’è il sospetto che sia partita la ritorsione di Gheddafi” contro il nostro Paese. In prima anche una lettera di Andrea Carandini, che spiega perché lascia il Consiglio superiore dei beni culturali.

La Stampa: “Nucleare, ora il mondo ha paura. Un Paese in ginocchio chiede aiuto: dopo terremoto e tsunami dalla centrale colpita si alza una nube tossica. Radioattività in aumento. In Giappone corsa contro il tempo per evitare il disastro. La Germania spegne due reattori”. A centro pagina la notizia di un barcone, diretto a Lampedusa, affondato. Secondo testimoni ci sarebbero dei morti.

Il Sole 24 Ore: “Rischi nucleari, Tokyo chiede aiuto. Il governo chiama gli esperti Usa. Merkel ferma il piano tedesco per l’atomo. Esplosioni nella centrale di Fukushima. La Borsa riapre e perde più del 6 per cento, la Bank of Japan interviene con 131 miliardi di euro”.

Il Riformista: “L’era atomica. L’incubo giapponese infiamma il dibattito sul nucleare. Gheddafi, intanto, si riprende la Libia”.

Il Foglio: “Pil terremotato. L’impatto certo del sisma e il rilancio potenziale dell’economia nipponica. Le prime stime degli economisti, intervento record della Banca centrale e il ruolo degli assicuratori. Onda anomala sulle Borse”. Di spalla: “La controffensiva di Gheddafi”: il quotidiano si chiede che cosa vogliano i ribelli libici. E poi la “dottrina Hillary”: “Clinton apre ai ribelli libici, come prevede il punto 4 della strategia americana per le rivolte”.

Il Giornale: “Il soldato Fini salvato dai giudici. Il Gip di Roma archivia il caso Montecarlo: svendere la casa di altri non è reato. Ma per gli ex An la vicenda non è finita. E i pm spiano Arcore con il satellite pur di aggirare l’immunità del premier”. In prima pagina il quotidiano offre anche un colloquio esclusivo con Gheddafi: “Esclusivo, parla Gheddafi. “Se attaccate la Libia ci alleiamo con Al Qaeda. L’Italia? Mi ha tradito”.

Libero: “Fini impunito (per ora). Il giudice archivia l’accusa di truffa, ma riconosce la svendita al cognato e indica la via della causa civile. Confermate le nostre denunce: il presidente della Camera deve dimettersi”. In evidenza anche un titolo: “Botte da orbi tra Grillo e De Magistris. Si erano tanto amati”.

Il Fatto quotidiano mette in evidenza questa notizia: “Grillo contro De Magistris, De Magistris contro Grillo: una rissa di cui non si sentiva proprio il bisogno”. Il titolo più grande è dedicato alle ultime inchieste sulla ndrangheta al nord: “Il boss, Lele Mora e l’avvocato amico di Ruby. Ndrangheta a Milano, 35 arresti. Le mani sulla sanità e sugli appalti. Nelle telefonate il nome del manager dei vip. Il Gip: politica indifferente”.

Giappone

Tra le prime ripercussioni della tragedia del terremoto giapponese, la decisione di dare i primi “stop” al nucleare, come titola Il Sole 24 Ore, dando conto della decisione della Germania di congelare i piani e sospendere il prolungamento del funzionamento delle 17 vecchie centrali atomiche. Intanto la Cancelliera Merkel ha detto che i due impianti più vecchi verranno subito chiusi. Segnali simili dal Belgio, poche tentazioni in Francia, dove l’atomo copre l’85 per cento dei consumi elettrici, dopo gli Usa il Paese con più reattori sul pianeta. Proprio dagli Usa potrebbe venire una nuova consistente ventata anti-nuclearista. Le centrali sono piazzate nella supersismica California. Un programma straordinario di controlli di sicurezza è partito anche in India. Di fianco: “Il governo italiano: avanti sull’atomo”. Ma persino nel fronte dei favorevoli si mostrano le prime crepe: Giorgio La Malfa, da sempre paladino dei nuclearisti in politica, chiede “una pausa di riflessione sino a quando non sia fatta assoluta chiarezza sui rischi”.
Massimo Nava, sul Corriere della Sera, dà conto dell’apertura di un dibattito sulla sicurezza del nucleare anche in Francia: “Dobbiamo tirare le conseguenze degli avvenimenti giapponesi”, hanno dichiarato i vertici di Areva, colossi della industria nucleare transalpina. Se le spinte emotive e le polemiche non faranno chiudere le centrali, “è però importante che i responsabili ascoltino le emozioni”. E’ necessario garantire la trasparenza dei processi industriali, l’indipendenza delle autorità di controllo, la certezza che anzianità ed affidabilità degli impianti non siano una variabile economica o il capriccio di una lobby”. In Francia si sottolinea come nessun grave incidente sia avvenuto in 1450 anni (dato ottenuto moltiplicando i 58 reattori per 25 anni di funzionamento medio ciascuno): ma se il rischio zero non esiste, è pur vero che vanno conteggiate responsabilità umane: il reattore di Fukushima doveva essere chiuso, prima del sisma.
Su La Stampa: “I democratici sfidano la Casa Bianca: ‘Stop a nuove centrali’. Ma il Presidente ribatte: ‘Le nostre sono sicure'”. L’obiettivo delle iniziative dei Democratici è di spingere Obama a rivedere la decisione presa nel febbraio 2010 di assegnare 8,3 miliardi di dollari in garanzie finanziarie alla costruzione di due nuovi reattori in Georgia per quella che dovrebbe diventare la prima centrale nucleare costruita negli Usa negli ultimi 30 anni. Difendono a spada tratta la scelta nuclearista i Repubblicani: per la Heritage Foundation, negli Usa gli impianti sono sicuri perché “di proprietà di privati che hanno ogni possibile incentivo a mantenerli in condizioni di assoluta sicurezza”.
“Lo tsunami rivitalizza i referendum italiani”, scrive Il Riformista, ricordando che la data del 12 giugno, in cui si vota per tre quesiti referendari su giustizia, contro il nucleare e per l’acqua pubblica faceva prevedere seggi deserti. Il quesito in questione era il meno sentito, ma ora i fatti giapponesi riaccendono l’interesse degli elettori che potrebbe trascinare al quorum anche quelli sull’acqua e sul legittimo impedimento.
Europa scrive che l’opposizione di centrosinistra, in particolare il Pd, sembrano pronte a tutto per fermare il ritorno dell’atomo nel nostro Paese. Con una differenza, rispetto ad Italia dei Valori, Sinistra e libertà e verdi: Vendola e Di Pietro puntano soprattutto sul referendum. Il Pd voterà sì, anche se convinto che la strategia migliore sia costringere il governo a sospendere il programma, come sta già facendo in Parlamento, con le mozioni pro-rinnovabili presentate alla Camera e al Senato.

Libia

Fausto Biloslavo offre ai lettori de Il Giornale una intervista esclusiva a Gheddafi. La location è Bab Al Aziziay, cittadella fortificata al centro di Tripoli, in una grande tenda verde. Il Colonnello arriva in tenuta da beduino, niente foto, niente telecamere. Siete pronti a riconquistare la Cirenaica con la forza militare o anche con il negoziato? “Dialogo con chi? Il popolo è dalla mia parte. La gente ci chiede di intervenire dicendo ‘liberateci da queste bande armate’. Negoziare con i terroristi legati ad Osama Bin Laden non è possibile”. Dice anche che il consiglio nazionale dell’opposizione “è una facciata”, “come se fosse ostaggio di Al Qaeda”. Dice ci essere schoccato “dall’atteggiamento dei miei amici europei”, e poi, alla domanda “non teme di finire come Saddam Hussein”, risponde: “No, no, la nostra guerra è contro Al Qaeda, ma se loro (gli occidentali) si comportano con noi come hanno fatto in Iraq, la Libia uscirà dall’alleanza internazionale contro il terrorismo. Ci alleiamo con Al Qaeda e dichiariamo la guerra santa”. Un’altra analisi che compare su Il Giornale sottolinea come “sul rais avevano ragione i nostri 007”: “non era affatto spacciato, e ora l’Italia pagherà per gli errori dei suoi alleati”. Il figlio di Gheddafi, Seif El Islam, promette di vendere ilpetrolio a Cina e India, rimpiazzando i vecchi amici diventati nemici. Insiste per una azione della comunità internazionale il presidente francese Sarkozy: “Pressing di Sarkozy sulla Clinton”, titola Il Sole 24 Ore. E ancora sul Sole 24 Ore si scrive che il regime ha promesso l’amnistia a chi depone le armi, e per uscire dall’isolamento il Colonnello ha invitato Russia, Cina e India a sostituirsi alle compagnie occidentali nello sfruttamento del greggio.
Se è vero che è caduta anche la città di Zuvarah, il quotidiano di Confindustria sottolinea che qualcosa starebbe cambiando, perché da alcuni giorni le forze dell’esercito libico che avevano disertato e si erano tenute in disparte, si sono unite alla rivolta, prendendone in mano le redini: il leader militare ora è il generale Younes, ex ministro degli interni, fino a pochi giorni fa messo in disparte perché considerato dai ribelli un “amico del nemico”.
Il Foglio si sofferma su chi sono e cosa vogliono gli oppositori di Gheddafi. Il più famoso di loro è l’ex ministro Jalil, segue Hissam Gheriani, uno psicologo diventato portavoce della protesta, che, ai timori per una avanzata dell’estremismo a causa del caos, risponde che non c’è nessun religioso né rappresentante di movimenti islamisti tra i 31 membri del nuovo consiglio nazionale. La Libia è sempre stata moderata, dice Gheriani. Ci sono anche attiviste donne, anche perché studiano e lavorano in Libia in quantità superiori agli uomini. Al Tribunale di Bengasi, la maggior parte degli avvocati è donna, dice Selwa Bugaighis, del consiglio civico locale, una delle poche donne non velate. Gheriani dice ancora che c’è incompresione sul velo islamico: non è un simbolo di estremismo e non è obbligatorio. “Qui è più un dress code, come la tunica per gli uomini”, “la Libia è una società laica, c’è un po’ di tutto. Io prego e digiuno, ma viaggio anche all’estero ed esco con le ragazze”.
All’ex ministro Jalil, oggi tra i capi dell’opposizione libica, è dedicato un approfondimento del quotidiano Europa. Nei giorni scorsi ha continuato a chiedere la no-fly zone, dal 5 marzo scorso è presidente del consiglio nazionale libico con sede a Bengasi, è un avvocato, è sempre stato considerato estraneo alle correnti islamiste ed è stato cooptato dal regime di Gheddafi nel decennio scorso, quando l’abolizione delle sanzioni internazionali contro il rais portò a delle modeste aperture interne. Divenuto ministro della giustizia, aveva più volte criticato i servizi di sicurezza, e chiesto il rilascio di prigionieri politici. Sullo stesso quotidiano si legge che il premer turco Erdogan, pur confermando la sua totale opposizione ad ogni ingerenza interna o ad interventi della Nato, starebbe puntando su una opera di convincimento su Gheddafi per spingerlo a nominare un presidente che goda di un ampio sostegno popolare.
Ieri ci sono stati in una mattinata cinque sbarchi di immigrati, scrive Il Corriere della Sera: nove barconi sono approdati in serata, un traghetto con quasi duemila immigrati viene tenuto lontano dalle coste nelle acque internazionali. E serpeggia già il dubbio che sia iniziata la ritorsione ‘diplomatica’ di Gheddafi, com l’assalto delle navi dei disperati a Lampedusa. Il comandante della sala di controllo di Lampedusa dice: “E’ stata la giornata più impegnativa degli ultimi mesi”.

