Riforma previdenziale: ecco che cosa cambia

Pubblicato il 6 Dicembre 2011 in , da redazione grey-panthers

Dal 2012 pensione di anzianità solo con 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne. Sale già dal 2012 da 60 a 62 anni l’età per la rendita di vecchiaia per le donne lavoratrici del settore privato. Nel 2013 il requisito sale a 42 e 2 mesi, per attestarsi a 42 e 3 mesi a partire dal 2014 (per le donne rispettivamente 41 e 2 mesi, 41 e 3 mesi). Verranno introdotti disincentivi per chi chiede la pensione di anzianità prima dei limiti anagrafici previsti per la vecchiaia (l’assegno verrà corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari al 2% per ogni anno di anticipo). Sì al contributivo pro-rata per tutti dall’anno prossimo: si tratta di una misura che accelera quanto previsto dalla riforma Dini del 1995, dalla quale restarono esclusi coloro che avevano, a quella data, più di 18 anni di servizio e che mantennero il vantaggioso metodo di calcolo retributivo (2% dello stipendio per ogni anno di lavoro). Dal 2012 i versamenti di questi lavoratori saranno calcolati col meno vantaggioso metodo contributivo. Il sistema tiene conto di quanto effettivamente versato e della speranza di vita media al momento del pensionamento, come succede per tutti quelli che hanno cominciato a lavorare dopo il ’95 e per coloro che a quella data avevano meno di 18 anni, i cui versamenti dal ’96 in poi vengono appunto calcolati con il sistema contributivo. Il meccanismo pro-rata riguarderà la sola contribuzione versata dopo il 31 dicembre 2011. Una novità che incide in maniera modesta sul calcolo della pensione finale, ma soprattutto che riguarderà solo una minoranza dei lavoratori più anziani (la maggioranza di coloro che aveva più di 18 anni di contributi nel ’95 è già andata in pensione).

La lenta equiparazione dell’età pensionabile delle donne con i 65 anni degli uomini e poi con i 66 anni per tutti è stata accelerata: dal 1° gennaio 2012, infatti, l’età sale a 62 anni. Il limite sarà ulteriormente elevato a 64 anni nel 2014. I 64 anni diverranno poi 65 nel 2016 per attestarsi a 66 nel 2018. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è di 3 anni e 6 mesi (l’età sale a da 60 a 63 anni e mezzo). Il resto del percorso, sino al traguardo dei 66 anni nel 2018, è lo stesso di quello delle dipendenti. Per gli uomini il limite sale a 66 anni dal 2012 perché già incorpora la finestra.

All’innalzamento dell’età viene affiancata anche una certa flessibilità nell’uscita dal lavoro. Dall’età di 62 anni ai  70 vige il pensionamento flessibile, con applicazione dei relativi coefficienti di trasformazione del capitale accumulato con il metodo contributivo (che oggi arriva al massimo a 65 anni) calcolati fino a 70 anni. Per gli uomini (e per le dipendenti pubbliche), la fascia di flessibilità è compresa tra 66 o 66,5 (età minima, oggi prevista per il pensionamento di vecchiaia) e 70 anni.

Le nuove regole sulle pensioni non trovano applicazione nei confronti dei soggetti, entro il limite di 50 mila unità, che maturano i requisiti (di oggi) entro il 31 dicembre 2011 e i lavoratori in mobilità, alla data del 31 ottobre 2011, e quelli interessati ai cosiddetti piani di esubero (banche e assicurazioni, ecc.), anche se raggiungono i requisiti dopo la fine dell’anno in corso. Restano fuori anche gli ex lavoratori che sono stati autorizzati ai versamenti volontari entro il 31 ottobre 2011.

Sarà bloccato nel 2012 e 2013 l’adeguamento annuale delle pensioni all’inflazione, salvaguardando solo gli assegni fino a 936 euro. È uno dei punti più avversati dalle organizzazioni sindacali.

(Da: Il Corriere della Sera)