La Rassegna Stampa: Economia, i dati positivi sulla congiuntura globale ridanno fiducia ai mercati

Pubblicato il 2 Settembre 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

La Repubblica: “Processo breve, lo stop del Colle. Napolitano: ‘Vi ricordate come finì la legge sulle intercettazioni?’. Il premier: decisivo ciò che dirà Fini a Mirabello. I finiani: ‘Squadristi della libertà contro di noi’. Letta fischiato a Venezia”. A centro pagina: “Netanyahu: Abu Mazen è il mio partner per la pace'”. A centro pagina anche un titolo sull’andamento del mercato automobilistico: “Auto, crollano le vendite, mai così in basso da 17 anni”.

Il Corriere della Sera: “Giustizia, Napolitano frena. Il presidente e il processo breve: la politica si occupi di economia.  ‘Sapete dirmi dove è finito il ddl sulle intercettazioni?”.  E poi: “Nuovo scontro nel Pdl”. A centro pagina: “Migliora il fabbisogno. Auto, crollo nelle vendite: mai così male da 17 anni”. In evidenza anche il via ai colloqui di Washington tra israeliani e palestinesi: “La grande occasione di Israele e palestinesi”. A fondo pagina Gian Antonio Stella si occupa del presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Ballaman della Lega Nord, sui cui viaggi in auto blu ha realizzato una inchiesta un quotidiano regionale. “In vacanza e alla partita con l’auto blu”.

La Stampa: “Crisi, appello di Napolitano”. “E sul processo breve: ‘Ricordate come è finito il ddl intercettazioni?'” “Il Capo dello Stato a Venezia: ‘Concentrarsi sull’economia’. E Giustizia, pronta la lettera di Berlusconi all’UE”. In prima un richiamo sull’incontro di Washington: “Entro un anno una intesa di pace in Medio Oriente”, “Obama: per Israele e palestinesi una opportunità imperdibile”. Poi la foto da Venezia, festa del cinema: “Sul tappeto rosso la protesta dei poliziotti”. Dell’inaugurazione definita “politica” alla Mostra del cinema si dice: “Ovazione a Napolitano, fischi a Letta”.

Il Riformista dedica l’apertura all’attesa del discorso che Fini terrà a Mirabello: “Senza tregua”, “aspettando Mirabello nel Pdl ci si spara addosso”. E si spiega: “Il premier frena i suoi in attesa del discorso di Fini. Ma il capo dello Stato gela le norme ad personam: ‘ricordate come è finita la legge sulle intercettazioni?'”. Anche in prima pagina, la mostra di Venezia, ovazione a Napolitano e fischi per Letta. In prima anche un richiamo all’articolo che riguarda la candidatura preannunciata di Stefano Boeri alla carica di sindaco di Milano, indipendente alle primarie del centrosinistra: “Los Boeros, la famiglia che scala la sinistra”. Stefano, architetto, è il fratello di Tito, economista. A centro pagina anche l’arrivo a Roma della mobilitazione contro il regime iraniano: “La finta esecuzione di Sakineh”. Sabato scorso, infatti, le hanno preannunciato l’impiccagione per il giorno seguente, all’alba.

Il Foglio apre con un titolo che riguarda l’editoria: “Segnali che smentiscono il declino della stampa (e i suoi profeti), i numeri di Bertelsmann, le previsioni di Time, e le ambizioni di Bolloré. Parlano esperti e manager” (fra cui Vittorio Sabadin, Michele Boroni e Franco Tatò). Si racconta che “in Francia il mondo cambia pelle, Libération e Figaro crescono, e si affaccia un inedito Foglio” francese. Poi “la lezione di Rupert” Murdoch, in cui si racconta il modello Wall Street Journal e le evoluzioni in stile Ipad, ovvero come Murdoch “combatte il declino dei giornali”. La politica internazionale in prima pagina è dedicata alle voci di rimpasto a Parigi e alla lotta dentro il partito Ump di Sarkozy: “Scandali, finanziaria, pensioni ed espulsioni di rom: nei prossimi 4 mesi si decidono le presidenziali del 2012”.  

Libero si occupa del “pianto di Fini”: il presidente della Camera è raffigurato nella vignetta di Benny nelle vesti di un soldato malconcio che sventola bandiera bianca, sotto il titolo “Cessate il fuoco”. “Da giorni Gianfranco manda a dire che se le campagne contro di lui smettessero sarebbe disponibile a votare le leggi di Berlusconi. Chiudere la bocca alla stampa sarà possibile. Ma non ai lettori”.
A centro pagina: “Gli appalti della cricca alla Camera”. Si scrive che imprenditori considerati membri della “cricca” avrebbero sottoposto al presidente della Camera la lista degli appalti, un elenco di tutti i bandi con i lavori sul G8 e sull’anniversario dell’Unità di Italia. La segretaria di Fini avrebbe sbloccato un pagamento che li riguardava.

Il Giornale: “Fini litiga anche sui pullman. I suoi uomini accusano la Brambilla di organizzare proteste ‘squadriste’ alla festa di Mirabello. Forse temono fischi. E hanno la coda di paglia’. ‘Promemoria di Gianfranco: le domande a cui rispondere sulla casa di Montecarlo”. Nella vignetta di Forattini una Brambilla in abiti succinti lancia una scarpa tacco a spillo al Presidente Fini.

Il Sole 24 Ore: “Le Borse alla riscossa. A sorpresa accelera l’attività industriale in Usa e Cina. I dati positivi sulla congiuntura globale ridanno fiducia ai mercati: Wall Street + 2,9 per cento, Milano +3,2 per cento”. Sotto la testata la foto del Presidente della Repubblica in borsalino estivo: “Napolitano: economia la priorità. Giustizia? Come le intercettazioni”.

Il Fatto quotidiano: “Schifani e lo strano cliente. Passera, la banca e l’hotel. Un accusato di riciclaggio imbarazza il Presidente del Senato. Il conflitto di interessi del numero uno di Banca Intesa”. Scrive il quotidiano che senza dire di essere azionista di un hotel, Passera avrebbe votato il prestito ad un imprenditore che doveva acquistarlo.  

Blair

E’ uscito ieri nelle librerie l’autobiografia di Tony Blair, in contemporanea in sei Paesi, inclusi Regno Unito ed Italia. In GB mancava proprio lui, impegnato nei negoziati sul Medio Oriente di Washington. La notizia si ritrova sulle prime pagine di gran parte dei quotidiani, ma ognuno la legge a modo suo. La Repubblica: “I ricordi di Blair. Per la guerra avevo anche iniziato a bere”. “L’autobiografia: ‘Brown un disastro, ammiro Berlusconi, ci aiutò per i Giochi”.
Sul Sole 24 Ore: “Sull’Iraq la storia mi assolverà”. Il Giornale: “Silvio uomo del fare, ecco perché lo ammiro”. Su La Stampa, una foto di Lady D: “Blair: ‘Diana manipolatrice come me'”. “Nelle memorie del leader i rapporti con Lady D. Le Olimpiadi a Londra? Grazie a Berlusconi”. Il Riformista ha in prima pagina un editoriale del direttore Polito: “Obama ricomincia da dove Blair non partì mai”. Dove si evidenziano i temi relativi a Iraq e Palestina, e la frase dell’ex premier britannico: “Pensano davvero che non mi importi? Che io non abbia sentimenti. Che io non rimpianga con ogni fibra del mio essere la morte di quelle persone?”. Polito racconta la furia con cui la stampa britannica si è lanciata contro Blair in occasione dell’uscita del libro: “E’ senza precedenti, e ha mosso a pietà persino il Financial Times“. Il giornale della city, mai tenero con l’ex premier, in un recente articolo si è chiesto se tra venti anni (un po’ come accadde alla Thatcher, anche lei uscita di scena tra urla e monetine) l’età di Blair non sarà invece ricordata per quello che è stata, un’era di benessere, ottimismo, dinamismo, per la Gran Bretagna e “aggiungiamo noi, per la sinistra europea”. Però c’è di mezzo l’Iraq, su cui la ricostruzione di Blair appare poco convincente sul tema delle armi di distruzione di massa. La verità è che all’Onu il casus belli fu costruito su informazioni poi rivelatesi così ingenuamente false da dubitare che possano essere state deliberatamente falsificate. Ma è sul cantiere della pace israelo-palestinese la vera sconfitta incassata in Iraq da Blair: quando spiegò al suo popolo e ai progressisti europei la guerra in Iraq, la giustificò anche come il modo per riaprire il capitolo palestinese: “Si liberava il Medio Oriente di un pericolo e di un dittatore, e di conseguenza sarebbe stato più agevole convincere Israele ad avviarsi sulla via della pace”. A Bush però l’argomento non interessava, in ben due vertici disse di no a Blair, la seconda gamba della operazione pace in Medio Oriente, e cioé la Palestina, non fu mai messa in piedi dalla Casa Bianca. Di qui riparte Obama, che chiude la guerra dell’Iraq e prova a scrivere la sua storia sulla Palestina. Sul Riformista anche una untervista all’ex ministro dell’Interno laburista Lord Reid, secondo cui il libro di Blair indica il futuro del partito, e dice che se rimarrà fedele al New Labour, il partito tornerà a governare. Il quotidiano racconta anche come – dopo tre anni di silenzio – l’ex premier incoroni come suo erede David Miliband, criticando il suo successore Brown (ci ha condannato alla sconfitta).
La Repubblica intervista Alastair Campbell, che di Blair fu direttore delle comunicazioni. Dice: “E’ stato un vincente, è rimasto al potere più a lungo di ogni altro leader laburista, ha governato in un decennio di crescita e prosperità. Molti pretendono che l’Iraq sia la sua sola eredità, ma dimenticano la pace in Irlanda del Nord e molto altro. Insomma, la storia lo giudicherà meglio dei suoi contemporanei”.
Sul Corriere della Sera: “Blair si confessa: ‘Ho pianto per l’Iraq’. L’ex premier sottolinea che come cancelliere dello scacchiere Brown fu “il migliore possibile”, ma gli subentrò in una staffetta tra accuse di complotto e tradimento: “Gordon è un tipo strano, forte capace e brillante… Ma anche difficile, a tratti esasperante. Calcolo politico, sì. Sentimento politico, no. Intelligenza analitica, assolutamente. Intelligenza emotiva, zero. Era chiaro che sarebbe stato un disastro”.
Andrea Romano, che a Blair dedicò un libro molti anni fa, firma sul Sole 24 Ore una analisi che compare sotto il titolo “Pensando ai Duran Duran”. “Ha trasformato l’idea di sinistra in Occidente, ha interpretetato le domande di sicurezza, mobilità sociale e benessere dei cittadini. Uomo di scelte dure e drastiche”.
Il Foglio si occupa dello stesso argomento con un articolo che compare sotto il titolo: “Leggere il ‘viaggio’ di Blair con Andrea Romano. Bugie ed emozioni di un vero leader”.

Napolitano

Il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda ha seguito il Presidente anche a Venezia, riferisce delle sue parole sulla ripresa possibile dell’economia. Napolitano: “Ci si dovrà concentrare per forza su questi temi. Infatti, anche se è stata approvata la manovra anticrisi, ora tocca alla Finanziaria. Lo stesso quirinalista riferisce del “rifiuto di essere coinvolto in trattative ‘improprie'” del capo dello Stato. Così viene letta la notazione di Napolitano “qualcuno sa dirmi che fine ha fatto la legge sulle intercettazioni?”. A questo interrogativo retorico è affidata la replica all’ipotesi, rilanciata da alcune indiscrezioni, di negoziati in corso tra Quirinale e governo sul processo breve. Una replica “scopertamente infastidita”, secondo il Corriere; “di chi non accetta, ora come ai tempi del vecchio  e contestatissimo provvedimento poi scomparso dai programmi di palazzo Chigi, di essere coinvolto in trattative per costruire una copertura (stavolta la più salda possibile, nell’ipotesi di una bocciatura del legittimo impedimento da parte della Consulta in dicembre) allo scudo anti-tribunali che il premier vuole ottenere ad ogni costo dalla sua maggioranza”. Significa che il Capo dello Stato non intende garantire avalli preventivi o offrire consigli giuridici per un lavoro di rimodulazione dei nodi critici di una legge che rischia di cancellare migliaia di procedimenti trasformandosi in una obliqua amnistia. Non vuole e non può farlo”.
Oggi peraltro il ministro della giustizia Alfano salirà al Colle per quello che Il Sole definisce un “faccia a faccia sulla giustizia”. Secondo il quotidano, il capo dello stato vuole capire qual è e se c’è il progetto del governo per risanare il sistema giustizia, e come mai vengano oggi riesumati i vecchi scudi che rischiano di trasformarsi in scudisciate al sistema giudiziario. Nel Pdl si vocifera anche di un “piano C”, secondo Il Sole: una legge bis sul legittimo impedimento (attualmente al vaglio della Corte Costituzionale) che modifichi in parte la precedente, costringendo la Consulta a restituire le carte ai giudici di Milano.  
Il Corriere dice che Alfano incontrerà Napolitano per prospettare modifiche al processo breve e i tempi di prescrizione dei processi.

Pdl

Il sindaco di Roma Alemanno, intervistato dal Corriere della Sera, invita a sospendere le espulsioni dei finiani, ma a questi chiede che smettano il controcanto al governo. Alemanno invita quindi a fermare i probiviri, ma allo stesso tempo ammonisce: “O si ricompone la maggioranza o è crisi, e Futuro e libertà sarà fuori dal centrodestra”. “Tanto di cappello alla Lega, mediando mostra consistenza politica”.
Libero intervista invece Teodoro Buontempo, ex An oggi con La Destra di Storace che, per restare al capitolo Montecarlo-Tulliani, dice: “A Gianfranco vorrei chiedere solo una cosa: dove sono i beni avuti dal Msi, che uso ne è stato fatto”, racconta di un appartamento intestato al partito da parte di una seguace di Almirante, di cui si sono perse le tracce.
Pino Rauti, intervistato da Il Foglio, dice che da Fiuggi in poi il vero leader dei missini è il Cav. Per Rauti resta sbagliata la strada di Fiuggi: “Non mi pare che Fini si stia rifacendo alla tradizione della destra, neanche missina”, “non fa altro che riaffermare la sua antica vocazione allo sfascio”.

Medio Oriente

La Repubblica parla di una “intervista shock” del ministro della difesa israeliano, il laburista Ehud Barak, riguardante il futuro assetto di Gerusalemme est nel contesto di un accordo di pace definitivo. Al quotidiano Haaretz ha spiegato che Gerusalemme ovest deve rimanere ebraica, e Gerusalemme est deve andare all’Anp, attraverso una divisione su base demografica. Più precisamente: 12 rioni ebraici, dove oggi abitano 200 mila israeliani, dovranno essere inclusi nel territorio israeliano in via definitiva, mentre i rioni arabi di Gerusalemme est, dove abitano 250 mila persone, passerebbero al futuro stato palestinese. Per la città vecchia, dove si trovano anche i luoghi santi cristiani e islamici, dovrebbe essere messo a punto un regime particolare.
La Stampa scrive che l’intervista di Barak potrebbe essere un ballon d’essai. Anche perché sono state offerte varie letture della reazione del Likud. Ci sarebbero due correnti di pensiero. La prima si basa sulla teoria del “balagan”, ossia della disorganizzazione endemica anche ai vertici di governo. Se il ministro degli esteri Lieberman non crede nelle trattative di pace, ma resta al suo posto, si può immaginare che anche Barak possa lavorare alla spartizione di Gerusalemme, malgrado la contrarietà del premier. La seconda teoria è quella “machiavellica”, e ipotizza che Barak sia stato mandato avanti da Netanyahu. A rafforzare questa seconda ipotesi il fatto che alcuni giorni fa il premier ha inviato in missione segreta BArak in Giordania, dove ha incontrato Abdallah e Abu MAzen. Il che significa che il premier ha totale fiducia in lui. Si nota altresì che Netanyahu non ha commentato in alcun modo l’intervista di Barak ad Haaretz.
Il Corriere della Sera: “La proposta di Barak su Gerusalemme divisa spacca lo stato ebraico”.

E poi

Il Corriere della Sera racconta “la rincorsa di Obama alla ‘America di mezzo’. Il presidente insegue il fantasma di un ceto medio che non c’è più, poiché si tratta di una classe indebolita da trent’anni di polarizzazione del reddito”.
La Repubblica: “Moschee, da Ground Zero a Sant’Agabio, così l’Islam lotta per i minareti”. “La nuova via italiana alla Mecca passa da Novara, dove ha aperto la più grande sala di culto, approvata dalla Lega. I musulmani si sono arricchiti e ora chiedono spazi di preghiera sicuri e condivisi. Ecco la mappa delle soluzioni”. Il decalogo voluto dal sindaco di Novara prevede che non si preghi in arabo.
Sullo stesso quotidiano, pagine R2 de La Repubblica dedicate ai tea party, e all’icona Sarah Palin.
Il Foglio dedica una intera pagina alla “leggenda del grande cucitore”. Che poi sarebbe il premier palestinese Salam Fayyad, di cui si illustra la dottrina per dare ai palestinesi lo stato e il boom, senza vittimismi (e senza Hamas, che ora lo vuole morto). La presenza di Fayyad al governo è quasi una presenza fondamentale per l’arrivo di aiuti internazionali.
La Stampa ha un reportage dal Burkina Faso assediato dagli islamisti, dove la popolazione locale tenta di resistere: “Siamo l’Africa dei Sufi, Al Qaeda non passerà”.

(fonte RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)