Intanto, per arginare il “contagio” nel Golfo, l’Arabia Saudita ha deciso di inviare 200 veicoli e 1000 soldati diretti nel minuscolo regno-isola del Bahrein. L’opposizione, come racconta Il Foglio, ha subito denunciato “l’opposizione straniera”. Ma gli osservatori si attendevano da tempo questa mossa. Il sovrano saudita Abdullah non poteva certo pensare di lasciare da solo il vicino sovrano del Bahrein, in difficoltà davanti alla maggioranza sciita in rivolta. L’Arabia Saudita ha detto che le truppe inviate fanno parte di una unità speciale creata con uomini dei sei Paesi del consiglio di cooperazione del Golfo. Ma secondo altre informazioni, farebbero parte della Guardia Nazionale Saudita, ovvero un “secondo esercito” di proprietà del re formato per la maggior parte da membri leali alla Corona. E secondo Il Foglio si tratta degli eredi dei sunniti, soldati ultrazeloti, che crearono il regno nella sua forma attuale, che non avranno “compassione delle proteste sciite”.
Della decisione saudita si occupa ampiamente anche Il Sole 24 Ore, soffermandosi sulle richieste dell’opposizione: dimissioni del primo ministro, che peraltro è zio del re e ricopre quella carica da 40 anni; monarchia costituzionale. Il problema non sono le rivendicazioni, ma il fatto che l’opposizione sia sciita, mentre la famiglia reale è sunnita. La settimana scorsa il segretario alla difesa Gates aveva ammonito gli alleati del Bahrein, in una visita lampo, sottolineando come le riforme garantite dal re fossero “baby steps”, ovvero passi insufficienti. E aveva detto: “Non ci sono prove che l’Iran abbia iniziato nessuna delle rivoluzioni popolari”, “ma se le cose continuano così, particolarmente in Bahrein, è evidente che gli iraniani cercheranno il modo di sfruttare la situazione”.
Sul Corriere della Sera: “Truppe saudite in Bahrein. Gli Usa: non sapevamo”. Va ricordato che il Bahrein ospita il comando della Quinta flotta e 2300 soldati americani.

E poi

Sulla prima pagina de La Repubblica Chiara Saraceno commenta la sentenza con cui la Cassazione ha confermato la rimozione del giudice di Pace del Tribunale di Camerino, Luigi Tosti, che rifiutava di tenere udienza nei tribunali dove fosse esposto il crocifisso. La Cassazione ha spiegato che Tosti, rifiutandosi di tenere udienza, ha intralciato il funzionamento del Tribunale. Ma ha respinto anche la sua richiesta di poter esporre la Menorah ebraica accanto al crocefisso. Scrive la Cassazione: “E’ vero che sul piano teorico il principio di laicità è compatibile sia con il modello di equiparazione verso l’alto (laicità per addizione) che consente ad ogni soggetto di vedere rappresentanti nei luoghi pubblici i simboli della propria religione, sia con il modello di equiparazione verso il basso (laicità per sottrazione)”, ma “tale scelta legislativa presuppone che siano valutati una pluralità di profili, prima tra tutti la praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l’esercizio della libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con l’analogo esercizio della libertà religiosa relativa da parte dell’ateo o del non credente, nonché il bilanciamento tra garanzia del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità religiose tra loro incompatibili”. Nella sentenza i giudici hanno sottolineato come la sentenza del crocifisso, simbolo cristiano, non intacca il principio di laicità. Spiega il Corriere che per la Cassazione la presenza del crocifisso non mette in dubbio il principio della laicità dello Stato, mentre per esporre altri simboli religiosi ci vorrebbe un’altra legge dello Stato. I radicali sottolineano che il crocifisso viene appeso a seguito di una circolare fascista del ministro della giustizia del 29 maggio 1926, sulla quale il legislatore non si è mai espresso.

(Fonte: La Rassegna italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

One thought on “rischi nucleari, Tokyo chiede aiuto

  1. Mentre il Giappone chiede assistenza all’Aiea , l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ) e il dubbio nucleare e i suoi pericoli contagiano l’Europa, e gli scienziati di tutto il mondo si interrogano sulle conseguenze , il governo italiano e il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo ieri dichiarava a Bruxelles: “la linea italiana rispetto al programma nucleare non cambia (ossia si faranno le centrali perché sono di terza generazione , più moderne) . Ignoranza ? incoscienza o peggio? meglio intanto avere dubbi e paure , ascoltare i veri esperti e in un secondo tempo saranno i cittadini ad esprimersi con un referendum . I saggi sostengono che il modello di energia nucleare è troppo pericoloso, antieconomico e molto fragile . (sintesi da notizie radiofoniche e buonsenso)

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