Monti incontra Fini e Schifani: iter rapido per le misure economiche

Pubblicato il 25 Novembre 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Misure anticrisi, corsia veloce. Anche la Germania sotto tiro: il mercato non sottoscrive circa il 40 per cento dei titoli di Stato. Patto governo-Camere. Anticipo Irpef, arriva il taglio”. A centro pagina: “Il dramma delle alluvioni e la proposta del ministro: svuotare le zone a rischio”.

La Repubblica: “Allarme Btp, pressing su Monti. I titoli di Stato oltre il 7 per cento. Il premier incontra Fini e Schifani: iter rapido per le misure economiche. Scontro Barroso Merkel sugli eurobond. Vertice da Napolitano, Palazzo Chigi accelera. Berlino: invenduti i bund”. In prima pagina anche: “Finmeccanica, il governo liquida Guarguaglini. Oggi o domani il cda gli ritirerà le deleghe”:

Sul Sole 24 Ore, a centro pagina: “Guarguaglini verso l’uscita. Nuove accuse al presidente di Finmecanica e alla Grossi. tra martedì e giovedì il cda decisivo. Nelle carte Enav la rete con tutti i favori e le tangenti ai politici”. Un commento dell’economista Luigi Zingales è titolato: “Un commissario? Una buona idea”. Il titolo principale del quotidiano di Confindustria è dedicato all’andamento dei Bund tedeschi: “Il mercato ‘punisce’ i Bund. Berlino sotto tiro: fallisce l’asta tedesca da 6 miliardi e i decennali balzano al 2,08 per cento dall’1,98”.

“Chi ci vuole poveri”, è il titolo di apertura de Il Giornale. “Noi soffriamo per la crisi e la Germania ci guadfagna più di 50 milioni all’anno. Ma la Merkel ha tirato troppo la corda: fiasco storico per l’asta dei Bot tedeschi”.

Euro

Oggi il Presidente del Consiglio affronta quello che La Stampa definisce “il più importante appuntamento dall’inizio del suo mandato: il vertice a Strasburgo con Nicolas Sarkozy e Angela Merkel”. Il quotidiano interpreta il comunicato diffuso ieri dalla Presidenza del consiglio dopo una telefonata con il neopremier spagnolo Rajoy, dove si auspicava “un rapido incontro” bilaterale per “proseguire nello stretto coordinamento delle rispettive posizioni” come un invito a fare fronte comune contro la rigidità tedesca.

L’editoriale del Sole 24 Ore, firmato da Guido Tabellini, è titolato: “Il re è nudo”. Tabellini ricorda il “difetto costitutivo” dell’Euro, cioé il fatto che la Banca centrale può “offrire liquidità alle banche” ma non può farlo nei confronti degli stati dell’Euro. “Il risultato è che i Paesi ad alto debito pubblico sono lasciati in balia dei mutamenti di umore dei mercati”. Il secondo “grave difetto nelle fondamenta dell’Euro” è nel fatto che la politica monetaria è stata centralizzata, ma la supervisione bancaria è rimasta competenza degli Stati. E oggi le autorità di supervisione non si fidano l’una dell’altra. E l’asta di titoli tedeschi di ieri è la conferma “di quanto diffusa sia ormai la sfiducia”. Scrive Tabellini che “paradossalmente” questo evento potrebbe aiutare a sbloccare la situazione, nel senso che rende evidente come la Bundesbank agisca di fatto come “prestatore di ultima istanza”, come ha fatto in questo caso. E se anche la banca centrale tedesca “è costretta a comprare debito del suo Stato, vuol dire che è davvero giunto il momento di una svolta nella politica monetaria”.

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi firmano l’editoriale del Corriere della Sera (“C’è una sola via d’uscita”): a chi sottolinea che “il peccato originale” dell’euro è quello di non avere “una banca centrale che si comporta come la Federal Reserve” americana, i due ricordano che la Fed “non compra titoli emessi dagli Stati (il Texas piuttosto che la California), ma “solo quelli del governo federale”. E la grande maggioranza degli Stati uniti ha un vincolo di bilancio in pareggio. Invece “titoli federali in Europa non esistono, perché non esiste un ministro del Tesoro dell’Eurozona e i Paesi europei possono emettere debito a piacimento senza tener conto dei costi per l’Unione nel suo complesso”. Dunque, “per salvare l’Euro occorre estendere i poteri esecutivi dell’Ue alla politica di bilancio, non alle singole misure e o al mix tra spesa e imposte, che deve rimanere prerogativa dei parlamenti nazionali, ma ai conti pubblici aggregati: evoluzione del debito e saldi di bilancio”.
La Stampa intervista l’economista Pier Carlo Padoan, capoeconomista dell’Ocse, che presenterà lunedì le previsioni dell’Organizzazione sull’economia mondiale. Sull’Europa dice che “gli squilibri attuali sono nati nei Pesi con eccessi di risparmio: attraverso i loro sistemi bancari hanno indirizzato risorse verso alcuni Paesi senza preoccuparsi se queste risorse erano collocae in modo corretto, con la prospettiva di ripagarsi, alimentando bolle come quella immobiliare spagnole. La Bce è stata elemento essenziale di stabilizzazione. E’ intervenuta in modo massiccio e lo fa ancora sui mercati dei titoli, svolgendo una funzione che a stretto rigore è fuori dal suo mandato. Inoltre, sta fornendo liquidità illimitata al sistema dei pagamenti e al mercato monetario e bancario. Li sta, di fatto, tenendo in piedi”.
Su La Repubblica un intervento dell’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors: “Serve il rigore, ma anche la crescita”. Dove si ricorda che certamente devono essere rispettate le regole del Patto di Stabilità, ma è necessario anche che l’Ue completi l’approfondimento del mercato unico. Delors cita il rapporto di Mario Monti del 2010, laddove si sottolineava che c’è ancora molta strada da percorrere, in materia di servizi, economia digitale, mercati pubblici. Per Delors è necessario che l’Ue mobiliti immediatamente risorse al servizio di infrastrutture di interesse comune, e che la Bce e l’Unione si impegnino direttamente nell’emissione di obbligazioni destinate al finanziamento di spese future. Sullo stesso quotidiano, una analisi molto critica di quella che viene definita “la deriva tedesca” da Barbara Spinelli. “E’ come se Berlino non vedesse che il rischio bancarotta incombe non solo sugli Stati ammalati del loro debito, ma sull’intera zona euro, e anche su se stessa”, scrive. A ragione i tedeschi ascrivono i propri successi alla saggezza economica adottata come politica: ma ora ci si avvicina a qualcosa che “più che una idea è una ideologia”, che ha radici lontane, nel periodo tra le due guerre. E’ la dottrina della “casa in ordine”. “Secondo i più dogmatici sostenitori di tale dottrina, nelle sedi internazionali e persino nell’unione sovranazionale europea, non si decidono politche comuni: ci si controlla a vicenda”.
Secondo una analisi de Il Giornale, però, la Cancelliera sugli eurobond andrebbe verso l’isolamento: e nella stessa Germania sarebbero aumentati i favorevoli, scrive, citando pagine della stampa tedesca.
Scrive Carlo De Benedetti su Il Sole 24 Ore: “non si può far politica dando ascolto solo agli umori delle birrerie”, scrive, ricordando che l’economia tedesca sta traendo vantaggi enormi dalla moneta unica, e deve contribuire in modo responsabile al suo rilancio. L’Europa deve accelerare sulla via della costruzione di una politica finanziaria e di bilancio comune, e sulla trasformazione della Bce in una vera banca centrale sul modello Fed. Accelerare sul ricorso a strumenti come gli eurobond, “sia in funzione SalvaStati sia per finanziare le grandi opere infrastrutturali”. Di qui in poi De Benedetti si dedica alla valorizzazione necessaria di quelle imprese che, al di là del manifatturiero tradizionale, puntano sulla innovazione, guardano all’export, e vanno sostenute sull’orizzonte globalizzato, perché “difendere i campioni nazionali non ha senso”.

Pd

“Nel Pd scoppia il caso Fassina”, titola La Stampa riferendo della richiesta di dimissioni dell’attuale responsabile economia del partito, avanzata da alcuni esponenti dell’area ‘liberal’ (ma, come ricorda Il Giornale, non si tratta della corrente di ex-Ds che fa capo ad Enrico Morando). Il casus belli sono numerose uscite di Fassina sulle ricette per uscire dalla crisi, ma non solo. Del piano crecita del commissario Ue Olli Rehn ha detto che sono “deprimenti sul piano intellettuale prima che economico”, per esempio. Ma è nota soprattutto la sua contrarietà a proposte dui temi del lavoro e della flex-security del senatore Pd Pietro Ichino, sostenitore del contratto unico per facilitare l’inserimento nel mercato del lavoro di colo che sono privi di tutela. Il segretario Bersani, ieri diceva sulla richiesta di dimissioni: “questa proprio non l’ho capita”. Ma secondo il quotidiano, in privato, avrebebe invitato Fassina a smussare gli angoli nelle sue dichiarazioni anti-Bce. E il vicesegretario Enrico Letta invitava alla “saggezza”. La nemesi: Fassina è un bocconiano, anche se ricorda di essre stato un occupatore di aule. E proprio lui rischia di intralciare la navigazione del suo ex-rettore, salito nel frattempo a Palazzo Chigi. Dice Pietro Ichino, ribadendo di non esser stato l’ispiratore della richiesta di dimissioni: “il vero discrimine che attraversa il Pd è tra chi vede nell’Ue una grande occasione per allinearsi ai Paesi più avanzati e chi, invece, considera Bruxelles un problema, anzi la fonte dei nostri mali”.  E sullo sfondo resta sempre l’alleanza con la Sel di Vendola.
Sul Corriere: “‘Fassino si dimetta’. Ma Bersani dice no ai liberal del partito”. Nella richiesta di dimissioni sottoscritta da personalità come Enzo Bianco, si ricordava che Fassina aveva bollato come “liberiste” le proposte del senatore Ichino. E il quotidiano ricorda anche come Fasina si sia scontrato con lo stesso Enrico Letta, che ora getta acqua sul fuoco, tanto sulle ricette della Bce per uscire dalla crisi che sulla partecipazione dello stesso Fassina al corteo Fiom.
Secondo Il Giornale il vero obiettivo della polemica contro Fassina è il segretario Bersani. Ed è la stessa lettura, secondo La Repubblica, tanto della famosa ‘Velina rossa’ che del deputato Pd Andrea Lulli. Bersani ieri è tornato a ribadire che “il Pd ha una linea approvata da tutti gli organi del partito. E Fassina si rifà a quella”. Ma “che la questione economica fosse una bomba ad orologeria, dentro il Pd, lo si era capito da mesi”, chiosa La Repubblica.

Finmeccanica

Anche oggi stralci dai verbali dei protagonsiti delle indagini su Enav e Finmeccanica. La Stampa riferisce delle parole di uno dei grandi ‘pentiti’ , Marco Iannilli: “Finmeccanica condizionava le nomine dei componenti del consiglio di amministrazione Enav attraverso Borgogni (manager strettissimo collaboratore del presidente Finmeccanica Guarguaglini, ndr) e i contatti politici di cui costui notoriamente disponeva”. Iannilli ha spiegato così la lottizzazione in Enav: “Gabellini, chiamato il comunista, era espressione di un’area di sinistra, PIatti della Lega, Testa e Martini di an, Floresta del Pdl, Pugliesi dell’Udc” e via dicendo. A Floresta lo stesso Iannilli avrebbe promesso 15mila euro al mese.
Il Giornale riferisce che il tesoriere Udc Giuseppe Naro, nei verbali, smentisce di aver preso tangenti per sé o per Casini. Dell’imprenditore Di Lernia, da lui incontrato e da cui avrebbe ricevuto, secondo l’accusa, tangenti, dice: “mi parlò della sua simpatia per il partito, ripromettendosi di essere vicino ad esso in occasione delel successive competizioni elettorali. Io intesi le sue affermazioni come una disponibilità ad aiutare finanziariamente il partito. Non accadde nulla in concreto”. E comunque -ricorda- l’Udc dal 2006 è all’opposizione, sicché non aveva poteri di designazione all’Enav.
Il presidente Finmeccanica Garguaglini, intanto, ieri è stato ‘convocato’dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Catricalà. E, secondo La Repubblica, ha capito che la sua stagione si è chiusa.
Va tuttavia segnalato che, in un’intervista a Il Fatto, lo stesso Guarguaglini oggi dice: “Non ho nessuna intenzione di andarmene”e “nessuno mi ha chiesto di farmi da parte: né il Presidente del Consiglio Mario Monti, né il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Catricalà.

E poi

Due pagine della Repubblica sono ancora dedicate alla rivolta in Egitto. “Un’altra strage”, titola il quotidiano. Che riferisce anche le parole dell’ex presidente Aiea El Baradei, futuro candidato alle presidenziali: “Usano gas nervino” contro i dimostranti. Lo scrittore Marek Halter, inun intervento, scrive: “I militari al potere sono il nuovo despota”.
Sull’uso di gas nervino La Stampa intervista l’analista militare Andrea Nativi, che dice: “Assurdo, sarebbero morti in migliaia”. Il gas usato durante la repressione colpisce polmoni, occhi, può provocare vomito, ma è il tipico armamentario anti-rivolta.
Su La Stampa: “Le trattative con la giunta spaccano il fornte islamista”. Dove si legge che i Fratelli Musulmani sono divisi dinanzi alla rivolta al Cairo. Molti giovani attivisti dei Fratelli musulmani hanno disobbedito ai vertici e non hanno mai abbandonato la piazza.

(La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)