Draghi taglia i tassi, volano le Borse

Pubblicato il 4 Novembre 2011 in da redazione grey-panthers
inverno

Le aperture

Il Sole 24 Ore: “Draghi taglia i tassi, volano le Borse. Il neopresidente dell’Eurotower riduce il costo del denaro dello 0,25 per cento, board unanime. Milano guadagna il 3,23 per cento, spread a quota 432. La Grecia rinuncia al referendum”. Di spalla: “Nuove defezione nel Pdl: per il Governo maggioranza a rischio”. “Napolitano: valuterò i voti in Parlamento”. A centro pagina il quotidiano spiega che il Governo sta lavorando al maxiemendamento al decreto stabilità: “Professioni, infrastrutture, servizi pubblici e dismissioni. In Parlamento rispuntano le ipotesi patrimoniale e ritorno all’Ici”.

Il Corriere della Sera: “Draghi si presenta con il taglio dei tassi. La Ue: bene il piano italiano, va attuato”. “Dietrofront della Grecia: nessun referendum sul salvataggio”. A centro pagina: “La maggioranza perde pezzi. Due deputati passano all’Udc. Berlusconi: fiducia sulle misure. Tensione nel centrodestra, annunci di altre defezioni. Il Pdl: se cadiamo si va al voto”. L’editoriale, firmato da Antonio Polito: “Una terra sconosciuta. Le incognite del dopo Cavaliere”.

La Repubblica: “Ultimatum dei Grandi all’Italia. Bce, Draghi taglia subito i tassi. Berlusconi rifiuta la ‘tutela’ del FMI. Al G20 gelo di Obama, Merkel e Sarkozy: sì al piano se Roma rispetta i tempi. Il premier: chiedo la fiducia sulle misure. Grecia, no al referendum”. In prima pagina anche: “Altri cinque via dal Pdl, la maggioranza non c’è più”. Sul vertice di Cannes, con una foto dei leader del mondo, due articoli: la cronaca di Federico Rampini (“A Cannes va in scena il dopo-Cavaliere”), e un commento di Timothy Garton Ash (“Lettera ai banchieri: ridateci quei soldi”).

La Stampa: “Draghi taglia i tassi, Borse ok. Il capo della Bce: i governi siano inflessibili. Patto tra Obama e Sarkozy. Retromarcia di Atene: niente referendum. Doppia sorveglianza sull’Italia”. A centro pagina: “Fiducia sulle norme anti-crisi”. “Il premier alla Ue: rispetteremo gli impegni. Napolitano: in Aula tutti sono liberi di agire. Ma Berlusconi perde pezzi: due deputati dal Pdl all’Udc, altri in uscita”.

Il Giornale: “Nessun passo indietro. Pdl e Lega confermano a Napolitano: se cadiamo in Aula si va a votare a gennaio. Berlusconi convince l’Europa, Obama: il problema non è lui”. Accanto: “Meglio le urne della melina per far ripartire l’economia”.

Italia

Berlusconi, ieri: “Non abbiamo bisogno di larghe intese e di un tecnico al mio posto. Se dovesse mancare la maggioranza c’è solo la strada delle elezioni anticipate”. Scrive La Stampa che il Cavaliere ha fatto presente ai Paesi dell’Eurozona che gli impegni saranno tutti mantenuti. E che il governo metterà la fiducia sul maxiemendamento per la legge di Stabilità. Secondo Il Giornale, il premier è “stupito dalla diaspora Pdl”, che lo stesso quotidiano racconta così: “Un’altra giornata di fronda: il Pdl perde due deputati”. “La maggioranza si sfilaccia”, scrive il Giornale dando conto delle nuove defezioni. Su La Repubblica due intere pagine dedicate a questo tema: “Terremoto nel Pdl, scatta il fuggi-fuggi. Berlusconi non ha più la maggioranza”. Due vanno all’Udc: sono Alessio Bonciani e Ida D’Ippolito, passati dal gruppo Pdl a quello di Casini. Il quotidiano intervista Isabella Bertolini, tra i sei firmatari della lettera che chiede a Berlusconi un nuovo governo. Preannuncia che sono in arrivo altri documenti, dopo quella lettera. Lascia il Pdl anche Carlo Vizzini, ora presidente della Commissione affari costituzionali del Senato.
Per La Stampa: “Il Pdl si sgretola, il governo è senza numeri”. Anche tre “Responsabili” passano al gruppo Misto. E secondo il quotidiano “la regia dello strappo”, che fa fare ai centristi la parte della “calamita”, sarebbe dell’ex ministro Paolo Cirino Pomicino.

Il leader Udc Pierferdinando Casini, in una lunga intervista al Corriere della Sera dice: “Governo di larghe intese. Il Pdl dica sì, o si dissolverà”. Secondo Casini “c’è una parte sempre più ampia della politica che ha la consapevolezza che sono necessarie ricette impopolari e che questa sfida non può essere affrontata con un governo del 51 per cento”. Precisa di non aver proposto un governo tecnico: “Un governo tecnico si ha quando i politici si tirano indietro, e appaltano ai tecnici la risoluzione dei problemi. Io propongo, all’opposto, una grande operazione politica, che faccia appello a personalità autorevoli e tecnicamente competenti”.

Il Foglio oggi, in un editoriale firmato dal direttore, chiede “Elezioni subito, naturalmente”. Oggi, 4 novembre, doveva essere il giorno della vittoria (e anche il giorno della verità). Misure economiche di secca e inaudita radicalità, un decreto legge di riforme liberali che stravolge la malattia cronica di economia e società italiana. Firmato Berlusconi. Garantito dai poteri sovranazionali europei. Necessario e urgente, i suoi specifici requisiti. Le opposizioni messe di fronte alle loro responsabilità. Basta fanghiglia. Basta retorica. Basta demagogia”.

Grecia

Questa sera il premier greco Papandreu affronterà il voto di fiducia in Parlamento sul piano di salvataggio. Ieri – scrive Il Sole 24 Ore – il premier Papandreu ha dichiarato che Neo Demokratia “ha annunciato che voterà per il nuovo accordo sui prestiti. Con un consenso in Aula, non dovremmo avere bisogno di convocare un referendum”. Il leader di Neo Dimokratia, Antonis Samaras, ha invece precisato: “Papandreu si comporta come se non avesse capito quello che gli ho detto. Io gli ho chiesto di dimettersi per permettere la formazione di un governo di transizione che ci porti ad elezioni in tempi molto brevi”. Sul piatto ci sono le misure di austerità, con riduzione del 40 per cento dei dipendenti pubblici, la fine dei salari minimi nei contratti nazionali e la messa in mobilità per un anno di 30 mila dipendenti pubblici in esubero.
Il Sole 24 Ore, in sintesi, spiega che Papandreu ha aperto alla cancellazione del referendum, ma non ha rassegnato le dimissioni; ha aperto ad un governo di unità nazionale a condizione che l’opposizione voti le misure di austerità.
La Repubblica scrive che si votasse ora in Grecia sarebbe il caos, poiché – secondo alcuni sondaggi – il Pasok sarebbe al 23 per cento, ma il centrodestra non avrebbe la maggioranza, fermandosi ad un 31 per cento. Trionferebbe l’astensionismo che ha “gonfiato il bacino della sinistra più estrema e della destra ortodossa”.
Per La Stampa “La Grecia rinuncia al referendum, arriva il Governo tecnico”, “Papandreu lascerà”. Al suo posto potrebbe subentrare Loukhas Papadimos, l’economista a lungo membro del board della Bce.

Internazionale

La Stampa scrive che il Presidente Obama starebbe pensando di anticipare di due anni il ritiro dei militari dall’Afghanistan. A pubblicare indiscrezioni in questo senso è stato il Wall Street Journal. Dietro questa scelta non vi sarebbero solo ragioni elettorali, ma il fatto che il massimo sforzo bellico del surge attuato dal generale Petraeus non ha dato risultati paragonabili a quelli ottenuti in Iraq. E Obama avrebbe chiesto, d’accordo con gli alleati Nato, al generale Allen, che comanda le truppe in Afghanistan, di preparare i piani per una transizione dal ruolo di combattimento a quello di addestramento entro il 2014. Al momento sul terreno ci sono 97 mila soldati americani, che nel 2012 dovrebbero scendere a 30 mila. Accelerando il ritiro, l’obiettivo sarebbe quello di mettere subito alla prova le truppe afghane, con gli americani presenti sul terreno per addestrare le forze locali o con reparti speciali per aiutare le truppe di Kabul a condurre operazioni mirate antiterrorismo.
La Repubblica dà conto anche alla battaglia di tre ore che ha impegnato ieri i contingenti italiani in Afghanistan nella difesa di una società di contractor che sorge ad un chilometro dal quartier generale dell’esercito ad Herat.
Torna ad occuparsi di Iran La Stampa, dando conto del rapporto della “Us-China Economic and Security Review Commission”, una commissione del Congresso, che verrà pubblicato il 16 novembre: che conterrebbe una dura denuncia delle violazioni all’embargo sulla vendita di armi all’Iran da parte della Cina. Pechino avrebbe venduto a Teheran armi per 312 milioni di dollari: e questa cifra riguarderebbe solo gli scambi ufficiali. La Cina avrebbe quindi scavalcato la Russia, che avrebbe rallentato i commerci dopo le sanzioni Onu. Pechino, per esempio,  ha sicuramente passato all’Iran missili per colpire le navi, tra cui i pericolosi C-802, che aveva promesso agli Usa di non vendere. Parallelamente, in Israele, il premier Netanyahu e il ministro della Difesa Barak stanno cercando di convincere i parlamentari della necessità di attaccare l’Iran. Ieri nel Paese c’è stata un’esercitazione, ipotizzando attacchi missilistici iraniani su Tel Aviv.
Se ne occcupa anche Il Giornale, con due intere pagine: “Prove di guerra all’Iran. Israele pronto a colpire l’atomica degli ayatollah. Ci sarebbe accordo nel governo per bombardare le centrali nucleari”. Secondo alcuni sondaggi, il 40 per cento degli israeliani sarebbe favorevole, anche se l’80 per cento è convinto che poi questo porterebbe a conflitti con Hezbollah nel Sud del Libano e con Hamas a Gaza. Il quotidiano punta di nuovo l’attenzione sul “piano nucleare ‘segreto’ nascosto dall’Onu per 6 anni”: l’Aiea sarebbe “pronta a svelare i documenti che inchioderebbero il regime islamico e che l’egiziano El Baradei (ex direttore dell’Agenzia stessa, ndr.) aveva sempre censurato”.
E proprio oggi -scrive il quotidiano- esce in tutto il mondo il videogioco “Battlefield 3”, che mette in scena l’invasione dell’Iran da parte degli Usa.

E poi

Su La Repubblica, la ‘lettera’ di Timothy Garton Ash, che chiede ai banchieri: reestituite quei soldi. Con la loro condotta collettiva e i loro errori di valutazione hanno avuto “un ruolo chiave nel metterci nei guai”, eppure intascheranno comunque enormi bonus ingiustificati. Precisa: vorrei chiarire che non sono tra quanti ritengono necessario trovare un’laternativa al capitalismo, “serve piuttosto un capitalismo alternativo, più in stile scandinavo”, serve “una barriera, se non una separazione totale tra banche ordinarie e banche di investimento (che possano così tranquillamente fallire)”, servono “norme di recupero fiscale sui bonus che si dimostrino ingiustificati, imposte sulle transazioni finanziarie”.
L’inviato de Il Giornale al G20 di Cannes scrive che Washington ha sentito Parigi sulla ipotesi di Robin Tax, la tassa sulle operazioni finanziarie: “Francia e Germania, e di riflesso la Comissione europea, ne sono sostenitori convinti (insieme al Vaticano e a molte Ong) e al G20 hanno continuato a lavorare ai fianchi gli Stati Uniti, apertamente contrari, fino a creare un piccolo incidente diplomatico. Ieri mattina Nikolas Sarkozy, al termine del vertice bilaterale con Barack Obama, ha annunciato che Parigi e Washington avevano trovato un ‘punto comune’ da inserire nel comunicato finale del G20”. Ma consiglieri del presidente Usa hanno spiegato che Obama si limita a “condividere l’obiettivo si assicurare che il settore finanziario contribuisca a risolvere la crisi”. Secondo i calcoli di Bruxelles una tassa siffatta potrebbe valere 57 miliardi di euro l’anno: si applicherebbe come prelievo a tutte le transazioni, ad azioni, obbligazioni, derivati, ecc., ma non a risparmiatori e aziende, non a prestitit ipotecari e bancari, premi o contratti assicurativi.
Sul Sole 24 Ore il Pd Enrico Letta propone “Un’Europa delle generazioni”: Eurobond e microcredito per un nuovo patto tra i giovani e gli over 65. E servirebbe un presidente Ue eletto direttamente dal popolo.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini