il finto amico di Tripoli

Pubblicato il 3 Marzo 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture: “Spezzata la voce dei deboli. In Pakistan un commando di terroristi assassina il ministro Bhatti, paladino delle minoranze e in lotta contro la legge sulla blasfemia. Unico membro cristianodel governo pakistano si batteva per Asia Bibi. Frattini: è un martire e l’Europa è codarda di fronte a quello che accade nel Paese”. “L’hanno atteso sotto casa della madre a Islamabad: senza scorta e sull’auto non blindata è caduto sotto i colpi dei killer. I taleban rivendicano”.

Il Corriere della Sera: “‘Villaggio Italia per 50 mila. Campo di transito per i profughi in Tunisia. Una nave con aiuti sarà inviata a Bengasi. Lo show di Gheddafi: vi ho costretto a baciarmi la mano”. Sulle parole pronunciate ieri da Gheddafi firma l’editoriale Sergio Romano: “Il finto amico di Tripli. Quelle parole sul nostro Paese”. Di spalla la notizia dell’attentato mortale del ministro per le minoranze del Pakistan, con un articolo firmato da Andrea Riccardi: “Il ministri indifeso nel Pakistan dei fanatismi. La morte di Bhatti”. A centro pagina il federalismo (“sì della Camera, la Lega concede altri 4 mesi e il voto anticipato si allontana”), e il maltempo.

La Repubblica: “Gheddafi: mi riprenderò la Libia. ‘Bagno di sangue se la Nato attacca’. Guerra in tutto il Paese. Il Colonnello in tv contro Berlusconi: ‘L’ho costretto a baciarmi la mano’. La Casa Bianca frena sulla ‘no fly zone'”. In prima anche il via libera al federalismo, “bagarre in aula. Bossi esulta, il premier con il fazzoletto verde”. In evidenza anche il maltempo, che “sconvolge Emilia e Marche, quattro morti. Emergenza nel centro italia, straripano i fiumi. Polemiche nel governo”. “Il territorio abbandonato” è il titolo del commento di Giovanni Valentini.

La Stampa: “Gheddafi torna all’attacco. Offensiva delle milizie governative in alcune città ora in mano ai ribelli. La Clinton: rischiamo il bis della Somalia. Il rais: se la Nato ci colpisce migliaia di morti. L’Eni se ne va? Chiameremo i cinesi. A Lampedusa arrivati 10 barconi in un solo giorno, allarme immigrazione in Italia”. In prima il quotidiano torinese dà anche conto delle richieste dell’accusa al processo per il crac Cirio: “Chiesti 8 anni per Geronzi”. 15 per Cragnotti, 6 per Fiorani.

Il Foglio: “Gheddafi bombarda il fortino dei ribelli. Europa divisa sull’ingeresa umanitaria. L’Occidente balbetta di fronte alla guerra civile”. Sotto: “Ucciso Bhatti, ‘ministro blasfemo’. Dopo Taseer,  assassinato l’unico cristiano al governo in Pakistan”.

Europa: “Gheddafi, doppia reazione. Spara in tv e sugli insorti. Caos al confine con la Tunisia. Il rais paragona la Libia all’Italia e Frattini si offende. Battaglia a Brega. Bengasi chiede aiuto all’Occidente. Un no-fly zone araba?”. In prima il quotidiano pubblica anche il “manifesto per la democrazia in Iran”, firmato da Mir Houssein Moussavi e Mehdi Karroubi, i due leader dell’Onda verde iraniana.

Il Giornale. “Berlusconi e la Lega ci sono. Approvata un’altra riforma: senza Fini si governa, e meglio. Sconfitta la politica dei veleni e delle bugie. La magistratura prepara un nuovo agguato: serve subito l’immunità”. In prima, con foto del premier, anche un articolo così rubricato: “Dubbi sull’anagrafe. Il Cav ottimista: Ruby era maggiorenne”.

Libero apre con Vittorio Feltri, reduce da una sanzione dell’Ordine dei giornalisti: “Gli errori di Silvio. Le sue colpe: non ha ripristinato l’immunità parlamentare, non ha gestito bene la nascita del Pdl e non ha tagliato la spesa pubblica. Che ora è all’ultima spiaggia”. Accanto, un articolo di Maurizio Belpietro si sofferma invece sulle “balle degli altri”, che “vogliono la testa di Berlusconi perché ha mentito su Ruby, ma sono molto più gravi le frottole che ci hanno raccontato per esempio D’Alema, Prodi, Amato, Veltroni e Fini”.

Il Sole 24 Ore offre in apertura un forum tra Marco Fortis e Bill Emmott. L’ex direttore dell’Economist si confronta con l’economista sul tema “made in Italy, genio e vincoli. Le sfide per vincere sui mercati globali”. In prima il quotidiano offre anche una foto di Steve Jobs, “sul palco nonostante la malattia”. Presentava un nuovo “superveloce” Ipad, l’Ipad 2. A centro pagina Gheddafi che “attacca” e il prezzo del petrolio che arriva a 117 dollari al barile.

Libia

Ieri la Segretaria di Stato Usa Hillary Clinton ha precisato che gli Stati Uniti sono “ancora lontani” dal decidere una interdizione di voli aerei del regime sulla Libia: è la questione della no-fly zone, che la stessa Clinton aveva segnalato essere tra i temi in discussione. Ne parla ampiamente il Corriere della Sera, riferendo anche delle dichiarazioni del segretario alla difesa Gates: “Nella Nato non c’è consenso per il ricorso alla forza”, ha detto. Aggiungendo: “Chiamiamo le cose con il loro nome: una no-fly zone inizia con un attacco contro la Libia per distruggere le sue difese aeree. Soltanto dopo un attacco così sarebbe possibile far volare i nostri aeroplani sul Paese senza timori che i nostri uomini vengano abbattuti”, ha spiegato al Congresso.

Anche da La Repubblica si riferisce dell’avvertimento di Gates sull’ ipotesi di no-fly zone: “è una grossa operazione, impegnativa, anche per l’ampiezza della Libia, e richiederebbe molti più cacciabombardieri di quanti ne trasporti una singola portaerei”. Secondo il quotidiano queste dichiarazioni rendono poco credibile anche un’altra opzione: l’offerta della Lega Araba, che ieri ha proposto di farsi carico della no-fly zone di concerto con l’Unione Africana. Due organismi i cui stati membri non hanno certo flotte militari né aviazioni paragonabili agli Usa. Mike MUllen, capo di stato maggiore, ha puntualizzato che non c’è mai stata una richiesta di interventi militari da parte delle forze ribelli in Libia. E lo stesso Mullen ha negato che esistano prove sul fatto che Gheddafi abbia usato aerei ed elicotteri contro la popolazione. Si riferiscono poi le obiezioni della Usa Air Force, secondo cui le difese anti-aeree libiche sono superiori a quelle dell’Iraq, per cui la no-fly zone richiederebbe centinaia di cacciabombardieri.

Da La Stampa segnaliamo anche resoconti dalla audizione della Clinton al Congresso: “La nostra maggiore preoccupazione è che la Libia precipiti nel caos”. E “potrebbe diventare una gigantesca Somalia”. Nel resoconto de La Stampa si evidenziano poi i timori della Clinton sulla Cirenaica, allorché ha detto che “molti militanti di Al Qaeda catturati in Afghanistan e in Iraq venivano dalla Libia orientale”, ovvero la zona in mano ai ribelli. Oggi l’intervento umanitario sarà in agenda nella riunione degli ambasciatori Nato a Bruxelles, chiamati a discutere dell’applicazione delle sanzioni Onu e delle ipotesi di no-fly zone. Ad avvalorare lo scenario della operazione umanitaria, secondo La Stampa, è la decisione del Pentagono di posizionare davanti alla Libia la Uss Keasarge e la Uss Ponce con a bordo 800 marine e qualche elicottero a bordo.

Anche sul Sole 24 Ore si riferisce che fonti militari statunitesi precisano come prima dei pattugliamenti sia necessari distruggere i centri radar, le basi missilistiche e i caccia Mirg e Mirage di Gheddafi, poche decine di vecchi velivoli non tutti operativi.

Ancora da La Stampa segnaliamo la proposta della Commissione Ue e del suo presidente Barroso, che ha invitato l’Europa a non risparmiare sforzi per accompagnare la rivoluzione nordafricana, proponendo un “patto per la democrazia e la prosperità condivisa”. Prevede, tra l’altro, l’ipotesi di modificare lo statuto della Banca per l’est (la Bers), creata all’indomani del crollo del muro, per usarla a sostegno dei vicini mediterranei.

Pakistan

Ieri è stato assassinato il ministro per le minoranze del Pakistan, Bhatti. Scrive Avvenire che lo scorso 14 febbraio aveva detto di aver ricevuto minacce di morte da parte degli integralisti per le sue parole sulla legge anti-blasfemia. Aveva assicurato: “Il mio impegno resta lo stesso per la causa delle libertà religiose, in difesa delle aspirazioni dei cristiani e delle altre minoranze, per combattere contro gli abusi e la legge sulla blasfemia, per ottenere giustizia per Asia Bibi”. Il ministro viaggiava senza scorta. Sul posto dell’omicidio sono stati rinvenuti volantini firmati dal Tehrik-i-taliban Punjab, coalizione di movimenti collegati con i taleban afghani. Immediata la rivendicazione da parte di uno dei portavoce dei taliban, Sajjad Mohmand, che, in una telefonata, si è attribuito la paternità dell’omicidio che ha colpito “un ministro blasfemo”. L’omicidio, secondo molti analisti, è stato attentamente pianificato. Il quotidiano della Cei intervista padre Bonnie Mendes, che ricorda: avevo concelebrato ai funerali di suo padre non più di due mesi fa. In quella occasione Shahbaz (Bhatti) aveva profetizzato in quella stessa chiesa per i suoi funerali”. Racconta che la carriera del ministro “più che politica era stata sempre di attivismo per i diritti dei cristiani e di tutte le minoranze”. Della legge anti-blasfemia sottolinea la sua assoluta arbitrarietà: ricorda che, anche se in forme parzialmente diverse, “è sempre esistita, fin dai tempi della colonizzazione britannica, ma per lunghi periodi non fu nemmeno applicata”. Cosa l’ha resa uno strumento di persecuzione? Padre Mendes ricorda che quando il generale Zia Ul Aq prese il potere, nel 1985, puntò sull’islamizzazione come carta per assicurarsi il potere. Per questo introdusse una serie di provvedimenti di ispirazione religiosa che all’inizio passarono quasi inosservati, tra le pieghe della legge marziale, come pure l’impossibilità di fatto da parte del parlamento di abrogarla.
Sottolinea Il Foglio che l’assassinio di Bhatti segue di due mesi quello del governatore del Punjab, il musulmano liberale Salman Taseer, ucciso da una guardia del corpo per essersi espresso contro la blasfemia
Figlio di missionari cristiani, Bhatti aveva difeso con coraggio Asia Bibi, la cristiana condannata a morte per blasfemia in base a false accuse. Il quotidiano di Ferrara sottolinea che “il premier Gilani però ha capitolato al terrorismo e ‘categoricamente esclude’ riforme della blasfemia. Secondo dati ufficiali, 964 persone sono state incriminate in Pakistan in nome di quella legge”. Il ministro era a pochi metri da Benazir Bhutto quando fu assassinata. E adesso, nella hit list dei terroristi, campeggia il nome di Sherry Rehman, parlamentare e giornalista laica, liberale e musulmana, che aveva presentato una mozione al Senato per abrogare la legge sulla blasfemia.
Alle pagine interne de Il Foglio un articolo di “appunti diplomatici” in cui si spiega come l’Italia avesse incontrato il ministro appena ucciso e come la sua figura ispirasse l’ipotesi ventilata dal ministro Frattini di un incontro fra lo stesso Bhatti e i 15 ministri degli esteri europei affiliati al PPE per parlare della tutela delle minoranze religiose. Frattini concede una intervista ad Avvenire e ricorda: “Lo incontrai a Roma lo scorso settembre e poi lo rividi a novembre ad Islamabad”, “mi disse che i suoi avversari stavano cercando di togliere i fondi al ministero per le minoranze religiose”, e “mi chiese di aiutarlo a far conoscere il suo lavoro nella comunità internazionale”.

Politica

La Camera dei Deputati dovrà decidere sulla richiesta della maggioranza di sollevare conflitto davanti alla Corte Costituzionale sulla competenza nella inchiesta Ruby. Secondo La Stampa “Fini vuole accontentare il Cavaliere”, nel senso che – come spiega un “retroscena” – il presidente della Camera, “per evitare di essere bombardato, sarebbe orientato a mandare in Aula la richiesta di sollevare il conflitto di attribuzione contro i magistrati milanesi”. Non vuole cadere nel tranello che gli ha preparato Berlusconi per denunciare come il presidente non sia imparziale. Il duello è giocato su cavilli procedurali, con Fini che vuole passare per la giunta per il regolamento per poi prendere una decisione in ufficio di presidenza. E ieri questo annuncio ha scatenato le proteste del centrodestra “anche perché in questi due organismi l’opposizione ha – paradossalmente – la maggioranza. E’ quindi scontato che uscirà un “no” grande come una casa alla richiesta del premier. A questo Fini farebbe il bel gesto di mandare comunque in Aula la decisione, spiega La Stampa.
Il Corriere della Sera: “Conflitto di attribuzione, mossa di Fini, ‘prima approfondire il regolamento'”.