L’Istat certifica: 16 mila euro al mese

Pubblicato il 3 Gennaio 2012 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Bene i mercati, Milano vola. Migliorano i conti italiani”. Il titolo più grande è per il documento Istat: “Stipendi dei politici, il dossier.Ecco il documento atteso per decidere sui risparmi: confronto con gli altri Paesi europei. La polemica del presidente dell’Istat: ci hanno dato poco tempo”. A centro pagina: “Equitalia sotto attacco. Si apre un caso politico. Attentati, minacce. E Grillo: capire le ragioni della violenza”. In evidenza in prima pagina anche un richiamo alla Nigeria: “Ultimatum ai cristiani. Al Qaeda in Nigeria: via in tre giorni o la morte”.

Libero: “La casta frega pure Monti. Dopo sei mesi la Commissione che doveva allineare la paga dei nostri parlamentari a quella dei loro colleghi Ue rinuncia: compito troppo delicato e attese eccessive’. ‘Libero’ ha fatto il calcolo in sei ore”.

La Repubblica: “Gli stipendi-record del Parlamento. Ecco il rapporto dell’organismo guidato dal presidente Istat. In Italia indennità superiore, ma Francia e Germania pagano di più per i portaborse. La commissione: sono i più alti d’Europa. Montecitorio prepara i tagli”. A centro pagina, sulle presidenziali Usa: “Iowa, il terzo incomodo nella corsa degli anti-Obama”. Si parla del Repubblicano italo-americano Rick Santorum. In prima pagina anche le notizie sull’economia: “Le Borse brindan, spread a quota 500. Benzina alle stelle. Cala il fabbisogno. Si tratta sul welfare”.

La Stampa: “Lavoro, una settimana per la trattativa. ‘Ma non ci sono soldi’. Per Monti incontri bilaterali con le parti sociali, decisione entro il 20. I paletti del Pdl: il governo non decida coi sindacati. Germania: occupazione boom. Milano, vola la Borsa”. Di spalla spazio per le primarie Usa, con un “incontro-intervista con Romney, il Repubblicano che sfida Obama”. A centro pagina la notizia delle 450 mila lettere che l’Inps ha inviato ai pensionati che riscutono la pensione di più di 1000 in contanti: da marzo non sarà più possibile, “bonifico obbligatorio”.

Il Sole 24 Ore: “Borse in ripresa, scende lo spread. Bene i listini in avvio d’anno (Londra e Wall Street chiuse). Milano a +2,4. Btp-Bund giù a 499 ma chiusura poco sopra 500. Euro debole”. L’editoriale è dedicato ai 10 anni dell’Euro, “la triste festa dei contabili”.

Il Giornale: “2012: uno stipendio in meno. Ce lo porta via Monti. Casa, consumi, conti correnti, benzina, redditi: le nuove imposte costeranno 2 mila euro a famiglia. Altri due imprenditori si uccidono per i guai col Fisco: già dieci suicidi”. In evidenza a centro pagina anche una notizia che si trova anche su altri quotidiani: “Grillo, le tasse e le bombe: ecco come la pensa il comico”. Si parla degli attentati ad Equitalia, e delle parole del comico che ha detto che se Equitalia è diventata un bersaglio bisogna capirne le ragioni.

Costi della politica

Sul Corriere della Sera Sergio Rizzo analizza i dati della Commissione Giovannini sulle retribuzioni dei parlamentari, e spiega che quei dati, “come premette lo stesso rapporto, vanno certamente presi con le molle”, anche per l’ambiguità delle norme che regolano la retribuzione dei parlamentari. E scrive: “Intanto è palese che lo stipendio nudo e crudo dei parlamentari italiani è di almeno 3 mila euro al mese (lordi, s’intende) più alto degli altri. Anche dei tedeschi, nonostante la Germania abbia un prodotto interno lordo procapite del 25 per cento più alto dell’Italia. E senza considerare la Spagna, dove la indennità dei deputati è decisamente più bassa. Ma soprattutto, sarà ora impossibile per la Camera e il Senato non fare i conti con alcuni scheletri nell’armadio da troppo tempo”, a partire dai collaboratori, visto che quello italiano è l’unico caso in cui sono i parlamentari a percepire soldi per pagare i collaboratori. In Germania “i deputati tedeschi”, che pure hanno diritto a una somma “enormemente superiore” per i collaboratori, “non toccano un euro”, ed è il Bundestag che li paga direttamente. I nostri, invece, in molti casi, se li mettono in tasca: puliti, senza imposte”.
Altra questione: la diaria, cioé del rimborso spese sostenute per la permanenza a Roma nei giorni di lavoro. “Per quale ragione questo contributo (esentasse) debba spettare senza alcuna differenza anche a chi abita nella Capitale è francamente un mistero”.
La Commissione non ha tratto conclusioni, il quotidiano pubblica uno schema con tutti gli elementi dello “stipendio” dei parlamentari: la indennità, la diaria, le spese di viaggio e trasporto, quelle di segreteria e rappresentanza, quelle per i collaboratori. “Più di sedicimila euro al mese. Il record dei parlamentari italiani. Al secondo posto i francesi, con 13500. Agli spagnoli appena 4630”.
Su Libero (“Stipendi d’oro salvi, la Casta frega pure Monti, niente tagli”), racconta le difficoltà della Commissione presieduta dal presidente Istat Giovannini: “I magnifici sei avevano un compito principale banale: confrontare le indennità dei parlamentari italiani, i benefici a loro disposizione, il trattamento di fine rapporto e quello previdenziale con quello degli altri sei parlamenti europei. Libero lo ha fatto impiegando, fra ricerca e composizione delle tabelle, sei ore: i dati sono pubblicati online in tutti i Paesi. I professori in sei mesi hanno fatto un buco nell’acqua. E adesso chiedono altri tre mesi di tempo per mettere a posto i dati che confusamente sono appiccicati qua e là nelle 38 pagine di documento rilasciato ieri con la data 31 dicembre.
Sulla prima pagina de Il Giornale una lettera del segretario generale della presidenza della Repubblica Donato Marra risponde all’editoriale di ieri (“L’oro di Napolitano”), dedicato da Vittorio Feltri alle spese del Quirinale. Scrive Marra: “Evidentemente non si vuole prendere atto che l’amministrazione della presidenza della Repubblica su impulso del presidente Napolitano ha assunto fin dall’inizio del settennato una serie di misure assai incisive di contenimento delle spese interne i cui effetti no si sono ancora esauriti. Marra parla della “riduzione di ben 374 unità del personale”, dell’abrogazione del meccanismo di “allineamento automatico delle retribuzioni del presonale di ruolo a quelle del personale del Senato”, della riforma del sistema pensionistico eccetera. Feltri risponde chiedendo “di quanto si è ridotto il proprio emolumento” il presidente Napolitano.

