Rassegna stampa: problemi d’inizio d’anno

Pubblicato il 4 Gennaio 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

“Yemen, ambasciate sotto tiro” titola La Stampa. “Allarme anti terrorismo dopo l’atto di accusa di Obama. La Casa Bianca: ma non vogliamo aprire altri conflitti. Washington e Londra chiudono le sedi. ‘Al Qaeda era pronta a colpire’”. A centro pagina una notizia di cronaca (“Seggiovia in tilt, panico a -11. Val D’Aosta, sciatori soccorsi dopo due ore. Temevamo di morire”) e una di politica interna: “Riforme, l’idea di Berlusconi. Discorso in Senato sul dialogo. Il premier: o si fanno adesso o mai più. Di Pietro attacca il Quirinale. Pdl e Pd: basta provocazioni”.

Il Corriere della Sera apre con la bomba al palazzo di giustizia di Reggio Calabria: “Una bomba contro i magistrati. Avvertimento della ‘ndrangheta per fermare le confische dei beni. Cosa c’è dietro l’ordigno esploso in Tribunale. Napolitano: sostegno ai giudici”. A centro pagina: “Yemen, Obama e Brown chiudono le ambasciate”.

La Repubblica: “Bomba alla Procura generale, la ‘ndrangheta minaccia i pm. Esplosione nella notte a Reggio Calabria. Solidarietà ai magistrati. ‘Segno da non sottovalutare’”. A fianco la situazione di allarme nello Yemen e un reportage da Sana’a, “frontiera del terrore”. A centro pagina il Papa che ieri durante l’Angelus ha detto di non credere a maghi ed economisti, perché il futuro dipende dall’uomo. “Tremonti: Ratzinger ha ragione”.

Il Giornale oggi dedica il titolo di apertura al Presidente della Camera: “Fini come Di Pietro. Dal patrimonio di An sono spariti gli immobili: trasferiti a società parallele, proprio come hanno fatto l’ex Pm e i Ds. E lo Stato ‘rimborsa’ ai movimenti politici il quintuplo di quanto spendono”.

Yemen, terrorismo internazionale.

La Stampa intervista Daniel Pipes, esperto di terrorismo e Islam, che spiega che lo Yemen è pericoloso perché “non esiste un controllo territoriale da parte dello Stato”, e perché “le profonde differenze tra etnie, gruppi tribali e fazioni religiose rendono complicato ogni tentativo di stabilire forme di autorità”. Secondo Pipes gli Usa “opteranno per operazioni mirate col supporto dell’intelligence e in cooperazione con le forze di sicurezza locali”. Secondo Pipes l’amministrazione americana ha “prestato poca attenzione” alla situazione nello Yemen, si è mossa con ritardo e “senza una strategia chiara. L’invio di miliardi di dollari da solo non basta”. Secondo Pipes inoltre non sembrano esserci legami con la situazione in Somalia: “esistono differenze di etnia, religione, provenienza geografica fondamentali”. Un altro articolo dello stesso quotidiano si sofferma invece proprio su un “asse con i somali” che sarebbe “la nuova minaccia”. Oltre 200 mila somali si sono riversati negli ultimi anni nello Yemen, per sfuggire al conflitto nel loro Paese. “Al Qaeda ha pescato a piene mani in questa folla di diseredati, per reclutare forze fresche per la propria filiale yemenita. Ma l’organizzazione è assai attiva anche alla fonte, in Somalia, dove risulta in stretto contatto con il guerriglieri islamisti di Al Shabaab, che controllano vaste aree del Paese”. Si cita anche un esperto svedese di terrorismo, Magnus Ranstorp, che collabora con il governo Usa ed ha scritto sul New York Times che “il problema della Somalia si sta congiungendo con quello dello Yemen”.

La Repubblica, con un inviato a Sana’a, dà la parola ad un colonnello del ministero dell’interno yemenita, che spiega: “Lo Yemen non diventerà di cert oun teatro di guerra come lo sono il Pakistan o l’Afghanistan. Ma, per via della crescente presenza di Al Qaeda, gli Stati Uniti sono sempre più interessati al nostro Paese”: lo dimostrano anche gli aiuti militari, che hanno raggiunto i 70 milioni di dollari nel 2009. Secondo l’ambasciatore italiano nello Yemen Boffo l’esercito yemenita “ha cominciato ad effettuare un profondo repulisti nelle regioni dove tradizionalmente si annida Al Qaeda,. Ora i terroristi reagiscono come possono, minacciando e a volte concretizzando le loro minacce”. Secondo il ministro degli esteri yemenita Al Qaeda può contare nel Paese su due o trecento uomini ben addestrati. Ma anche questa non è una novità: quasi la metà – 91 su 198 – dei detenuti ancora reclusi a Guantanamo è yemenita. A fianco il quotidiano romano offre un articolo – copyright New York Times – di Ali Soufan, che è stato agente speciale dell’FBI fino al 2005, e che indagò sull’attentato alla portaerei USS Cole. Il punto di riferimento per i qaedisti nello Yemen si chiama Naser Abdel Karim Al Wahishi, già stretto collaboratore di Bin Laden, responsabile dell’attentato alla Uss Cole, evaso di prigione due anni fa.

La Repubblica si occupa della guerra in Iraq risprendendo le notizie del britannico “News of the world”, secondo cui il prinicpe Carlo tentò di fermare il primo ministro Blair, poiché convinto che quella a Baghdad fosse “un aguerra sbagliata”.

 Mafia

L’ordigno esplosivo davanti al Tribunale di Reggio Calabria è esploso solo in parte, ma era in grado di distruggere l’intera parte anteriore degli uffici del palazzo. Era composta da una bombola di gas con un panetto di tritolo di almeno duecento grammi e un detonatore. La matricola della bombola è stata cancellata per non far risalire al fornitore. Le registrazioni a circuito chiuso mostrano due uomini con scooter, il volto coperto dal casco, agili e capaci di muoversi con determinazione.

Il Corriere della Sera spiega che l’obiettivo della ‘ndrangheta sarebbe la nuova gestione dell’ufficio giudiziario. “Messaggio per ammorbidire i processi e le confische”.

Il Procuratore generale di Reggio Calabra Salvatore Di Landro, in una intervista a La Repubblica, dà l’idea del controllo del territorio in città: “Le cosche tradizionali si spartiscono il territorio con una capillarità impressionante. Qualche giorno fa un mio collaboratore, passando per un viale, è stato in grado di indicarmi l’albero che segna il confine della giurisdizione tra due clan”. “Quando i clan prendono bastonate qualcuno può avere la tentazione di reagire”.

La Stampa intervista il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone che dice: “A me sembra una reazione, irritata e vendicativa, alle straordinarie iniziative messe in campo da tutta la magistratura reggina sul fronte della lotta alla criminalità organizzata. Un modo per cercare di riaffermare una supremazia sul territorio, messa a dura prova dalle attività repressive delle forze di polizia e degli uffici giudiziari”. La mafia calabrese, dice ancora Pignatone, finora “ha preferito evitare il ricorso a fatti eclatanti, puntando di più sul controllo del territorio che le garantisce coesione interna. L’assenza di eccessivo clamore, inoltre, serve ad evitare una repressione forte, come accadde in Sicilia dopo le stragi del 1992-93”.

 Regionali, politica interna.

L’Unità suona al Pd un “Allarme regionali”, perché ci sono “ritardi (oggi il vertice Pd per sciogliere il nodo Puglia. I lettori: basta perdere tempo”), “timori” (“Il centrosinistra rischia in sei regioni. E c’è chi parla di resa dei conti”) e “litigi” (“violento scontro Pd-Idv. Letta: Di Pietro miglior alleato di Berlusconi”). Sulle regionali discute anche il centrodestra: oggi su Il Giornale Daniela Santanché risponde a Vittorio Feltri, che aveva criticato la candidata del Pdl nel Lazio Polverini. “Direttore, ti sbagli. Io, donna di destra, sto con la Polverini”. Risponde Feltri: “Il sesso non c’entra. Il problema è che fa perdere voti”. “Non credo sia un peccato avere opinioni eretiche sui candidati governatori regionali come su qualsiasi altra questione politica”, dice il direttore del quotidiano.

Renata Polverini viene intervistata da La Stampa e parla di quello che molti considerano “fuoco amico” venuto dal direttore de Il Giornale. Ricorda che le candidature le decide Silvio Berlusconi e nessuno convince il leader del Pdl se non è convinto lui stesso della bontà della scelta. Parla poi del possibile sostegno dell’Udc, che deciderà sulle candidature nelle varie regioni dopo l’Epifania, del programma che sta preparando (non sarà di duecento pagine, ma breve e concreto, e interesserà le persone),della necessità di razionalizzare la spesa nella regione Lazio, che ha un buco nella sanità (“non chiederò altri soldi al governo”, l’obiettivo è razionalizzare la spesa), dice che è necessario redistribuire le risorse per il Lazio, regione in cui, cone Roma capitale, non deve più sentirsi un cittadino di serie B.

I giornali registrano anche le nuove polemiche che coinvolgono Italia dei valori e il suo leader Di Pietro, che ieri, commentando la proposta del ministro Brunetta di cambiare l’articolo 1 della Costituzione, ha chiamato in causa anche il discorso di fine anno del Capo dello Stato, e il suo riferimento alla necessità delle riforme. Di Pietro ha accusato “il solito manipolo golpista che vuole stravolgere la Costituzione cavalcando le dichiarazioni del Capo dello Stato, forse incaute, visti gli interlocutori”. E ancora, come riferisce il Corriere della Sera: “il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica ha messo il vento in poppa alla barca dei pirati, che utilizzerà strumentalmente le dichiarazioni di chi rappresenta le istituzioni per distruggere e mortificare le stesse”. Scrive in un commento Paolo Franchi che Di Pietro, non volendo lasciare la scena al collega De Magistris, ha fatto ricorso a un classico del suo repertorio, ovvero l’attacco al Capo dello Stato. Lo stesso quotidiano interpella Luciano Cavalli, sociologo dell’Università di Firenze, secondo cui si tratta di un alotta di potere con De Magistris. Ma la spunterà Di Pietro.

Su La Repubblica: “Riforma, Di Pietro contro Napolitano. Il Pd: ‘E’ un favore a Berlusconi’. Il Pdl: bene Finocchiaro, si può partire dlal bozza Violante”.

Sul dialogo possibile il quotidiano intervista Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, Pdl: “Basta seminatori di odio, con Bersani si può lavorare”.

Sempre su La Repubblica si parla di un possibile rimpasto, che permetterebbe a Daniela Santanché e a Guido Viceconte l’ingresso nel governo come sottosegretari (rispettivamente al Welfare e ai Rapporti con il Parlamento). Si scrive che il Cavaliere tiene alla sua nomina, mentre il presidente della Camera “frena”, perché è in rotta da anni con l’interessata e perché “i berlusconiani hanno già incassato la nomina di Ferruccio Fazio a ministro”, come dice un finano anonimo.

 Economia, welfare.

“Un anno di giochi vale due scudi fiscali”, titola Il Sole 24 Ore: il mercato delle scommesse in Italia è sempre più “una gallina delle uova d’oro”, ha contribuito a finanziare servizi, sanità, scuola e spese impreviste, come quelle dell’Abruzzo. Nell’ultimo anno gli italiani hano speso 53,4 miliardi, tra Lotto, Superenalotto, Bingo, Totocalcio ecc.

Chiara Saraceno su La Repubblica si occupa del governo e della “lotta alla povertà”: le misure messe in campo dall’esecutivo hanno inciso pochissimo sulla condizione di chi si è trovato in gravi difficoltà economiche a causa della crisi, secondo la Saraceno, commentando i dati resi noti dalla Commissione di indagine sull’esclusione sociale.

E poi.

Cinquant’anni fa, il 4 gennaio 1960, moriva Alberto Camus: se ne occupa La Stampa parlando della “scomoda eredità di irregolare” che riesce ancora a dividere la Francia, nei giorni in cui il presidente Sarkozy annuncia di volerno nel Panthéon.

Nadia Urbinati viene intervistata da L’Unità e parla di Iran, fondamentalismo, e della risposta da dare a queste minacce: è proprio ques’ultimo ad avere interesse al ritorno di una politica bushista, ma la multilateralità lo spingerebbe all’angolo. Il mondo islamico non è riconducibile ad una unità granitica e come tutte le tradizioni ha al proprio interno la capacità di sviluppare un discorso critico dei suoi stessi poteri assoluti o dispotici, senza il bisogno di andare alla ricerca di modelli politici, culturali, ideologici stranieri. Sullo Yemen è sperabile che Obama non usi le stesse armi utilizzate da Bush: perché sono fallimentari e perché finirebbero per rivolgersi contro il Presidente stesso e la sua politica.

(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo, Paolo Martini)