Pensioni di anzianità, avanza la stretta. Il Governo prepara una manovra da 20 miliardi

Pubblicato il 30 Novembre 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Si andrà in pensione più tardi. Non basteranno 40 anni di contributi per lasciare il lavoro. Verso una patrimoniale più leggera”. “Manovra da 20 miliardi. La Ue: Italia sulla via giusta”. A centro pagina: “Primi tagli alla politica. Dal 2012 i parlamentari si riducono i vitalizi. Assegno solo dai 60 anni, colpiti oltre 200 deputati”. In prima pagina anche: “‘Studenti’ iraniani assaltano l’ambasciata britannica”. L’articolo, con foto, racconta delle manifestazioni con cui centinaia di basiji iraniani hanno assediato ed invaso l’ambasciata di Londra a Teheran.

La Repubblica: “Arriva la stretta sulle pensioni. Per l’anzianità serviranno oltre 40 anni. Schauble: prestito Fmi per l’Italia”. “Monti a Bruxelles: ‘Il governo sarà trasparente’. La manvora per il 2013 sale a 20 miliardi. Asta Btp, rendimenti record”. A centro pagina, con foto, la notizia dell’assalto all’ambasciata britannica a Teheran: “Londra: conseguenze gravi per Teheran”. Di spalla le polemiche dopo la notizia del suicidio assistito di Lucio Magri: “Come dare un senso alla vita”, è il titolo del commento di Michela Marzano.

Il Sole 24 Ore: “Pensioni di anzianità, avanza la stretta. Il Governo prepara una manovra da 20 miliardi: ipotesi di elevare da 40 a 41/43 gli anni di contribuzione, stop agli aumenti per tutti”. “Taglio ai vitalizi dei parlamentari e passaggio al contributivo dal gennaio 2012”. Di spalla: “Volano i rendimenti dei Btp trienali, spread a quota 495”. L’asta dei titoli di Stato italiani “va in porto, ma i tassi sfiorano l’8 per cento”, spiega il quotidiano. A centro pagina: “L’Europa studia il tandem FMI Bce. Monti: le nostre misure in linea con le richieste Ue. Squadra di governo forte, saremo trasparenti”.

Il Giornale: “Tocca alle pensioni. Era ora. Monti passa alle vie di fato. Donne in congedo a 62 anni, assegno bloccati e anzianità oltre i 40 anni di lavoro. Riforma inevitabile. E le altre?”. “I paletti di Berlusconi al nuovo premier: ‘Mai una patrimoniale'”.

Europa e conti italiani

Ieri il presidente del Consiglio Monti è andato a Bruxelles, la sua prima volta all’Eurogruppo dei ministri finanziari. Il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn- scrive il Corriere – ha espresso apprezzamento per la linea di Monti sul rispetto degli impegni di bilancio e sulle “riforme per la crescita, rispettando l’equità sociale”. Al vertice è stato concordato che il potenziamento del fondo salva Stati garantisca il 20-30 per cento delle nuove emissioni di titoli pubblici. Divisioni restano invece sul maggior coinvolgimento anticrisi della Bce. I ministri delle finanze belga e olandese hanno proposto il ricorso al Fondo Monetario Internazionale per consentire alla Bce di finanziare i Paesi in difficoltà. Secondo il Presidente dell’Eurogruppo Juncker c’è accordo “per aumentare le risorse del Fondo Monetario Internazionale”. Un maggior intervento della Bce viene sollecitato anche dal sistema bancario. La Germania condiziona gli aiuti ai Paesi in difficoltà con l’introduzione di più stringenti controlli sulle politiche di bilancio nazionale.

La Repubblica intervista il presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Dice che “in Italia c’è un allarme banche. Non circola più denaro” , e il rischio principale è che si diffonda una stretta al credito. Sulla questione del ruolo che dovrebbe assumere la Banca Centrale Europea dice: “Serve un approccio nuovo e adeguato alla fase. C’è a monte un problema di sovranità politica e di coordinamento delle politiche fiscali nazionali”, ma “o cambiamo il ruolo della Bce, oppure dobbiamo accettare il rischio che l’Euro salti e ogni Paese torni alla sua valuta nazionale”.

Sullo stesso quotidiano Nouriel Roubini, economista dalla New York University, viene intervistato da La Repubblica. Sostiene che “il debito pubblico italiano va immediatamente ridotto al 90 per cento del Pil dall’attuale 120 per cento, e per raggiungere l’obiettivo serve una riduzione del 25 per cento dello stesso debito”. Il Paese ne ha bisogno “per evitare la bancarotta. Non siete all’insolvenza, ma rischiate di perdere l’accesso al mercato. Rispetto all’ipotesi della introduzione di una patrimoniale, dice che è comunque meglio ristrutturare il debito, poiché per avere lo stesso effetto, cioè l’abbassamento del rapporto debito-Pil del 25 per cento, servirebbe “una tassa mettiamo del 5 per cento che produca un gettito di 450 miliardi, cioé il 30 per cento del Pil”, “si potrebbero tassare solo i più ricchi, il 10 per cento delle famiglie che detiene il 50 per cento della ricchezza: ma l’aliquota andrebbe alzata al 10 per cento, e il rischio di fuga dei capitali diventerebbe eccessivo. Tutto questo ammesso che la ricchezza privata in Italia sia davvero di 9 mila miliardi. Secondo me è una stima eccessiva e poi comprende 3 mila miliardi investiti in Buoni del tesoro. Quindi anche in questo caso i titoli sarebbero colpiti. Le perplessità sono tante: tra l’altro la ristrutturazione del debito non sarebbe tutta sulle spalle degli italiani, perché il 40 per cento è detenuto da stranieri”.

Si parla di una manovra da 20-25 miliardi. Ieri Monti, a Bruxelles, ha fatto capire che si tratterà di una manovra articolata, ed ha detto che le linee di una complessa linea politico-economico-sociale saranno presentate “nei prossimi giorni”.

Secondo Il Sole 24 Ore il vicepresidente della Commissione Rehn, nel rapporto sulla situazione italiana che ha presentato ieri all’Eurogruppo, avrebbe spinto l’Italia ad anticipare riforme strutturali di bilancio, come una riduzione “più rapida” del costo delle pensioni. Rehn ha parlato anche della necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro verso il consumo e la proprietà, necessario a rafforzare in modo decisivo anche la lotta all’evasione fiscale.

Su tutti i quotidiani, l’imminente taglio ai vitalizi dei parlamentari, che dal 2012 passeranno al metodo contributivo: “niente assegno prima dei 60 anni, 65 per chi ha soltanto una legislatura”, sintetizza La Repubblica. Finora si otteneva il vitalizio anche a 50 anni.

Magri

La Repubblica dedica oggi due pagine a quella che definisce “l’ultima eresia di Lucio Magri” e alle polemiche che ne sono nate sul suicidio assistito. E intervista Valentino Parlato, l’amico e cofondatore del Manifesto. Dice che negli ultimi tempi “ci azzuffavamo non sulla politica, ma su questa sua decisione di farla finita”. Era un perfezionista, anche in morte, quando tutto era deciso nel dettaglio? “Si, pompe funebri già allertate e lettera ai compagni”. Una morte estetica? “No, una morte pulita. Voglio morire senza sfasciarmi sul selciato, o in qualche altro modo atroce. Avrebbe voluto che passasse sotto silenzio, cosa impossibile”. Un gesto che secondo lei ha valore politico? “Solo nel senso di dire ‘no’. Un ‘no’ alla politica italiana dell’ultimo ventennio, sinistra inclusa’. La sinistra italiana che conosciamo è morta’, scrisse Luigi Pintor, poco prima di morire. Così la pensava anche Lucio”.
A ricordare Magri sul Corriere della Sera è Paolo Franchi. Inizia con la Dc, dove resta fin quasi alla fine degli anni 50, quando approda al Pci. A Botteghe Oscure lavora con Amendola alla commissione economica, ma è “molto ingraiano”, e quando esplode il 68 non si capacita della prudenza e dello spirito di partito di Ingrao. Vola nella Parigi della contestazione, e scrive un libro, “Considerazioni sui fatti di maggio”. Fonda Il Manifesto, che esce per la prima volta nel 1969. Secondo Franchi non è vero che il Pci, e in particolare Berlinguer, decidono immediatamente di cacciare i reprobi. In ottobre il comitato centrale si conclude senza decisioni definitive, e solo in novembre si arriva alla radazione. Tra la prima e la seconda riunione la rivista del Manifesto pubblica l’editoriale “Praga è sola”, in cui si contesta al Pci di aver abbandonato al loro destino Dubcek e i loro compagni. E’ il casus belli. Quell’editoriale lo ha scritto Magri.
Anche su Il Giornale, in prima pagina, si parla del suicidio di Magri: a firmare un commento è Vittorio Feltri, che rende omaggio a Magri: “Si ribellò al piattume democristiano quando la Dc era potente, si ribellò al Pci quando era al massimo del fulgore (chiunque scommetteva sul trionfo del marxismo) e, coerentemente con la sua sublime incoerenza si è ribellato all’idea che togliersi la vita sia un sacrilegio. Ma quale sacrilegio? E’ una scelta. Deprecabile? Deprecate, deprecate, però non negate a una persona responsabile, lucida e consapevole il diritto di porre fine alle proprie sofferenze”.

Iran

L’assalto all’ambasciata britannica di Teheran, ieri pomeriggio, è andato in diretta sulla tv pubblica, scrive La Stampa. La polizia sparisce, interverrà non a caso solo molto più tardi. Gli studenti hanno devastato la sede diplomatica spaccando tutto, bruciando la Union Jack e issando sul pennone la bandiera iraniana. Chi sono gli assaltatori? Emblematico il titolo del Corriere della Sera: “Teheran scatena gli ‘studenti'”. L’attacco – scrive Alberto Negri sul Sole 24 Ore – è stato condotto dai basiji, gli studenti affiliati ai pasdaran, ovvero le Guardie della rivoluzione, e dagli ansar Hezbollah, i radicali islamici. Si tratta di un incidente voluto probabilmente nel quadro oscuro delle lotte politiche interne all’establishment iraniano: il ministero degli esteri iraniano ha presentato “le scuse” al ministro britannico William Hague. Da quando la Gran Bretagna ha imposto, come altri Paesi occidentali, nuove sanzioni all’Iran, la tensione è salita al massimo livello.
Secondo Il Giornale a metter a segno l’azione sono stati, formalmente, i gruppi più estremisti del movimento studentesco, vicino alla guida suprema Khamenei. Le autorità iraniane assicurano di aver fatto il possibile per contenerli, e il ministero degli esteri ha scaricato tutte le colpe su “gruppetti di facinorosi”. E tuttavia senza un certo grado di tolleranza, gli studenti non avrebbero potuto oltrepassare gli sbarramenti di polizia. L’assalto arriva all’indomani della richiesta di espulsione dell’Ambasciatore britannico, votata dal Consiglio dei guardiani in seguito alle nuove sanzioni varate da Londra. Ma anche all’indomani di una misteriosa esplosione a Isfhaan, la città dove si tratta l’uranio destinato all’arricchimento. Esplosione che è probabilmente l’ultimo capitolo di una guerra segreta scatenata da Israele.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini