Russia, Putin presidente

Pubblicato il 5 Marzo 2012 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Repubblica: “Putin vince la Russia è ancora sua. Terza volta al Cremlino con il 65 per cento dei voti. Ma l’opposizione cresce. Alla festa si commuove e piange. ‘Il mio successo è onesto’. Gli avversari attaccano: elezoni non libere. Mosca blindata per il timore delle proteste”. A centro pagina: “Ecco il piano per la pace con i no Tav. Elaborato a Palazzo Chigi, prevede sgravi fiscali per i Comuni e posti di lavoro. Quirinale, nessun incontro tra Napolitano e i sindaci anti-cantiere”.

Il Corriere della Sera: “Putin si riprende il Cremlino. Appena eletto piange. L’opposizione accusa: brogli. Vince al primo turno con oltre il 60 per cento: è presidente della Russia per la terza volta”. A centro pagina: “L’addio a Dalla e il tabù infranto”, che sarebbe quello della omosessualità. “Tocca a Lucia Annunziata infrangere il tabù”, scrive il quotidiano nelle pagine interne: i funerali di Dalla sono “uno degli esempi più forti di quello che significa essere gay in Italia: vai in chiesa, ti concedono i funerali e ti seppelliscono con il rito cattolico, basta che non dici di essere gay”.

La Stampa: “Il trionfo annunciato di Putin. ‘Una vittoria onesta’, e si commuove. Brogli e centinaia di denunce. Il Presidente: oltre il 60 per cento, garantita la permanenza al Cremlino per altri 6 anni. L’opposizione: elezioni irregolari”. A centro pagina: “Don Ciotti ai no Tav: vanno isolati i violenti”. In evidenza in prima pagina anche una intervista a Michele Vietti, vicepresidente del csm: “Serve una legge anti-corruzione”.

Il Giornale: “Zittiamo i no Tav. Il loro leader: ‘Polizia nazista’. Facciamo sentire da che parte sta il Paese reale. E ‘La Zanzara’ (minacciata) svelga la lettera della verità sulla protesta”. La lettera è quella, anonima, di una “cittadina di Bussoleno” che dichiara di essere “la parte silenziosa della valle”, quella favorevole alla Tav.

Tav

Intervistato da La Stampa, don Luigi Ciotti, firmatatorio di un appello per la “riapertura del dialogo” sulla Tav, condanna i violenti: “Mi sono sempre ispirato a un maestro della nonviolenza come Danilo Dolci. Bisogna isolare le frange dei violenti, di quelli che non sanno nemmeno cosa sia la Tav”. Cosa pensa degli insulti a Caselli, delle scritte ‘Caselli boia’?. Don Ciotti ricorda di conoscere il Procuratore di Torino da 40 anni, dice che è “un uomo generoso e coraggioso”. E cosa pensa della sua inchiesta che ha portato in carcere 26 persone per le violenze alle manifestazioni no Tav? “La magistratura deve intervenire quando rileva comportamenti criminosi”, “conosco l’integrità morale e lo scrupolo professionale di Caselli, lui applica le leggi, se c’è un dato deve cercare la verità. E’ stato chiaro fin dall’inizio nel dire che non ha mai voluto colpire il movimento”. Degli insulti ai poliziotti: “Intollerabili. Mi sento vicino agli uomini e alle donne delle forze di polizia”. Tuttavia don Ciotti invita al dialogo, perchè ci sono “tante persone integre e generose” nella val di Susa. E ancora: “Io non dico che la tav non deve essere fatta”, ma è “sul modo e sui tempi che si può discutere”.
Il Corriere della Sera intervista Luciano Violante: “La legalità va difesa. Non basta esprimere solidarietà a Giancarlo Caselli”, “non si può avere un atteggiamento compassionevole verso i violenti come se difendessero una nobile causa”. Sulla posizione del Pd: “Abbiamo smesso da tempo di essere una Chiesa, si discute di tutto e si hanno posizioni diverse, ma poi la decisione è una. Non si può nutrire la minima indulgenza”.  Dice anche che “il consenso va cercato all’inizio”, come accadde a Genova per il nodo autostradale della Gronda, il cui tracciato è cambiato, ma “se si deve fare o no una Grande Opera non lo possono decidere i cittadini, dico per dire, di Bussoleno”, perché riguarda anche molti altri, in questo caso da Kiev alla Spagna.

Riforme

I quotidiani riferiscono ampiamente della bozza che avrebbero messo a punto, sul fronte delle riforme istituzionali, cinque esperti incaricati dai partiti che appoggiano il governo Monti e che potrebbe essere discussa prima del voto amministrativo. I cinque sono Gaetano Quagliariello (Pdl), Luciano Violante (Pd), Ferdinando Adornato (Udc), Italo Bocchino (Fli) e Pino Pisicchio (Api). Il Corriere riassume: “Più poteri al premier e meno parlamentari. Pronta la riforma”. Meno parlamentari significa 508 a Montecitorio, 254 a Palazzo Madama, la fine del bicameralismo paritario, il rafforzamento dei poteri del capo del governo, che potrà nominare e revocare i ministri e chiedere lo scioglimento anticipato del Parlamento, l’introduzione della sfiducia costruttiva, l’elettorato passivo a 21 anni per la Camera e a 35 per il Senato, e la corsia preferenziale per i disegni di legge dell’esecutivo in tempi ridotti.
Sul fronte della riforma elettorale, il Corriere parla di un “patto” Pdl-Pd-Terzo Polo sul sistema tedesco e lo dà praticamente per fatto. Sbarramento al cinque per cento, con correttivi spagnoli: si torna quindi al proporzionale e scompare il premio di maggioranza, che consentirà ai partiti più grandi di potersi presentare da soli senza essere vincolati a una coalizione: addio foto di Vasto per il Pd, addio Lega per il Pdl, chiosa il quotidiano. Ma le forze politiche che supereranno l’11 per cento avranno un bonus, ossia otterranno più seggi, di quanti ne dovrebbero prendere basandosi sui voti. Chi invece si attesterà tra il 5 e l’11 per cento verrà penalizzato, avrà un numero minore di seggi rispetto ai consensi. E’, ovviamente, una riforma che favorisce i due partiti maggiori e finora Casini è apparso molto perplesso: ma adesso si è convinto, perché è intenzionato a lanciare un’Opa sul centrodestra.
Sul fronte Pd, veltroniani così come Bersani e D’Alema, favorevoli, poiché, di fatto, viene potenziata l’idea del Pd a vocazione maggioritaria. E a Bersani, poiché ogni grande forza politica potrà presentarsi da sola e quindi candidare a premier il proprio leader, consentirà di lavorare per la premiership.
Anche su La Repubblica: “Più poteri al capo del governo, deputati e senatori tagliati del 20 per cento e addio a bicameralismo perfetto”. Il Senato federale non c’è. Grande enfasi sulle riforme istituzionali (dalla sfiducia costruttiva ai compiti divisi per i due rami del Parlamento, al rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio); mentre sul fronte della legge elettorale, il quotidiano scrive che della sua modifica i partiti dovrebbero occuparsi in autunno, alla luce dei risultati elettorali di maggio. Il voto, infatti, “dovrebbe essere una sorta di verifica dei reali rapporti di forza tra le forze politiche, e potrebbe sciogliere il nodo delle alleanze sulla base dei numeri reali”.
La Stampa scrive che nell’intenzione ottimista degli estensori delle riforme costituzionali, una prima lettura dovrebbe concludersi entro giugno, tenendo conto della doppia lettura sia alla Camera che al Senato da affrontare. Per poi aprire la nuova e delicata partita della riforma elettorale dopo le amministrative. E anche uno dei politiche che siede al tavolo delle riforme minimizza: c’è già un accordo di massima sul sistema tedesco.  La Stampa intervista il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi, che dice: “Se la prospettiva è un proporzionale senza alleanze chiare e senza indicazione del premier, noi non siamo d’accordo”. Del resto, per Donadi, l’ampliamento dei poteri al premier, previsto dalle riforme  costituzionali, è strettamente connesso al modello elettorale. Il quotidiano intervista anche uno dei cinque politici che si stanno occupando delle riforme istituzionali, Pino Pisicchio: un premier forte in un sistema proporzionale è un utile temperamento”, dice.

Primarie Pd

Il Corriere della Sera ricorda che Palermo si era vista di nuovo l’alleanza virtuale di Vasto, nel sostegno espresso alla candidata Rita Borsellino. La candidata ufficiale era sfidata da un “rottamatore” renziano, Davide Faraone, e da candidato espressione di quella parte del Pd non ostile al governatore Raffaele Lombardo, Fabrizio Ferrandelli, di provenienza Idv. Ed è stato, a quanto pare, Ferrandelli a spuntarla: “Il simbolo dell’antimafia non sfonda”, scrive La Repubblica in riferimento alla Borsellino. Il quotidiano parla di un “boom” di votanti, poiché in trentamila si sono recati alle urne, ma la Borsellino denuncia brogli, anche perché pare abbia perso per un soffio, ovvero con uno scarto tra i 100 e i 150 voti. E’ una vittoria per il candidato voluto dai “dissidenti” del Pd che appoggiano il governo Lombardo alla Regione. Quelli che il quotidiano definisce i “cacicchi siciliani”, Antonello Cracolici e Beppe Lumia, in rotta con l’altro tronco dell’establishment ed alleati di Raffaele Lombardo, sono stati importanti, così come importante è stato il voto degli immigrati, africani e indiani soprattutto, organizzati dalle cooperative sociali “a loro volta organizzate prevalentemente da Ferrandelli”. Invece, per restare ancora alle primarie ma spostandoci all’Aquila, il sindaco Pd Cialente – come scrive il Corriere della Sera – “resiste all’attacco di Sel”: dei 4959 cittadini che hanno partecipato al voto in una città ancora profondamente segnata dal sisma, una larga maggioranza (circa il 70 per cento) lo ha preferito a Vittorio Festuccia, candidato di Sel con l’appoggio esterno di Rifondazione. In favore di Cialente si era espresso fortemente il Pd, il sindaco è riuscito a superare anche le polemiche per la ricostruzione a rilento.

Russia

La corrispondenza de La Stampa ricorda come fosse prevedibile la conferma di Putin alla presidenza della Russia: “Molto meno prevedibile è però quello che accadrà adesso, visto che dopo un decennio di apatia politica negli ultimi tre mesi nel Paese sono cambiate molte cose. Oggi si terrà a Mosca un raduno di massa, autorizzato. Ma un piccolo gruppo di oppositori irriducibili ha deciso di tenere una manifestazione separata e non autorizzata. Putin avrebbe vinto con il 63,75 per cento dei voti.
Secondo, il leader comunista Ghennadi Ziuganov (17,19%), seguito dall’oligarca Mikhail Prokhorov (7,8%). Quarto il leader ultranazionalista Vladimir Zhirinovski (6,2%). Ultimo il capo del partito Russia Giusta Serghiei Mironov (3,8%). L’affluenza é stata del 65,3%.
Alexej Navalnyj, il più famoso blogger anticorruzione, diventato l’icona del movimento di protesta, ha già annunciato che non riconoscerà il risultato dello scrutinio e che gli attivisti potrebbero fare una tendopoli in piazza. Che tipo di presidente sarà il Putin-3? Più autoritario o più liberale? Introdurrà riforme? Significherebbe innanzitutto la reintroduzione delle elezioni regionali dei governatori, da lui abolite nel 2004; l’ammissione dei veri partiti dell’opposizione a registrarsi e correre per il Parlamento; maggior libertà di stampa, soprattutto nella tv, strettamente controllata dal Cremlino. Il problema è che ci si interroga se sia lui l’uomo giusto per riformare il sistema da lui stesso creato. Tanto più che il suo tallone di Achille è la corruzione che, dal Cremlino in giù, ha inquinato la società a tutti i livelli, coinvolgendo nel potere alcuni dei più stretti amici e alleati di Putin, ora divenuti miliardari. Quanto ai brogli, sono “centinaia le denunce”, con osservatori che sono stati bloccati, pacchi di schede già pronti ed elettori fantasma. Putin aveva stabilito che ci sarebbero state 180 mila webcam per inquadrare le urne, ma il quotidiano sottolinea come gran parte delle truffe si svolga nelle commissioni regionali e non nei seggi. Anche il comunista Zyuganov, che ha ottenuto il 17.2 per cento, denuncia il voto come illegittimo.
La Repubblica: “Uno zar dimezzato al Cremlino, è finita la stagione dei miracoli”. Perché a Mosca c’è ormai l’avanguardia di una classe media che non ha paura: per quanto si tratti di un numero ridotto di persone, raggiungerebbero comunque il 24 per cento della popolazione. E il 70 per cento di essi è diplomato o laureato. Scrive Sandro Viola che la Russia di cui Putin diventa per la terza volta presidente non è la stessa dei suoi esordi nel 2000, anni in cui la Russia era nel caos, operai e impiegati non ricevevano per mesi i loro salari, era una Russia povera che poi, con Putin, si fece man mano meno povera e, nelle grandi città, “quasi prospera”. Ma aspettarsi una improvvisa e spettacolare conversione del regime e del suo capo sarebbe ingenuo. Sullo stesso quotidiano, una analisi di Bernard Guetta sottolinea che l’opposizione “non vuole svenarsi in una lunga e vana contestazione delle presidenziali”. Sa che, al di là delle frodi, Putin ha una sua base nelle campagne, così come nelle città industriali colpite dai fallimenti, in quella Russia dove la miseria è tanto grande che non si vuole rischiare di aggravarla ulterioremente con una crisi politica. L’opposizione cercherà di imporre a Putin un compromesso: sui governatori delle regioni affinchè siano eletti e non nominati, sulla effettiva creazione di partiti politici e sulla possibilità che i partiti stessi possano formare coalizioni elettorali, oggi vietata. Del resto lo stesso Putin è consapevole che a manifestare è quella Russia capace di “creare imprese, di far girare l’economia”, e vuole che la Russia salvaguardi “una rispettabilità internazionale”. Insomma, gli oppositori non vogliono la rivoluzione. E’ una borghesia nata in questi anni che vuole il potere, mediante riforme e compromessi. E al Cremlino “c’è chi si rende conto della necessità di negoziare una svolta”. Ma anche qualora Vladimir Putin vi si rassegnasse, le scosse non potranno che essere dure.
Il Corriere della Sera intervista l’ex sottosegretario alla Difesa Usa Richard Perle: “Dopo un inizio cauto, in apparenza persino conciliante, Putin ci ha riportato ai tempi della guerra fredda”; “non sostengo che Putin sia un dittatore, ma penso che il suo sia stato e continuerà ad essere un regime autoritario”. Ha rilanciato l’economia? Dice Perle: “Conosco bene la Russia. La sua economia si regge sul petrolio, Putin non ha modernizzato il Paese”. Ma d’altra parte l’opposizione non è ancora abbastanza forte da dimezzare il suo potere.
Il Corriere intervista anche il regista Andreji Konchalovskij: siamo un Paese feudale che cerca una leader forte.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini