La rivoluzione è nonna, nel libro “L’invenzione della felicità”

Pubblicato il 24 Maggio 2021 in , da redazione grey-panthers

“Bennussi’, io non ci voglio andare alla casa di riposo”. Così ha inizio la storia di “L’invenzione della felicità” di Benedetta Gargano, Solferino. Così ha inizio la vicenda di Benedetta, 45 anni, sposata, senza figli, sceneggiatrice di soap opera, food blogger, Napoli. Allorché la nonna 97enne le dà la notizia che, in seguito a una brutta caduta, i figli vogliono metterla in una casa di riposo, e lei, Benedetta, decide di prenderla a vivere con sé. Con sé e Paolo, il marito, nella loro casa minuscola, incastrando una brandina Ikea tra libreria e scrivania. L’avvento della nonna è una rivoluzione, e in lontananza risuonano le parole della mamma: “Quando si torna a casa dalla clinica dopo aver partorito, si piange. È la vita che cambia all’improvviso e, per quanto possa sembrare assurdo, i nove mesi della gravidanza non ti preparano a quel cambiamento”. Perché è esattamente questa la sovrapposizione che avviene, e non solo nella testa di Benedetta: la nascita di un figlio/la presa in carico della nonna.

Sempre di creature in arrivo trattasi. Creature che occupano spazio, sconvolgono routine. E la creatura di questa storia ha carattere, piglio, nonché esigenze: tifa Napoli, e desidera vedere la partita da sola — si potrebbe avere un secondo televisione, Bennussi’? Immaginate Zia Mame di Patrick Dennis invecchiata. Prendete zia Mame a fatela arrivare a 97 anni. Toglietele i viaggi, le feste, mettetela in un piccolissimo salotto: lei amerà e entrerà in polemica con la stessa foga della giovinezza. Tutto dalla poltrona — “Bennussi’, mentre tu non c’eri ho telefonato a Mimmo!”.

Solo che dall’altro lato non c’è un ragazzino di 11 anni, bensì una donna di 45 con una vita sua che invece di fermarsi, prosegue, anzi si movimenta (diminuite le ore di lavoro alla soap, Benedetta dà avvio a corsi di cucina in casa, e viene invitata a un programma tv). Proprio quell’anno, l’anno in cui la nonna va a vivere con lei, è anche l’anno in cui Benedetta s’innamora — sì, tradendo il marito. E con l’amore Benedetta detta Bennussi’ riscopre sé stessa. Se nella prima parte del romanzo non c’è una descrizione fisica della protagonista, eccetto rapidi accenni (il vestito che non entra, la poltrona che forse non regge il suo peso), incontrando Dino, Benedetta acquista tridimensionalità e passato. “Io non ero una donna diventata grassa di recente, magari una di quelle che prendono peso in gravidanza e poi non riescono più a dimagrire. Ero obesa, patologicamente obesa, da almeno trentacinque anni e dallo stesso numero di anni ero infruttuosamente a dieta”. Quando nelle narrazioni contemporanee il peso del protagonista, questo peso, è la storia. Nel “L’invenzione della felicità” il peso si fa determinante — discorso sociale, ingombro — nella sottrazione.

Non dando eccezionalità al corpo sovradimensionato, l’autrice compie un gesto letterario innovativo: affermare tramite la scrittura (nel non detto, nel sorvolare leggera) che la protagonista è una donna normale. Non stabilendo consequenzialità corpo dolore, racconta un’altra storia — d’amore e di cura. E allora prima corpo che accoglie, corpo di figlia (nipote), quindi — gradualmente —, corpo a sé, riscoperta. Attraverso la nonna rimpicciolita, sempre più fragile, Benedetta riacquista contezza del suo corpo. Nell’accudire l’anziana, diventa madre e torna donna, come dimostrano i riti, vedi quello della buonanotte, mettere a letto la nonna. Rito che contiene tutti i bambini che Benedetta ha perso, cinque, e tutte la madri che non è stata (contando desideri e fantasie: cento, mille).

L’anno in cui la nonna va a vivere da lei, l’anno in cui Benedetta s’innamora, l’anno in cui Benedetta dimagrisce. È questo che fa de L’invenzione della felicità un romanzo originale, sentimentale, comico, struggente, intelligentissimo: scardinando il concetto di maternità, trovando la metafora, componendo un quadro inedito (che comprende gli infiniti modi di essere madre). Al pari della nascita di un figlio, l’arrivo della nonna cambia il quotidiano, e genera un nuovo mondo fatto di codici e parole come il Daipan, ovvero l’iPad con cuffie che Benedetta le dà per non comprare un secondo televisore, chiesto e richiesto dalla nonna la quale, dice, non può adattarsi ogni sera a quello che vedono loro — “Bennussi’, ma se il papà del creaturiello ha registrato petaloso, noi non possiamo registrare Daipan?”.

l'invenzione della felicitàIn questo universo rigenerato c’è la meraviglia delle prime volte, l’incanto delle conquiste, insieme alla malinconia di ciò che si perde, poiché ogni nuovo assetto comporta una perdita. Nello specifico Paolo che rimane indietro. L’invenzione della felicità è la storia di due donne tra presente e squarci di passato. Ecco la nonna bambina, padre ufficiale medico, pioniere della radiologia. Ecco la nonna ragazza: le nozze, il boom, la ricchezza. Il nonno presidente del circolo, e lei presidentessa. I natali, le estati. 1989, la morte del nonno, quando tutto cambia, e trova un ordine differente per arrivare a oggi, a questa casa minuscola, a una vita vissuta dalla poltrona, benché con la vena polemica antica — «Bennussi’, a te sembra normale che un vecchio di settantacinque anni (suo figlio, NdR) mo vada in barca a Sorrento a farsi il bagno?».

L’anno in cui la nonna va a vivere da lei, l’anno in cui Benedetta dimagrisce, l’anno in cui Benedetta s’innamora. L’ultimo anno di vita della nonna. Per quanto loro, nonna e nipote, non vogliano pensarci, per quanto ci scherzino su, il cammino è quello — «Bennussi’, è morto anche il professore Abbamonte. Ormai è un testa a testa fra me e Kirk Douglas». Il corpo nonna/nipote va rimpicciolendo: la nipote dimagrisce, la nonna perde consistenza, fino alla «bambina raggrinzita» che si sente male, «al corpicino bollente» che Benedetta prende tra le braccia. Fino alla morte, e dopo: al cappotto grigio ritrovato nell’armadio che Benedetta indossa pensando sia suo, per poi ricordare che no, è un vecchio cappotto della nonna. «Che bellezza un altro paio di mesi a dieta e questo bel cappotto te lo godi tu» avrebbe detto la nonna, e forse dice, la voce risuona. Perché un personaggio del genere, tanto ingombrante — ricattatorio, prepotente, allegro tenerissimo — rimane: in vita e in letteratura. «Bennussi’ mia, da quando sto qua mi sento dieci anni di meno» — risuona la voce per sempre.

L’autrice

L’autrice, Benedetta Gargano (Napoli, 1969), è scrittrice, sceneggiatrice e autrice televisiva (“Un posto al sole” e altre serie tv). Si è formata presso la scuola Holden di Torino e nel 2015 ha pubblicato per Loescher un romanzo per ragazzi, “Lontano da qui”. Appassionata ed esperta cuoca, food blogger, ha collaborato con “Cook”, mensile di cucina del Corriere della Sera.

 

 

Fonte: Corriere della Sera