“La democrazia non è sospesa”. Napolitano difende il governo Monti

Pubblicato il 21 Dicembre 2011 in da redazione grey-panthers

Tutti i quotidiani oggi dedicano il titolo di apertura alle parole del Presidente Napolitano, che ieri, nel rivolgere gli auguri di Natale alle alte cariche dello Stato, ha ribadito di non aver fatto strappi alla Costituzione: Era un mio preciso dovere non sciogliere le Camere”, per evitare uno scontro elettorale devastante.

Le aperture

La Repubblica: “La democrazia non è sospesa”. “Napolitano difende il governo Monti. Fornero: servono salari più alti”. “Il Quirinale: basta parole sprezzanti sull’articolo 18. Berlusconi polemizza con il Colle: i tecnici sono un’anomalia”. A centro pagina la Corea del Nord, dall’inviato Giampaolo Vissetti: “Corea del Nord, rapporto dal parallelo della paura”.

Il Corriere della Sera: “Nessuno strappo costituzionale”. “Per il Presidente la democrazia non è sospesa. Fornero apre sui salari: vanno alzati. Napolitano: dovevamo evitare uno scontro elettorale devastante”. A centro pagina, con foto: “Le donne del Cairo sfidano il regime. Migliaia in marcia contro la violenza”. L’editoriale, firmato da Francesco Giavazzi, si sofferma sulle decisioni della Banca centrale europea, che oggi offrirà alle banche dell’eurozona liquidità illimitata a tassi favorevolissimi.

Il Sole 24 Ore: “Banche, la maxi-asta Bce fa il pieno. Previste richieste fino a 500 miliardi in Europa”. E poi: “Borse in rally, Milano +2,9 per cento. Lo Spread Bund-Btp cala a 470. Rendimenti in caduta in Spagna”. Anche il quotidiano di Confindustria dedica l’editoriale alla notizia: “Sciolto un nodo, resta il groviglio”. Di spalla le parole di Napolitano, con commento di Stefano Folli (“Il mantello del Quirinale”). A centro pagina: “Monti frena le polemiche sull’articolo 18. ‘Sul lavoro avanti con il dialogo. Il premier rilancia su lotta all’evasione e catasto. Venerdì il milleproroghe. Cisl incalza sui salari, Fornero apre. Marcegaglia: deve crescere la produttivà”.

Libero: “La Germania trucca i conti”, dove si spiega che “chi ci impone i compiti a casa ha un debito pubblico reale molto superiore al nostro. Anzi, l’Italia è la più virtuosa d’Europa: ci prendono in giro”. Maurizio Belpietro, che firma l’articolo, spiega che la notizia è stata fornita da un lettore del Corriere della Sera ed è uscita nella pagina delle lettere del quotidiano milanese. Il lettore riferiva di un articolo del quotidiano economico tedesco Handelsblatt, che appunto spiegava che il debito tedesco era “assai più alto di quello ufficiale”.

Bce

Oggi la Bce metterà a disposizione delle banche liquidità illimitata al costo dell’1 per cento.
Secondo Francesco Giavazzi, che firma l’editoriale sul Corriere della Sera, la decisione della Bce non sarà una panacea né per le imprese né per il Tesoro, almeno non in Italia, e non per le nostre banche maggiori. Per far credito ai suoi clienti o per acquistare Btp una banca non solo deve avere la liquidità necessaria: deve anche disporre di suffiente capitale, oltre quello già impiegato in precedenti prestiti. Ogni prestito infatti comporta dei rischi: il cliente potrebbe non rimborsarlo e i Btp potrebbero perdere valore, come è accaduto nei mesi recenti. Per far fronte a nuovi rischi che si assume, la banca deve avere abbastanza capitale ‘libero’. Se non ne dispone, la liquidità serve a poco, anzi quasi a nulla”. E le banche italiane “hanno poco capitale libero”, soprattutto quelle che “in passato hanno acquistato molti titoli pubblici, perché la caduta dei prezzi di Btp ha consumato capitale”. Secondo l’Autorità bancaria europea i primi cinque gruppi bancari italiani, che erogano il 62 per cento del credito, avrebbero bisogno di oltre 15 miliardi di nuovo capitale solo per far fronte ai rischi assunti in passato. Diverso è il discorso per le banche meno grandi, perché in passato, anziché acquistare Btp, hanno finanziato i loro clienti e ora hanno sufficiente capitale libero, ma non la liquidità necessaria per fare nuovi prestiti. Per loro la decisione della Bce è utile.
Il Sole 24 Ore parla di “corsa delle banche italiane all’asta Bce”. Alessandro Plateroti, che firma l’editoriale, spiega che le banche potranno chiedere alla Bce “tutto il denaro di cui hanno bisogno, pagandolo appena l’1 per cento, e potendolo re-investire come vogliono: dai titoli di Stato ai mutui, dai prestiti a imprese e famiglie, fino (o soprattutto) al pagamento delle cedole sui bond in scadenza nel 2012”. Lo scopo dell’operazione, come ha sottolineato lo stesso Draghi, riguarda prima di tutto il sostegno all’economia reale. Plateroti sottolinea che sull’utilizzo dei fondi alle banche, “visto il regalo ricevuto, sarebbe bene vigilare ora con una attenzione in più”. La manovra della Bce “è senza dubbio il meglio che potevano auspicare anche gli investitori”, ma i mercati “aspettano ancora che la politica faccia la sua parte”.

Napolitano

Ieri, nel corso del tradizionale scambio di auguri tra i rappresentanti delle Istituzioni, il presidente Napolitano ha risposto a quanti avevano parlato di una “sospensione della democrazia” in relazione alla formazione del governo Monti. Spiega il quirinalista del Corriere, Marzio Breda, che il Capo dello Stato ha difeso il governo, precisando che quella nomina non è stata il prodotto di “alcuna forzatura o strappo costituzionale”, e che gli è apparsa “una grave leggerezza” parlare di sospensione della democrazia. Ancora parole di Napolitano sulla decisione di affidare l’incarico a Monti: “Era mio dovere di evitare lo scioglimento delle Camere”, riferendosi alla “lunga, irriducibile contrapposizione, al limite dell’incomunicabilità, che si era determinata tra le forze politiche, e che aveva reso impraticabile ogni ipotesi di larga coalizione, come l’incaricato ha ben presto potuto constatare”. Per questo è stato inevitabile un governo tecnico, affidato a “una personalità fuori dalla mischia politica, già sperimentata e di indubbia autorevolezza internazionale”; “in una fase così critica, bisognava scongiurare una paralisi e uno scontro elettorale devastante”. Si trattava di una “via obbligata”, dopo che la “sostenibilità internazionale” del governo era “al limite”. Del resto, ha detto Napolitano anche in Gran Bretagna, “patria del più rigido bipolarismo”, o in Germania, sono nati esecutivi sostenuti da maggioranze non espresse dal voto e lì “nessuno ha gridato allo scandalo”. Quanto al futuro del governo, il cui sforzo è stato “appena avviato”, la sua esperienza sarà solo una parentesi di 16-18 mesi, ossia il termine “naturale”.
Parte del suo discorso è stata dedicata anche alle polemiche su questioni sociali come pensioni e lavoro: il capo dello Stato ha invitato le parti sociali ad affrontare queste questioni “con obiettività e senso della misura”, bloccando “ogni esasperazione polemica” e rinunciando a “giudizi perentori e battute sprezzanti”.

Stefano Folli, sul Sole 24 Ore, si sofferma anche sulla riflessione che Napolitano ha dedicato alla debolezza della politica, e alla necessità dei partiti di rileggitimarsi agli occhi dell’opinione pubblica. Lo ha fatto facendo riferimento ad una “fase di transizione” della nostra scena politica, invitando i partiti a rinnovarsi e ad aprirsi alla società, poiché “il ruolo della politica resta insopprimibile”.

Giuliano Ferrara commenta con una lettera il discorso del Presidente Napolitano (“Democrazia sospesa, eccome”): “Non abbiamo fatto demagogia attribuendo alla sua azione politica in favore di un governo tecnico di fine legislatura secondi fini, in conflitto con la irresponsabilità politica fissata per la presidenza della Repubblica, come privilegio e come limite, dalla Carta costituzionale. Abbiamo fatto bene attenzione a evitare nonché asprezze anche solo giudizi affrettati. Era una variante possibile della sua condotta, la decisione d’emergenza di nominare una persona di chiara e illustre fama senatore a vita, e subito dopo di farne il nuovo capo dell’esecutivo, con ministri non parlamentari da lui proposti e da lei nominati, senza passare per lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni. Malgrado questa clausola di cautela e di rispetto per margini istituzionali e formali che era in suo potere utilizzare, sollecitando una risposta positiva dei partiti di maggioranza e di opposizione, che disgraziatamente è arrivata, abbiamo detto a voce alta che in Italia la democrazia è sospesa nel suo significato più profondo: l’autogoverno ovvero la decisione da parte del corpo elettorale intorno a chi debba guidare l’esecutivo, e con quale programma. Le chiediamo analogo rispetto per il nostro giudizio, che è espressione autentica di quel pluralismo dei punti di vista nel quale si realizza la libertà politica del popolo e dell’opinione pubblica, oltre che la funzione non subalterna della stampa di idee”.
Ferrara scrive a Napolitano che “nel merito della questione lei sa che abbiamo fondamentalmente ragione. Se avessimo detto che questa resa a una visione tecnocratica della cosa pubblica equivale a una soluzione autoritaria e antiparlamentare, avremmo detto una colossale sciocchezza (e forse qualche espressione troppo colorita ci è scappata)”. Le “procedure o prassi di consultazione tipiche del vecchio sistema repubblicano, precedente il varo di leggi elettorali maggioritarie, sono state rispettate”. Insomma: “non è un ribaltone contro la maggioranza eletta”, non è il “governo Dini-Scalfaro del 1995”,  “ma lei, signor presidente, deve accettare la verità delle cose”: nel 2008 gli italiani scelsero una maggioranza, e “il nesso tra il voto degli italiani e il governo in carica non può essere trattato come un’ubbia per intellettuali rancorosi incapaci di capire il dovere nazionale e l’emergenza europea. E’ un modo francamente intollerante di ragionare, ed è un messaggio al paese che indebolisce la consapevolezza di un cammino di quasi vent’anni, in cui è appunto prevalsa almeno un’idea riformatrice di valore costituzionale, di prassi costituzionale”.

Fornero

Ieri la ministra del Welfare Elsa Fornero, interpellata dai cronisti, ha replicato al leader della Cisl Bonanni, che il giorno prima aveva parlato di salari troppo bassi. Ed è quindi tornata sugli scontri legati all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: “Non si vuole precarizzare nessuno più di quanto già lo sia, e in linea di massima è vero che bisognerebbe riuscire ad aumentare i salari perché sono bassi”. Poi, racconta La Stampa, la Fornero ha avuto occasione di esprimersi sull’istututo previdenziale dei giornalisti: “Ho polemizzato spesso in passato con la vostra cassa previdenziale – ha detto alla Fnsi. Anni fa ho chiesto di avere i dati, ma mi sono stati negati dicendo che è materia delicata. Ma se veramente siete quelli della trasparenza, dovete essere trasparenti anche voi. La vostra cassa ha problemi di sostenibilità come quasi tutte quelle professionali”:
Anche Il Sole 24 Ore si occupa della questione salari bassi, riferendo anche le parole della Fornero, che non ha mancato di sottolineare il divario nella distribuzione dei redditi che si è creata negli ultimi 15-20 anni. Il quotidiano di Confindustria riferisce della risposta della Presidente Marcegaglia: “Salari più alti? Deve crescere anche la produttività”. E poi grande attenzione viene data al peso del cuneo fiscale, un gap tra costo del lavoro e stipendi netti che secondo i dati Eurostat del 2010 è pari al 43,6 per cento, e pone l’Italia tra i Paesi in cui l’onere fiscale sui salari è molto più alto. Sullo stesso quotidiano, il confronto tra lo stipendio medio di un operaio italiano e quello di un suo collega tedesco: c’è una differenza di circa 900 euro, poiché nel primo caso siamo a uno stipendio medio di 1200, e nel secondo a 2100. La retribuzione media annua, secondo dati Ocse, in Italia è di 25155 dollari. Siamo cioé dopo la Spagna (27.094), dopo la Francia (28-029), e dietro la Germania (31573). Il quotidiano di Confindustria sottolinea anche che nel decennio 2000-2010 la produttività tedesca è cresciuta del 12,7 per cento, mentre quella italiana si è fermata all’1,8 per cento.

Sui temi del lavoro, e sulla questione salari bassi, La Stampa intervista il giuslavorista e senatore Pd Pietro Ichino. Dice: “Certo che esiste un problema fiscale. Ma per aumentare i salari occorre anche aumentare la domanda di lavoro. E oggi per aumentare la domanda di lavoro non abbiamo altro mezzo possibile che aprire il Paese agli investimenti stranieri. Anche per questo è importante allineare il nostro diritto del lavoro ai migliori standard internazionali”. Sul legame tra bassa produttività e contratto, sottolinea “l’indifferenza delle retribuzioni al risultato: questa resta la regola in troppi contratti di lavoro, pubblici e privati”. E sull’introduzione di un reddito di inserimento: “Non abbiamo ancora imparato a condizionare l’erogazione degli assegni di disocuppazione alla disponibilità effettiva del beneficiario a fare tutto quanto è necessario per tornare al lavoro”.
Cesare Damiano, deputato Pd, intervistato dal Corriere della Sera, parla dl modello danese di flexicurity, che ritiene inapplicabile in Italia. Ricorda di essersi recato in quel Paese nel 2005, insieme a Tiziano Treu e Paolo Ferrero, essendo rispettivamente per Ds, Margherita e Rifondazione responsabili del settore lavoro. Damiano sottolinea che la Danimarca ha appena sei milioni di abitanti, ovvero dieci volte meno dei nostri, e un modello sociale e culturale molto diverso. In Danimarca il tasso di occupazione è del 75 per cento, contro il nostro 57, racconta il Corriere; in media, un terzo della forza lavoro danese cambia attività ogni anno. Le imprese possono licenziare e il licenziato riceve una indennità tra il 70 e il 90 per cento della retribuzione, con un tetto di 2000 euro al mese, per un massimo di 3 anni; chi perde il posto di lavoro viene preso in carico da una rete di uffici di collocamento efficientissimi e ramificati sul territorio, che offrono qualificazione professionale. Se il lavoratore rifiuta le proposte di collocamento, perde l’indennità. Spiega Damiano di aver cercato di tradurre in pratica quel modello da ministro del lavoro, in particolare sulla perdita del sussidio in caso di rifiuto di una offerta di lavoro: subito gli ispettori del lavoro mi fecero notare che in certe realtà, in particolare nel sud, dove la camorra controlla settori per esempio del mercato agricolo, sarebbe stato difficile applicare un sistema del genere”. Damiano sottolinea anche che in Danimarca c’è una etica calvinista della responsabilità molto forte, che allontana comportamenti opportunistici delle imprese e dei lavoratori.

Russia, Egitto

“Gli hacker di Putin all’attacco della Rete”, titola La Repubblica, il cui corrispondente racconta come siano stati bloccati i siti dell’oppposizione. Il governo russo sta tentando in ogni modo di disturbare l’organizzazione di una grande manifestazione contro Putin prevista per il 24 dicembre. A farne le spese è stato anche l’ex premier eltsiniano, Nemtzov, tra gli organizzatori della protesta: qualcuno ha registrato le sue telefonate private degli ultimi giorni e le ha pubblicato su un sito che fa capo a un magnate pietroburghese amico del Cremlino.
Su La Stampa: “La Russia torna in piazza Gorby”, “sabato la replica della manifestazione dei 50 mila: si unirà anche l’ex presidente. A due settimane dalla più grande manifestazione dell’opposizione da quasi due decenni, sabato prossimo migliaia di persone saranno in strada a Mosca per protestare contro i risultati e i brogli delle ultime elezioni parlamentari”.
In Egitto continuano le manifestazioni a piazza Tahrir, ed esplode in particolare la protesta delle donne, dopo il video di una ragazza inerme che sabato al Cairo è stata trascinata per le braccia, colpita ripetutamente con bastoni di legno e presa a calci dai soldati. Se ne occupa il Corriere della Sera, riproducendo anche le immagini che raccontano come alcuni poliziotti tentassero di denudarla. Hillary Clinton ha condannato esplicitamente: “Le donne sono state picchiate e umiliate nelle stesse strade in cui hanno rischiato la vita per la rivoluzione. Le manifestanti sono state arrestate e sottoposte ad orribili abusi. Le giornaliste sono state aggredite sessualmente e ora le donne vengono attaccate, denudate, picchiate in strada. Questa sistematica degradazione delle egiziane disonora la rivoluzione, è un’onta per lo Stato e le sue divise e non è degna di un grande popolo”. La Clinton ha rimproverato “sia le autorità militari che i maggiori partiti politici per aver escluso le donne dalla transizione”. Ieri erano a migliaia le donne scese in piazza: velate, o no, mamme e ragazzine, una signora con un reggiseno disegnato sulla maglietta, per ricordare quello che indossava la giovane picchiata dai soldati. Il loro grido: “Le donne dell’Egitto sono la linea rossa”. Vogliono sconfiggere quella che chiamano la “strategia della vergogna”, che punta ad intimidirle, scrive il Corriere ricordando che a febbraio 17 ragazze arrestate in piazza vennero sottoposte ad un test di verginità da parte dell’esercito.
Anche Il Sole 24 Ore si occupa della “lunga marcia di donne al Cairo”. Ma fornisce anche una informazione sulla situazione poltica in Egitto all’indomani dell’affermazione di forze islamiste con le elezioni. Se infatti i Fratelli musulmani rivendicano il 39 per cento dei consensi, il movimento salafita A-Nour può vantare il suo 30 per cento come un risultato di tutto rispetto. La notizia sta nel fatto che, forse già “percependosi come forza di governo”, questo partito salafita ha annunciato di esser pronto a discutere con Israele e di riconoscere tutti i trattati di pace.

Corea del Nord, Iraq

L’inserto R2 de La Repubblica è composto da un reportage dal confine tra la Corea del Nord e quella del sud: il “parallelo della paura”, con una intervista a Cristopher Hill, l’ex mediatore inviato da Bush. Si esprime sull’erede designato, Kim Jong-Un: “La sua figura non è nota nemmeno ai nord-coreani”.
La Repubblica per segnalare una anticipazione da un saggio del sociologo francese Alain Touraine, dedicato alla “sinistra a misura d’uomo”.
Oggi è La Stampa ad occuparsi della situazione in Iraq, all’indomani della partenza degli Usa: riesplode la faida sciiti-sunniti. Tutto è iniziato lunedì, quando la tv irachena ha mandato in onda le confessioni di tre ex militanti sunniti che hanno raccontato di aver commesso attentati anti-sciiti in cambio di denaro ricevuto da Tariq Al-Hashemi, l’attuale vicepresidente, anch’egli sunnita. Le autorità giudiziarie irachene hanno spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura. L’Iraq è guidato dal governo dello sciita Al Maliki. E l’accusa nei confronti dell’ex vicepresidente, fuggito in Kurdistan, è di esser stato il mandante delle “squadre della morte” che colpirono gli sciiti tra il 2006 e il 2008.

E poi

Su La Repubblica segnaliamo una anticipazione da un saggio del sociologo francese Alain Touraine, dedicato alla “sinistra a misura d’uomo”.
Alle pagine “Idee & opinioni”, una vicenda avvenuta in Gran Bretagna e che chiama in causa la libertà religiosa. Una venticinquenne americana rischia l’espulsione: ha spostato un inglese, hanno un figlio e  a lei poco importa di convivere con l’altra moglie. Il governo di Sua Maestà dice che la poligamia è illegale in Gran Bretagna. Ma i due sono adepti di culti pagani: e la religione di Odino e Thor autorizza la poligamia.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini