La ‘destra tranquilla’ dei popolari di Rajoy travolge i socialisti

Pubblicato il 21 Novembre 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Repubblica: “Spagna, trionfo dei popolari. La destra conquista il 44,6 per cento dei voti (186 seggi) contro il 28,7 del Psoe. In Parlamento entrano gli indipendentisti baschi. A Rajoy la maggioranza assoluta. Storica sconfitta socialista”. Il titolo di apertura è dedicato al governo italiano: “Monti ora punta a riforme pacchetto per uscire dalla crisi. Oggi primo Consiglio dei Ministri. Divisi sull’Ici”.
In evidenza in prima pagina, con foto, anche gli scontri di ieri a piazza Tahrir, al Cairo: “Egitto: sangue in piazza Tahrir, 12 morti. Arrestata candidata alle presidenziali. Si dimette il ministro della Cultura”.

Il Corriere della Sera: “Assalto dell’esercito, morti e feriti in Egitto. Irruzione nella piazza simbolo della primavera araba. I manifestanti chiedono ai militari di lasciare il potere”. “La candidata arrestata: ‘Peggio di Mubarak'”. Il titolo più grande è per le elezioni spagnole e il “trionfo di Rajoy”. “Piano di Bruxelles: eurobond per aiutare gli stati. Monti prepara l’agenda Ue”.

La Stampa: “La Spagna si affida ai Popolari. Si chiude l’era Zapatero. Al centrodestra la maggioranza assoluta dei seggi, crollano i socialisti al minimo storico. Elezioni, stravince il partito di Rajoy: ‘Già pronte le misure anti-crisi”. A centro pagina il governo italiano: “La promessa di Monti: ‘Sacrifici e benefici. Il premier stringe i tempi della manovra bis. Il pacchetto pronto a fine mese”. Di spalla: “Emergenza carceri, una fabbrica di suicidi. Affollamento record”.

Il Giornale: “E’ rissa per le poltrone. Il Terzo polo a caccia di rivincite fa la guerra per i posti da sottosegretario. E così mette in crisi Monti. Patto tra Berlusconi e Bossi: nuovo asse per le amministrative”. Il quotidiano parla nelle pagine interne di una “intesa sulle mosse da compiere in Aula per preservare l’asse Pdl Lega a livello locale”. Secondo Il Giornale Bossi avrebbe chiesto “garanzie su federalismo e riforma delle pensioni”. L’obiettivo sarebbe quello di ottenere che la riforma annunciata sia “più morbida possibile, graduale”. Altra richiesta della Lega: quello di veder approvati gli ultimi due decreti attuativi sul federalismo fiscale”.

Italia: Ici, patrimoniale, pensioni

La Repubblica parla dello stop della segretaria della Cgil Susanna Camusso alla reintroduzione dell’Ici: dice che “l’Ici non può essere il punto di partenza. Si può fare un riordino della tassazione sulla casa, solo in conseguenza dell’aver cambiato la distribuzione della tassazione, quindi partendo da una imposta sulle grandi ricchezze”. La Camusso è convinta che serva una manovra che non tassi solo il mattone, “perché ci sono tante ricchezze patrimoniali e finanziarie che hanno la precedenza”. E per “individuare le grandi ricchezze, bisogna comprendere tutti i cespiti”. Condivide il leader di Sel Nichi Vendola: “Abbiamo bisogno di iniziare la musica di questo governo nuovo dallo spartito della patrimoniale”. Il Pd sembra diviso: se da un lato il responsabile economico Pd Stefano Fassina dice che “quella che indica la Camusso è una rotta che abbiamo già tracciato noi ad agosto”, e che “bisogna partire con la patrimoniale, perché c’è un buco da 20 miliardi da coprire, altrimenti scattano le detrazioni (previste dalla delega fiscale) che colpiscono i redditi medio-bassi”. Per altro verso, il senatore democratico Pietro Ichino dice che il concetto di patrimoniale è ampio, e l’imposta sugli immobili vi rientra, ma “si tratta di modularla in modo che gravi sui patrimoni più grandi e quindi si tratta di vedere quali altre misure adottare”.
Intervistato dal Corriere della Sera, l’ex ministro delle Finanze Visco, Pd, ricorda che il governo dovrà innanzitutto sistemare la manovra di luglio-agosto, e mancano ancora 20 miliardi. Dice che “si può intervenire sull’Ici, operando in modo da adeguare la tassazione a livello europeo, ma lasciando una agevolazione o persino l’esclusione delle prime case di basso valore”. E la patrimoniale? Secondo Visco “ha un significato più politico che di gettito”, perché “non risolve i problemi di bilancio”: si dovrebbe intervenire invece sui privilegi e sulle “corporazioni”, sulla questione previdenziale, “che pure non porterà grandi risparmi”. E sull’uso dei contanti, abbassando la soglia sopra la quale non si potrebbero usare: “Io l’avevo fissata a 100”. Quanto all’aumento possibile dell’Iva, Visco la considera una imposta regressiva, che fa aumentare i prezzi: “Ed è anche l’imposta più evasa”.

Michele Salvati sul Corriere della Sera dedica la sua analisi a quella che definisce “l’antipolitica di sinistra”, individuandone tre forme: la prima è l’astensionismo diffuso e non organizzato, di chi è deluso dai comportamenti dei partiti di sinistra, che siano al governo o all’opposizione. La seconda è l’astensionismo di coloro che partecipano a movimenti come quello degli indignati, con una forma più attiva; la terza è quella rappresentanta nel nostro Paese dal movimento Cinque Stelle, dei grillini. Continua a professarsi “movimento” e non partito, cercando di sottrarsi alla logica della democrazia rappresentativa e rifiutandosi di spiegare agli elettori come i loro rappresentanti si comporteranno sulle decisioni che dovranno prendere. Insomma, la sinistra di governo, in una fase in cui deve fare i conti “con una realtà molto ostica per i valori e gli interessi che rappresenta, si trova sfidata da una forte insorgenza antipolitica”, e conclude: “Che in Italia non ci siano movimenti antipolitici che sottraggono voti alla destra” si spiega con il fatto che quest’ultima è essa stessa frutto di un sommovimento antipolitico e dunque, l’antipolitica, in una certa misura, ce l’ha al suo interno.

Finmeccanica

La Stampa scrive che c’è un terremoto in vista ai vertici di Finmeccanica, che terrà un Cda straordinario. Il manager di fiducia del presidente Pierfrancesco Guarguaglini, Lorenzo Borgogni, si è autosospeso. La Repubblica ricorda che Borgogni ha cominciato nei mesi scorsi, verso marzo, a collaborare con i Pm di Napoli che indagano sul deputato Pdl Marco Milanese, all’epoca consigliere politico del ministro Tremonti. I verbali relativi alle dichiarazioni di Borgogni verranno ora trasmessi ai pm di Roma, che nei mesi scorsi avevano chiesto, senza ottenerlo, l’arresto dello stesso Borgogni. Lui, capo delle relazioni esterne di Finmeccanica, avrebbe ammesso il suo ruolo cruciale di “collettore di rapporti con i politici per conto di Finmeccanica”, come avrebbe detto lui stesso. I termini del mercato tra Finmeccanica e la politica avevano in Enav solo una delle articolazioni: le richieste variavano dai finanziamenti a Fondazioni che facevano capo a partiti o anche a singoli parlamentari, ad assunzioni di parenti in societàcontrollate da Finmeccanica, andavano da contributi a giornali e giornalisti a contratti di consulenza. Il Corriere della Sera fa i nomi nelle carte: tra i tanti, Altero Matteoli, Ignazio La Russa, Carlo Giovanardi, Gianni Letta, poiché il direttore delle relazioni esterne di Finmeccanica ha parlato di un “tavolo” tra partiti per decidere le nomine nel Cda. Parallelamente, gli affari che hanno già portato all’iscrizione del registro degli indagati per corruzione di cinque manager Enav: l’imprenditore Di Lernia avrebbe portato tangenti in relazione a lavori per l’aeroporto di Palermo per circa 1 milione di Euro.

Spagna

Scrive Luigi La Spina su La Stampa che sono stati i 5 milioni di disoccupati spagnoli ad aver cacciato l’ex premier Zapatero, quello che molti chiamano ora “il visionario”. E la vittoria dei popolari ha anche il sapore della vendetta, poiché convinti da sempre che Zapatero avesse conquistato le elezioni per due volte senza meritarlo. La prima, nel 2004, quando il popolare Aznar attribuì all’Eta l’attentato alla stazione ferroviaria di Atocha, con una furbizia elettorale che pagò cara; la seconda, quando lo zapaterismo non aveva ancora svelato quella che considerano una “arrogante incompetenza” ad affrontare una crisi economica di cui tanto il capo del governo che gli stessi spagnoli facevano finta di non vedere la gravità.
Il vincitore, Rajoy, veniva chiamato da Zapatero “il signor no”, perché ha sempre contrastato aspramente tutte le sue decisioni, non è mai stato un leader carismatico, secondo il ritratto che ne offre La Stampa: galiziano, molto nazionalista, cattolico ma non bigotto, quando dice “non siamo il partito dei vescovi”, anche se ha presentato ricorso contro le nozze gay. Un ex sindaco socialista galiziano, suo amico, sottolinea un’altra sua virtù: è un uomo normale.
Il Corriere della Sera titola: “La ‘destra tranquilla’ dei popolari di Rajoy travolge i socialisti”. Scrive il quotidiano che “lo primero el empleo”, ovvero, “prima di tutto il posto di lavoro”, era lo slogan dei popolari, ma nel programma c’era poco di più. Il quotidiano sottolinea anche che le Cortes uscite dalle urne vedono grande frammentazione: mai tanti partiti, mai gli indipendentisti baschi e quelli catalani sono stati così forti, mai il partito Socialista è stato così debole.
Scrive il quotidiano che molti considerano il vincitore noioso e grigio, la cosa più vicina a un tecnico che il panorama spagnolo avesse da offrire. Rajoy è di destra, ma non è per questo che ha vinto, anzi, ha vinto nonostante sia di destra, ha parlato sempre di dialogo e collaborazione. Negli anni scorsi si è ritrovato da solo, senza aver dietro di sé neanche Aznar, né il potente arcivescovo di Madrid, al congresso del partito di Valencia falchi e ultrà cattolici lo osteggiano. Ma l’ala liberal-democratica prevale.
Sullo stesso quotidiano, ci si sofferma però proprio sul fatto religioso delle elezioni, citando le parole pronunciate dal direttore della radio dei vescovi Radio Cope: “E’ finita la guerra contro la chiesa”, “i cattolici riconquistano lo spazio perso con Zapatero”. Interpellato dal quotidiano, il direttore di Radio Cope dice: “E’ finita la guerra che i socialisti avevano mosso alla Chiesa e alla tradizione cristiana, e ora una parte del nostro mondo vive la vittoria del PP come una “Reconquista cattolica”, ma è un errore. Il partito popolare non è quello di don Sturzo, e neanche quello di Martinazzoli. E’ un partito laico, dove ci sono democristiani ma anche liberali e conservatori. Sarebbe sbagliato pretendere da Rajoy cose che non ci può dare e non ci darà. Quel che avremo dal nuovo governo è uno spazio di libertà e di dialogo che prima ci era stato negato. Stanotte i cattolici non prendono il potere. Riconquistano il loro posto, accanto ad altre forze sociali. Questo era l’obiettivo del Papa, con i suoi viaggi. Non accendere una mobilitazione politica e sociale, ma dare un segno del nostro risveglio.
Su La Repubblica Concita de Gregorio racconta che la campagna elettorale di Rajoy è stata inesistente. Il PP non ha fatto che attendere, è bastato tacere. In realtà l’unica campagna elettorale spagnola è stata quella delle piazze: in piazza gli indignati rimasti senza casa e senza lavoro hanno dato fiato alla demolizione del socialismo di governo, e sono stati inascoltati dal Psoe fino a oltre il limite, denunciati come antipolitici, populisti e demagoghi da una classe politica terrorizzata dalla propria debolezza. Avrebbero dovuto essere la spia delle ragioni del malessere, avrebbero dovuto chiamare la classe politica al potere ad una autocritica che non c’è stata. Ed hanno finito per far strada alla destra.
Javier Cercas, uno dei più importanti scrittori spagnoli contemporanei, intervistato dallo stesso quotidiano, dice: “Non è il centrodestra a vincere, quanto piuttosto i socialisti a perdere”. La gestione della crisi da parte di Zapatero è stata “ondivaga”, non hanno saputo dare risposte adeguate e convincere il Paese a condividerle, per cui nell’elettorato di sinistra è cresciuto un rifiuto verso un governo che si dichiarava di sinistra ma faceva cose di destra, senza nemmeno spiegarle, come il congelamento delle pensioni e una riforma dello Statuto dei lavoratori che rende facili i licenziamenti, “senza aver cercato prima un consenso nella società e tra i lavoratori”.

Egitto

A poco più di una settimana dal voto, non si ferma l’ondata di violenza in Egitto. Il Corriere della Sera parla apertamente di “strage di manifestanti”. Nello scontro con i militari sarebbero almeno 12 i morti tra i dimostranti. Le autorità hanno annunciato che il voto avrà luogo come previsto, ma diversi candidati hanno sospeso la campagna elettorale. Identico è il grido dei manifestanti, rispetto a quando chiedevano a Mubarak di andar via. Irhal (Vattene). Ma questa volta è rivolto ai generali, che hanno sostituito il Presidente alla guida dell’Egitto. Contrari al rinvio del voto sono i Fratelli Musulmani, superfavoriti. Che pure nei giorni scorsi hanno preso parte alle contestazioni.
Spiega Renzo Guolo su La Repubblica che in discussione è la decisione dei militari di ritagliarsi uno spazio rilevante nel futuro Egitto, “qualunque siano i nuovi equilibri politici, e tanto più se a vincere saranno i partiti islamisti”. Le forze armate si sarebbero accordate su uno schema che permetterebbe loro la protezione attiva dell’ordine costituzionale: la prospettiva – spiega Guolo – è quella di una “democrazia controllata”, che ha generato il rifiuto dei maggiori partiti, compresi i Fratelli Musulmani, che pure per un certo periodo hanno cogestito con i militari la transizione. Dopo le proteste, il Consiglio militare supremo ha puntato su una ipotesi meno invasiva, che teneva però il punto sull’autonomia delle forze armate in materia di bilancio: una autonomia che permetterebbe anche la tutela degli ingenti interessi economici dell’esercito. Secondo Guolo, il ruolo che si ritaglierebbero le forze armate, sarebbe simile a quello turco: ma il modello seguito non è quello attuale, nel quale i militari convivono con un governo democraticamente eletto di orientamento islamista come quello dell’Akp di Erdogan, bensì quello degli anni 80 in Turchia, sfociato nella prova di forza contro il partito islamista Refah.
L’ex segretario generale della Lega Araba Amr Moussa sarà sicuramente candidato alle elezioni presidenziali: lo conferma in una intervista a La Stampa. Domanda: “Prima le elezioni presidenziali o prima la Costituzione?” Secondo i militari, prima la Costituzione, perché sostengono che un Parlamento non può esistere senza una nuova Costituzione. Ma oggi esiste una carta costituzionale vergata dal Consiglio militare che viene continuamente modificata. Moussa sostiene che prima si vota e meglio è, e che i militari si ritireranno dopo le nuove elezioni. Della primavera araba e dei suoi effetti dice: “La mia previsione è che tutti i Paesi arabi subiranno una trasformazione, e che anche l’Iran non rimarrà come è”. Anche se non è un argomento convincente, che il discorso nucleare sembra valido per Israele mentre non lo è per l’Iran, penso che si dovrà creare una zona libera dalle armi nucleari.
Il Corriere della Sera dedica anche un articolo all’arresto dell’unica candidata donna alle presidenziali in Egitto. Si chiama Bothaina Khamel, 49 anni, giornalista e attivista. Dice che tutti i media sono dominati dalle forze armate, che sono peggio di Mubarak.

E poi

La Repubblica racconta la storia di una giovane studentessa turca che si è iscritta a Torino alla facoltà di Scienze: ha scritto alla segreteria per sapere se potrà usufruire di uno spazio appartato per la preghiera del mezzogiorno. L’ateneo prende tempo, alcuni avanzano dubbi sulla opportunità di riservare uno spazio alla religione in una istituzione laica.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini