nuovi sbarchi a Lampedusa

Pubblicato il 7 Marzo 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Repubblica: “Gheddafi minaccia l’Europa. ‘Se cado sarete invasi’. Dieci barconi in mare verso le coste italiane”. E poi: “Controffensiva del rais che annuncia: Ras Lanouf è caduta. I ribelli: propaganda. Strage a Misurata. Gli Usa: le riserve per bloccare il caro petrolio”. In prima ancora: “Giustizia, toghe in rivolta. ‘Pronti allo sciopero'”. Con un richiamo alla intervista alle pagine interne a Bersani, che dice: “La riforma di Alfano? Diversivo populista”.

Il Corriere della Sera: “Le donne tra maternità e lavoro: tutti i numeri del ritardo italiano. Siamo in coda ai Paesi Ue. L’occupazione diminuisce dopo il primo figlio, crolla dopo il secondo”. A centro pagina: “dieci barconi di profughi nella notte a Lampedusa. Allarme per gli arrivi dal Maghreb in rivolta”. L’editoriale, firmato da Angelo Panebianco, parla di Libia: “Tre scenari per una crisi”. In prima anche un richiamo ad una conversazione con Marcello Dell’Utri sul futuro del Pdl: “‘Scajola al partito? Non è più il suo tempo’”.

Il Giornale: “I pm guardoni si eccitano”. “Nell’inchiesta di Milano sequestrati persino i cellulari con gli autoscatti sexy delle ragazze”. E poi: “L’ultima follia dei giudici: in un anno dati a un carcerato 12 permessi per il compleanno”. “Santanché e Messori fanno cadere il tabù delle toghe infallibili”. L’articolo è firmato da Vittorio Sgarbi. L’editoriale oggi è firmato da Magdi Cristiano Allam, che inaugura oggi la sua collaborazione con Il Giornale: “Consigli all’Italia per guidare il rilancio del mondo arabo”. In prima anche – con foto – l’apparizione di Roberto Saviano ieri alla trasmissione di Fazio: “La coppia anti-Cav pronta al bis in tv. Fazio e Saviano contro Silvio e Marina”. In prima pagina anche un articolo su Claudio Scajola: “Ha sbagliato e ha pagato: ora Scajola torni in campo”. La firma è di Paolo Del Debbio.

La Stampa dedica il titolo più grande alle valanghe nella montagna biellese:”Ignorato l’allarme valanghe: due morti”. Il titolo di apertura è per la Libia, “morti e scontri. Notte di sbarchi, Lampedusa nel caos”. “Gheddafgfi: l’Europa sarà invasa. E bombarda per riprendersi le città”. E poi: “Torna la protesta in Egitto: spari sulla folla”. A centro pagina: “Giustizia, via libera della Lega. ‘Ma non sia merce di scambio’. Fini punzecchia la sinistra: ‘Siete conservatori come il premier'”.

L’Unità apre con l’annuncio delle prossime manifestazioni: “Piazza continua”. E spiega che l’8 marzo, “nel centenario della festa, il movimento delle donne rilancia la sua battaglia”. Il 9 marzo “manifestano gli avvocati contro la ‘privatizzazione’ delle controversie civili”. Il 12 marzo “scuole e costituzione”. Il 17 marzo: “Unità d’Italia: il tricolore in viaggio per il Paese, la festa al Quirinale”.

Esteri

E’ il Corriere a riproporre integralmente ai lettori l’intervista che Gheddafi ha concesso al “Journal du Dimanche”, riassunta con la frase: “O me o Al Qaeda. L’Europa tornerà ai tempi del Barbarossa”. Gheddafi parla del rischio Al Qaeda nel Maghreb islamico, dice che “in Libia c’erano cellule dormienti”, e quando è “esplosa la confusione in Tunisia e in Egitto, si è voluto approfittare della situazione. Al Qaeda ha dato istruzione alle cellule dormienti” e i membri di queste cellule hanno attaccato caserme e commissariati per prendere le armi: “E’ successo a Bengasi e Al Baida”. I leader di queste cellule, secondo Gheddafi, “vengono dall’Iraq, dall’Afghanistan e anche dall’Algeria. E dal carcere di Guantanamo sono stati rilasciati alcuni prigionieri”. Il rais ribadisce che tutto era stato “pianificato”, sottolinea la “diversità della Libia” rispetto a Tunisia ed Egitto: “Qui il potere è in mano al popolo. Io non ho potere, al contrario di Ben Ali o Mubarak. Sono solo un referente per il popolo. Oggi noi fronteggiamo Al Qaeda, siamo i soli a farlo e nessuno vuole aiutarci”. Della Cirenaica dice che “è una regione poco popolata, che rappresenta il 25 per cento della popolazione”.
Angelo Panebianco, sulla prima del Corriere della Sera, firma un editoriale dedicato alle possibili evoluzioni della crisi libica. Tre gli scenari ipotizzati: Gheddafi viene sconfitto, oppure la guerra civile si protrae; nel terzo scenario Gheddafi riprende il controllo dell’intero territorio, Cirenaica compresa. Tutti e tre gli scenari sono problematici per la comunità internazionale e per l’Italia in particolare. Ma da segnalare è la chiusa dell’editoriale, in cui si considerano “improvvide” le dichiarazioni del Consiglio di sicurezza Onu del 26 febbraio secondo cui Gheddafi va processato di fronte al Tribunale penale internazionale, l’apertura di un procedimento penale a suo carico da parte del tribunale dell’Aja, l’allerta dell’Interpol per impedire che egli e il suo entourage possano espatriare”. Secondo Panebianco “non bisogna mai mettere un dittatore che non ha ancora abbandonato il potere con le spalle al muro”. Serviva un salvacondotto, non un processo. Un salvacondotto “come alternativa al bagno di sangue, doveva comunque essergli offerto”.
Ieri ha parlato anche il figlio Saif, come riferisce La Repubblica: riferendosi all’Italia, ha detto che “se non ci aiuta contro Al Qaeda” uscirà dalla Libia insieme all’Eni”. Lo stesso quotidiano intervista Abd Al-Munim Al-Huni, compagno di rivoluzione di Gheddafi nel 1969. Sospettato di complottare contro il Colonnello, nel 1975 ha lasciato la Libia, salvo riavvicinarsi al regime alla fine degli anni 90. Ora definisce senza mezzi termini, nell’intervista al quotidiano, Gheddafi un criminale. E’ convinto che “vinceranno gli insorti” anche se Gheddafi “ha soldi e molte, molte più armi”. Il rais “non ha più legittimità”, il suo Libro Verde viene bruciato nelle piazze, il consenso ormai può solo comprarlo con i soldi, e infatti attorno a lui restano i mercenari. E’ molto critico sull’Italia, sollecitato a commentare il tergiversare italiano sul congelamento dei beni libici: “Non è un segreto che tra il Criminale e Berlusconi esistano forti interessi, parlo di interessi privati, non di interessi legati al bene pubblico”. Dice anche che la battaglia decisiva si svolgerà a Sirte, e che Gheddafi ha chiesto alla più grande tribù del Paese, quella dei Warfalla, 10 mila uomini, segno che le sue forze si stanno esaurendo. Ma ritiene che la tribù rifiuterà. Vorrebbe che Gheddafi fosse processato da un tribunale libico, dice che “non ci sarà guerra civile tra tribù, né l’Islam estremista prenderà il sopravvento”.
Sullo stesso quotidiano segnaliamo anche una corrispondenza da New York, in cui si raccontano le tensioni negli Usa sulla ipotesi di una no-fly zone: il senatore Kerry, presidente della Commissione esteri al Senato, preme per l’istituzione della no-fly zone, mentre per ora sull’ipotesi ha frenato il segretario alla Difesa Gates. Ha parlato anche il nuovo capo dello Staff del Presidente Obama, William Daley, secondo cui la no-fly zone sarebbe “controproducente”: “Molta gente parla di no-fly zone come se si trattasse di un videogame”.
Magdi Cristiano Allam su Il Giornale si rivolge al presidente del Consiglio Berlusconi e lo sollecita ad aiutare concretamente il mondo arabo in rivolta, proponendo il sostegno – anche attraverso la nascita di una Fondazione – che operi sull’altra sponda del Mediterraneo attraverso lo strumento del microcredito. Allam sottolinea infatti quanto sia necessario incentivare la crescita dei micro-piccoli e medi imprenditori; affermare una concezione sostanziale della democrazia che si fondi sulla condivisione di valori non negoziabili (sacralità della vita di tutti, primato della libertà di scelta, compresa la libertà religiosa, per arginare l’ascesa al potere degli integralisti, che praticano la dissimulazione per partecipare alle elezioni e – una volta egemonizzato il potere – uccideranno la democrazia sostanziale), compreso “il riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele, quale parte integrante e indossolubile dei rapporti bilaterali e multilaterali con l’Ue.

La Stampa spiega come nelle piazze de Il Cairo sia tornata la protesta: il malcontento si concentra sulla polizia segreta, che la rivoluzione non è riuscita a spazzare via. In migliaia hanno circondato il quartier generale del “Centro investigativo per la sicurezza nazionale”. Si era sparsa la voce che gli agenti stavano bruciando i documenti provanti le torture. La folla è riuscita a entrare ed ha devastato alcuni uffici. Sono state trovate pile di documenti ridotte in coriandoli. E ieri pare che siano riapparsi i “baltagi”, ovvero le squadracce del regime di Mubarak, picchiando i manifestanti. La folla stava assediando il ministero dell’interno, ha tentato di forzare il cordone di soldati ed i militari hanno sparato in aria.
Il nuovo primo ministro, Essam Sharaf, ha promesso che gli apparati di sicurezza “saranno al servizio del popolo”, poichè “vanno rifondati”.
La corrispondenza racconta anche l’ultimo episodio drammatico legato alle tensioni tra la comunità copta e quella musulmana, per via di un matrimonio impossibile. 

Dall’inserto “Cose dell’altro mondo” de L’Unità, segnaliamo una analisi di Robert Fisk, che i lettori troveranno sotto il titolo “Il Gattopardo arabo: cambiare tutto per salvare il petrolio”. Critico è Fisk sugli inviti ripetuti all’Egitto di seguire “il modello turco”. Se questo auspicio si avverasse, la conseguenza inevitabile sarebbe un governo militare, non amato e non democratico, per decenni a venire. Nello stesso inserto, una analisi di Anne Appelbaum: “la politica dei soldi, così l’Occidente si  è inchinato ai rais”. Dove si spiega come Blair sia consulente degli Emirati Arabi, Schroeder è nel libro paga di Gazprom e Saif, il figlio di Gheddafi, è stato coccolato dalle più potenti famiglie inglesi.
Sul Corriere della Sera Robert Kaplan sottolinea invece che “non tutti i tiranni sono cattivi”, citando esplicitamente il caso del sultano Qaboos Bin Said dell’Oman: non è neanche lontanamente paragonabile a Muhammar Gheddafi, sottolinea Kaplan. Il suo regno ha assistito a violente manifestazioni in questi ultimi giorni: questo sultano ha fatto costruire strade e scuole in tutta la regione rurale, ha promosso l’emancipazione delle donne e protetto l’ambiente, potrebbe essere utile al proprio Paese per consentirne lo sviluppo sociale.

La Repubblica spiega come un sondaggio effettuato dalla radio nazionale polacca il 4 marzo attesti che il 61 per cento degli interrogati ritiene che il Presidente liberale Komorowski abbia sbagliato a non includere il generale Jaruzelski nella delegazione ufficiale che parteciperà a Roma alla beatificazione di Papa Woytila. Soltanto il 31 per cento ritiene giusta questa decisione, l’8 per cento si dice indeciso senza opinione. Altro dato indicativo del sondaggio: il 31 per cento di quelli contrari è composto essenzialmente da elettori del Pis, il partito nazional conservatore dei gemelli Kazynski. Il primo a criticare la scelta della presidenza è stato Walesa: “Incontrai il nostro Santo Padre tante volte, e non ricordo una sola volta in cui egli non mi abbia chiesto come stava Jaruzelski”. L’ex premier Miller considera uno scandalo il mancato invito. “Il Santo Padre ebbe sempre con noi un rapporto di grande rispetto”.

Politica

Intervistato dal Corriere della Sera, Marcello Dell’Utri parla del suo partito e dice: “C’e’ gente che ormai colleziona incarichi e sta li’ da 15 anni. Il premier Silvio Berlusconi sta riflettendo proprio sull’ ossatura complessiva del partito”. E dunque non è più il tempo di Claudio Scajola. Dei tre coordinatori attuali, deve restare Denis Verdini, perche’ ”e’ pure uno straordinario organizzatore e motivatore” e ”il Pdl ha bisogno non solo di
una nuova struttura organizzativa ma anche di nuovi entusiasmi”.
Su Il Giornale invece Paolo Del Debbio scrive che Scajola, con la scelta di vendere la casa con vista sul Colosseo, si è riabilitato in pieno, soprattutto se si pensa alla “affittopoli in piena rinascita”. Scajola è necessario al Pdl per la grande capacità organizzativa.
Il Corriere della Sera sintetizza così le dichiarazioni di Gianfranco Fini, ieri, alla prima assemblea dei Circoli di Futuro e Libertà: “Alternativi al premier e alla sinistra”. Il quotidiano la considera una “virata a destra” e una “autocritica”. Ha detto Fini: “Abbiamo ecceduto a essere sempre fuori dal coro”. Poi ha attaccato la sinistra, la cui “unica bandierà” è l’antiberlusconismo. Ha invitato il partito a costruire “il vero centrodestra” collocandolo in modo equidistante dall’ex alleato Berlusconi e dalla sinistra: “Siamo in presenza di uno scontro tra due grandi assetti conservatori, nel senso deteriore del termine”.
La Repubblica titola così: “Fini: ‘Basta antiberlusconismo, noi siamo alternativi ai due poli'”. La Stampa: “Fini: ‘La sinistra? Conservatrice come Berlusconi'”. Il Corriere riferisce anche che Fini ha avuto parole dure per i transughi: “Qualcuno di loro mi ha fatto capire bene la distinzione tra uomini, ominicchi e quaquaraquà”. Citazione sciasciana da Il giorno della civetta. Ecco perché Il Giornale titola: “E adesso Fini parla come i mafiosi dei libri”, “alla prima assemblea nazionale dei circoli futuristi il leader si scaglia contro i ‘quaquaraqua’ che hanno abbandonato il partito. Poi cerca di evitare nuove defezioni con un voltafaccia: ‘Siamo alternativi all’attuale centrodestra ma anche a questa sinistra’”.

E poi

In un’analisi firmata da Marcello Foa e dedicata a Fini e alla destra, che compare su Il Giornale sotto il titolo “Come si guida la destra? Impari dalla giovane Le Pen”, si da’ conto del sondaggio de Le Parisien secondo cui la neo-leader del Front National Marine Le Pen, alle presidenziali francesi, arriverebbe in testa con il 23 per cento delle preferenze. Supererebbe tanto Sarkozy che la socialista Martine Aubry, che si fermerebbero al 21 per cento. Marine Le Pen andrebbe quindi al ballottaggio, come accadde a suo padre. Ma con una differenza di non poco conto: “lui ci andò per caso, più per demeriti della sinistra (che arrivò al voto divisa), che per meriti propri”. Qui, invece, è la popolarità di Marine a farla avanzare tanto nei sondaggi.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

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