La Rassegna Stampa: L’evoluzione di Mirafiori

Pubblicato il 14 Gennaio 2011 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

La Repubblica: “Berlusconi, scudo dimezzato”, “La Consulta boccia in parte la legge: ‘Decida il giudice volta per volta’”. A centro pagina: “Mirafiori, il verdetto delle tute blu”, “Stasera il risultato del referendum. Fiat spera di superare il 60 per cento dei sì. Camusso: Fiom resterà in fabbrica”. Di spalla, la Tunisia: “Ben Ali si piega. Tunisi in piazza, ‘Abbiamo vinto'”.
La Stampa: “Scudo, deciderà il giudice”, “La Consulta: ‘Sarà il tribunale a valutare gli impegni del premier”. In evidenza i titoli sulla direzione del Pd riunitasi ieri: “Il Pd si divide, poi Bersani offre la tregua a Veltroni. Di spalla la Tunisia: “la resa di Ben Ali, ‘Nel 2012 non mi candido'”.
Corriere della Sera: “Legittimo impedimento, valuterà il giudice”, “I paletti della Consulta. Berlusconi: sono sereno, riconosciuto un principio”. Anche qui il referendum a Mirafiori e la Tunisia (“Ben Ali si arrende alla piazza”).
Libero: “Silvio consegnato ai giudici”, “Sgambetto della Consulta”, “Rotto lo scudo, riparte la caccia al Cav. Che replica: ‘Tranquilli, vado avanti e i processi finiranno in nulla’. Adesso c’è un solo modo per uscire dalla trappola: andare al voto al più presto”.
Il Giornale: “Non si va a votare”, “Berlusconi spiazza tutti”, “La Consulta azzoppa il legittimo impedimento e porta i giudici dentro il governo. Ma il premier tira diritto: andrò ai processi, meglio la gogna che danneggiare il Paese”. A centro pagina: “Il Pd è morto. Manca solo l’nnuncio. Veltroni e i suoi non votano la mozione del segretario Bersani e spaccanpo il partito”.
Il Foglio: “Sotto le apparenze, la sentenza della Corte stabilizza il Palazzo”, “La Consulta boccia a metà la legge garantista, ma al Cav. restano margini di manovra tra il Parlamento e le urne”. Sul Pd: Bersani si ritrova senza la fiducia di un bel pezzo di Pd. I veltroniani non votano la relazione del segretario. Motivo? Fiat e primarie”.
Il Fatto: “E’ di nuovo imputato”, “La Corte costituzionale rispedisce Silvio Berlusconi davanti ai giudici dichiarando che il legittimo impedimento studiato per garantire al premier l’impunità è in gran parte illegittimo”. Sul Pd: “Veltroni pronto allo strappo ma anche no. Bersani la spunta. Per ora”, “La direzione Pd si divide su Fiat e alleanze”.
Il Riformista: “‘Della Consulta me ne frego'”, è la didascalia a corredo della foto del premier. “Aria di voto”, per il quotidiano. Di fianco, la foto di Pierluigi Bersani: “Il PD si divide, buona notizia. Aria di voto. Il leader trasform ala direzione in una resa dei conti con la minoranza. Inizia l’operazione premiership”.
L’Unità: “Rientri l’imputato”, “La Consulta ‘svuota’ lo scudo del premier”. In taglio basso: “Pd, sì a Besani su programma e alleanze. Veltroni non vota”.
Il Sole 24 Ore: “Mirafiori sceglie il suo destino”, “Al voto sul piano Marchionne 5.500 lavoratori dell’impianto: risultati in serata”, “Camusoo: qualunque sia l’esito la Cgil tornerà in azienda. Il ministro Sacconi: in caso di vittoria del no rischio di fuga dall’Italia”. Sulla Consulta: “Lo ‘scudo del premier’ bocciato in parte. Il giudice valuterà gli impegni dell’imputato”.

Fiat

“Fuori dalla Fiat la Fiom è senza tabù”, scrive Il Sole 24 Ore dando conto di due contratti siglati dal sindacato in deroga a contratti nazionali (le aziende sono la Embraco di Chieti, dove si possono incrementare fino a 18 i turni con preavviso ridotto ed è intervenuta una norma più stringente sulle assenze per malattia; la Sandretto, che produce macchinari per induzione termoplastica, prevede la “rinuncia ai diritti derivanti dai contratti aziendali” e dagli accordi individuali, e anche al premio di risultato previsto nel contratto nazionale. Anche in questa azienda dunque – commenta un esponente della Fim – “è caduto il tabù del contratto nazionale”. Lo stesso quotidiano si sofferma con due interviste affiancate sulle ragioni del sì e del no di due dipendenti dell’azienda. “Voglio il lavoro, e i diritti restano”, dice l’operaio a favore dell’accordo. “Serve un voto vero, non un ricatto”, dice l’operaia che vota contro.
La Stampa offre un “viaggio nel popolo degli agnostici”, gli operai “silenziosi”, che “forse voterà sì per non per convinzione collettiva, ma per una somma di individuali disperazioni, ansie, patimenti”. Lo stesso quotidiano offre quattro pareri di esperti, da Pietro Ichino a Tiziano Treu, da Michele Tiraboschi ad Innocenzo Cipolletta.
L’Unità si occupa del riflesso della questione Fiat nel Pd: “Battaglia su Mirafiori, Chiamparino se ne va, dovevamo dire sì”. Il sindaco di Torino ha lasciato in anticipo la riunione della Direzione. Scrive il quotidiano che Bersani aveva lanciato un appello “a non affrontare questo problema cose se fossimo delle tifoserie di Milan o Inter”. Ma sulla Fiat il Pd è rimasto diviso, con il segretario criticato dai veltroniani per una posizione che loro dire è “poco decisa”, ma che il leader del partito ha confermato anche nelle conclusioni, affermando che “il caso Fiat è complesso. Non ho mai visto un operaio Fiat che chiede ai politici di pronunciarsi con un sì o con un no”. Nel suo intervento Bersani ha criticato il governo per aver lasciato soli i lavoratori: “Berlusconi avrebbe dovuto farsi spiegare dalla Merkel come ha gestito la crisi dell’auto e della Opel. Anche Obama ha fatto lo stesso, e così Sarkozy.
Concorda Massimo D’Alema: “Un partito non può invadere il campo del confronto sindacale, soprattutto in un momento così delicato, ma Bersani ha fatto bene a sottolinearee che manca una azione della politica”. Nettamente a favore del sì anche Fassino, “per restituire certezza di lavoro a cinquemila dipendenti Fiat e ad altre migliaia dell’indotto. Certo, l’accordo rende più onerose e più aspre le condizioni di lavoro. Per questo dobbiamo chiedere che i diritti fondamentali siano garantiti. Ma se non ci saranno nuovi investimenti, lo stabilimento è destinato a chiudere”.
Il direttore de La Repubblica Ezio Mauro scrive che “il voto e la sfida di Torino non disegneranno un nuovo modello di governance per l’Italia, come sperano coloro che oggi attendono da Marchionne quel che per un quindicennio ha promesso Berlusconi, senza mai mantenere. Soprattutto, non daranno il via né simbolicamente né concretamente, purtroppo, ad una fase generale di crescita per il Paese”. Il significato della partita di Mirafiori è un altro e va chiamato con il suo nome: la ridefinizione, dopo tanti anni, del rapporto tra capitale e lavoro”. Per Mauro, “è stupefacente l’incultura gregaria della sinistra, che ha smarrito il quadrante della modernità e della conservazione e pensa che l’innovazione sia cedere al pensiero dominante, perché non ha una idea propria del lavoro oggi”.
Sullo stesso quotidiano un reportage sugli industriali: “La Torino borghese e l’alieno, ‘Marchionne ultima chance, gli industriali: se passa il no perdiamo sette punti di Pil”. Ma per il quotidiano “la marchionnizzazione della Fiat non ha fatto troppi proseliti convinti nella città ancora orfana di Gianni Agnelli”.  
Sul Sole 24 Ore si descrive “l’evoluzione di Mirafiori”, ovvero “la lunga via dal fordismo ai robot”, “dentro lo stabilmento la trasformazione sociale e tecnologica del sistema produttivo”. Ogni lavoratore operava su un singolo pesso, camminando a passo lento per seguire il flusso. Poi l’era dell’automazione. E il taylorismo: lo storico Giuseppe Berta dice che il sistema nel suo schema puro fu introdotto da Valletta negli anni 50 con la produzione dela 600.
Il Giornale dedica una pagina “culturale” ai romanzi ambientati in fabbrica, fino al recente e fortunato “Acciaio” di Silvia Avallone.

Esteri

Sulla situazione in Medio Oriente segnaliamo una lunga analisi del Corriere, all’indomani della decisione di Hezbollah di ritirare i ministri dal governo Hariri in Libano: “L’incubo di una nuova guerra civile fa tremare Beirut e il Medio Oriente”.
Sulla Tunisia la corrispondenza de Il Sole 24 Ore racconta che la moglie del presidente Ben Ali insieme al genero si trovano già all’estero. Insomma, “trema il clan del Presidente”. Nel Paese una holding senza rivali, costituita da uno stuolo di parenti si spartisce da due decenni i business più importanti: industria, media, turismo, banche, compagnie aeree”.
Il Corriere della Sera parla di “dissidi tra i clan al potere” che sarebbero all’origine della svolta di Ben Ali  di cedere alla piazza: i generali rimasti a guardare sarebbero i “motori” di un “golpe morbido”. L’esercito ha lasciato alla polizia le azioni violente.

E poi

Su La Repubblica viene proposto ai lettori un intervento integrala del Presidente Usa Obama nell’inserto R2 dedicato a “il complotto”, ovvero “la teoria della cospirazione” che per decenni ha ossessionato la sinistra americana e che ora, dopo la strage di Tucson, ha contagiato anche la destra. Obama ha invitato gli americani a immettere “più civiltà nel dibattito politico”, “dopo la tragedia dobbiamo riflettere. Basta accuse, impariamo a rispettarci”.
Su La Stampa viene offerto un articolo di Maurizio Molinari che rende noti gli appunti autografi di Kennedy per un discorso che pronunciò in occasione del centeneraio dell’unità d’Italia. “Siamo tutti figli della vostra civiltà”. “Il discorso che JFK pronunciò al Dipartimento di Stato in omaggio al centenario dell’unità”.

(Fonte: La Rassegna italiana di Caffè Europa, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)