Lavoro, ipotesi

Anche oggi i quotidiani si sforzano di individuare le strade che il governo e la ministra del welfare Fornero tenteranno di percorrere per riformare il mercato del lavoro. Secondo Il Sole 24 Ore la Fornero lavora al “contratto graduale”, legato all’intero ciclo di vita del lavoratore, dato che l’età media si è innalzata. Tempi di lavoro graduati per gli over 55 che – magari – possono accettare una retribuzione inferiore e cominciare  a incassare parte dell’assegno previdenziale. Il Corriere della Sera, invece, focalizza l’attenzione sulle ipotesi di “contratto prevalente”. Con un periodo di prova allungato, a tempo indeterminato, con un inserimento formativo che vada dai sei mesi a tre anni, durante i quali sarebbe possibile il licenziamento. Superati i tre anni, il lavoro diventa stabile sotto l’ombrello dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Un articolo sulle stesse pagine del Corriere ricorda che meno della metà dei lavoratori subordinati è coperta dall’articolo 18 dello Statuto. E ancora sullo stesso quotidiano, intervista a Carlo Dell’Aringa, strettissimo collaboratore di Marco Biagi, che dice: “Si potrebbero concedere sussidi a chi partecipa alla soluzione del proprio problema, accettando ricollocamento, corsi di qualificazione, corsi di aggiornamento. Serve la disponibilità dei lavoratori, magari a spostarsi in altre città, in altre regioni”. Sollecita incentivi sui contributi per chi assume a tempo indeterminato e più accordi di solidarietà, che andrebbero privilegiati “con un piccolo contributo da parte dello Stato”, e che ai sindacati piacciono, sono le aziende a resistere. Quel che è certo – dice Dell’Aringa – “è che non ci sono più le risorse per disfarsi della manodopera anziana attraverso cassa integrazione, sussidi vari o scivoli”.

Usa

Sul Sole 24 Ore intervista a David Yepsen, definito “guru”, politologo e direttore del Paul Simon Public Policy Institute Institute di una università dell’Illinois. Dice che nei caucus dell’Iowa contano i candidati e la lo loro eleggibilità. L’Iowa è uno stato di 3 milioni di abitanti, ma la partecipazione prevista a caucus è di 125 mila persone. Non vota il cittadino medio, votano i militanti di partito, quelli che si mobilitano, che raccolgono soldi e che fanno il porta a porta per i Repubblicani. Yepsen dice anche che la campagna elettorale è iniziata tardi, ma la migliore è stata quella di Ron Paul, perché i suoi sostenitori lavorano da 4 anni. Quale sarà il fattore determinante delle elezioni, in Iowa e poi a novembre? “L’economia”. Obama è ancora credibile su questo fronte? “Sì. Oggi la gente è scontenta delle sue ricette, ma quando ci sarà un candidato repubblicano da contrapporgli la gara sarà tra Obama e il suo avversario, non più tra Obama e il suo indice di gradimento”. Sulla stessa pagina una lunga analisi di Mario Platero: “Il vero scontro è sull’economia”: a novembre il Paese dovrà scegliere tra due filosofie contrapposte sul peso da attribuire allo Stato e al settore privato. Platero cita il discorso di Obama del 6 dicembre scorso, ispirato da quello pronunciato un secolo fa da Teddy Roosevelt, con cui il Presidente si è spostato decisamente a sinistra del centro politico americano come lo conosciamo da qualche decennio, confermando che per l’America oggi è importante tornare alla stagione dello statalismo e delle regole pre-reaganiane: “Dobbiamo scegliere tra un modello in cui troppo pochi fanno troppo bene a spese della maggioranza, e un modello in cui recuperiamo la nostra unità nazionale”, ha detto Obama.
Anche La Stampa si occupa ampiamente della campagna per le primarie Usa, con due intere pagine di analisi e interviste. Sul fronte repubblicano Rick Santorum e Ron Paul hanno lanciato l’ultimo assalto a Mitt Romney nel tentativo di strappargli la vittoria in Iowa, dove oggi si celebrano le primarie repubblicane. I Tea Party si sarebbero schierati, secondo La Stampa, con Paul. E il quotidiano intervista Mitt Romney, che di Obama dice: “Questo presidente non ha idea di come far ripartire l’economia. Vuole trasformarci in una socialdemocrazia, dove il compito del governo è togliere ai ricchi per dare ai poveri. Redistribuzione, si chiama. Una favola egualitaria. Ma noi siamo diversi, noi siamo diventati una superpotenza grazie al merito, chi lavora bene guadagna, e investendo i profitti dà da vivere anche agli altri. La società assistenziale non ha funzionato in Europa, in crisi nera. E adesso ce la dovremmo prendere noi in America?”. Gli Usa non devono aiutare l’Europa ad uscire dalla crisi? “No, neanche un soldo. L’Europa si è cacciata in questo guaio con le sue mani, e con le sue mani deve uscirne. La Germania, la Francia, l’Italia hanno tutte le risorse per pagare i loro debiti, risolvere la crisi di fiducia, investire e tornare a crescere, possibilmente attraverso una vera economia di mercato”.
Un altro articolo del quotidiano racconta che gli strateghi del Partito Repubblicano stanno per terminare “The book”, un manuale di 500 pagine che raccoglie tutte le frasi dette e scritte da Obama sin dalla campagna del 2008 per dimostrare quante sono state le promesse mancate. Raccoglie il materiale un team di ricercatori, lavorando per mesi su archivi di giornali, tv e siti internet.
Anche su La Repubblica, una corrispondenza di Federico Rampini dall’Iowa, dedicata alla crescita di consensi del “terzo incomodo” Rick Santorum, “l’ultimo di una serie di candidati su cui si è spostato il favore dei fondamentalisti cristiani, che sembrano orientarsi in base al criterio: ‘chiunque non sia Romney’. All’ex governatore del Massacchussets non perdonano le aperture passate all’aborto”. Santorum piace per i suoi proclami in difesa della vita e contro i matrimoni gay, cui aggiunge un linguaggio da falco in politica estera, un attacco aereo contro gli impianti nucleari in Iran, concordato con Israele, altro messaggio che piace ai Teocon, convinti che Israele abbia una vocazione unica nei disegni divini.
Anche il Corriere si occupa di Santorum: “La destra Usa trova un nuovo crociato. Alla vigilia delle primarie in Iowa emerge il cattolico Santorum. Comizi nelle ‘pizzerie cristiane’, e chiusura totale all’aborto”. L’inviato Massimo Gaggi spiega che Santorum ha puntato sulle pizzerie cristiane di Pizza Ranch, una catena di locali dell’Ioùwa controllata da imprenditori che si richiamano ai valori evangelici e che ricordano i saloon western, con sedie decorate con ferri di cavallo e i bagni divisi tra cowboy e cowgirl. Qui, 4 anni fa, Mike Huckabee, altro conservatore religioso, costruì il suo sorprendente successo in Iowa battendo Romney.

Iran 

Ieri si sono concluse le esercitazioni che la marina iraniana ha effettuato per dieci giorni nell’area marittima tra le acque del Golfo Persico e quelle del mar arabico, passando per lo stretto di Hormuz: e lo ha fatto lanciando 4 missili, che il regime ha definito a lungo raggio, ma che – scrive il Corriere – alcuni esperti occidentali considerano a medio raggio. Tuttavia, come riferisce Il Sole 24 Ore, la minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz in rappresaglia al blocco dell’export petrolifero iraniano, sembra improbabile, tanto più che dal ministero degli esteri iraniano è emersa l’indiscrezione che la Guida suprema Khamenei non avrebbe intenzione di ordinare questa chiusura. Alberto Negri analizza la situazione e sottolinea: “Tutto è possibile all’Iran, persino coltivare ambizioni da superpotenza regionale, a patto che gli sia consentito vendere il suo petrolio. Oltre 70 miliardi di dollari l’anno scorso, il 60 per cento delle entrate, l’80-90 per cento dell’export. Questi incassi hanno consolidato il controllo da parte dell’elite clericale e dei pasdaran, rafforzando il ruolo dello Stato come distributore di sussidi e ricchezza ma anche come agente di repressione”. Insomma, scrive Negri, “se salta il petrolio salta il sistema, un colpo che uò essere più fatale di un attacco militare”, ed ecco perché la decisione presa a capodanno da Obama di firmare il decreto del Congresso che include sanzioni alle transazioni internazionali della Banca centrale di Teheran preoccupa la leadership, spingendola a minacciare la chiusura di Hormuz. Naturalmente sulle mosse di Teheran non incidono solo le tensioni internazionali, perché conta altrettanto la situazione interna, e lo scontro tra la Guida Suprema Khamenei e il Presidente Ahmadinejad: il primo intende ridimensionare il secondo e i suoi piani di trasformare la Repubblica islamica in presidenziale.
A questi due “duellanti” a Teheran è dedicata anche l’analisi di Franco Venturini sul Corriere della Sera, che parla esplicitamente di “resa dei conti” in corso: il presidente Ahmadinejad ha tentato di preparare la sostituzione di Khamenei, ma questi lo avrebbe scavalcato “diventando più estremista di lui, e tentando di rompere l’antico legame (che è militare ma anche economico) tra il Presidente e i reparti scelti dai pasdaran.
L’International Herald Tribune si occupa delle prossime elezioni legislative in Iran, previste in marzo, e dell’orientamento degli ex candidati riformisti sconfitti in contestatissime elezioni presidenziali nel 2009, di non fornire legittimità a queste prossime consultazioni, boicottando il voto.

Nigeria, Cina, Occidente

Sul Corriere della Sera una lunga corrispondenza di Massimo Alberizzi dalla Nigeria dà conto dell’ultimatum lanciato dagli estremisti islamici di Boko Haram alla comunità cristiana che vive nel nord del Paese: “Avete tre giorni per andare via”. Gli analisti sostengono che il gruppo Boko Haram sia legato ad Al Qaeda o a gruppi che operano a cavallo del Sahara, come Al Qaeda per un Maghreb islamico. Ma le posizioni delle varie organizzazioni sono molto differenti: se la setta Boko Haram è fatta di fanatici che negano la scienza, che credono che la terra sia piatta e la pioggia un dono divino, i terroristi che operano nel deserto hanno una agenda più criminale che politica.

Su Libero si dà conto delle dichiarazioni del ministro del turismo delle Maldive, Zulfa, che ha annunciato la marcia indietro sulla decisione assunta ieri di chiudere terme, beauty center, piegandosi alla pressione del principale partito di matrice islamica (Adhaalat party), che li aveva ùqualificati come “bordelli”. La donna ministro del turismo, che non porta il velo, ha spiegato così il dietro front: “Possiamo sostenere la nostra economia soltanto se seguiremo una forma moderata (di islam) come abbiamo fatto finora”.

Su La Stampa si racconta del lungo articolo del presidente cinese Hu JinTao, comparso sulla rivista Qiushi, principale organo teorico del Partito comunista cinese. E’ l’allarme: la Cina si sta ‘occidentalizzando’. Scrive Hu che “forze ostili” stanno cercando di “occidentalizzare” la Cina. Un chiaro disegno destabilizzatore, secondo Hu, si celerebbe dietro l’espandersi di Internet, ma anche da forze ostili mascherate da cultura pop. La risposta della Cina deve essere la costruzione della cultura, che è un aspetto fondamentale “del concretizzarsi del socialismo con caratteristiche cinesi”. Sul piano esterno, la spinta propulsiva della Cina ha puntato, all’indomani di Tien An Men, su uno dei suoi più affinati strumenti, ovvero la propaganda, che ha dato impulso alla creazione degli istituti Confucio in giro per il mondo. E allo stesso tempo, in questi anni, sono cresciuti i media cinesi in lingua estera: Pechino ha stanziato 5,5 miliardi di euro per televisioni in varie lingue e per ampliare gli uffici internazionali dell’agenzia di stampa Nuova Cina. Anche sul Corriere il monito di Hu JinTao, e la nuova campagna per arginare l’influenza della cultura straniera. Il primo effeto è stato un giro di vite su reality show considerati troppo spregiudicati.

E poi

Su Europa un contributo di Federico Orlando e l’editoriale di Stefano Menichini parlano della lettera di Giorgio Napolitano a Reset, e del dibattito interno al Pd. Il titolo dell’editoriale di Menichini è: “Liberale o no, fatela questa rivoluzione”.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini