La Rassegna Stampa: “Vogliamo libertà e democrazia, non gli imam al governo”

Pubblicato il 24 Febbraio 2011 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

Il Corriere della Sera: “La rivolta avanza, a Gheddafi resta Tripoli. Soldati e mercenari del regime richiamati nella capitale. Si moltiplicano le diserzioni. Anche Misurata in mano agli insorti”. “La spiaggia ora è un cimitero. La Ue prepara sanzioni. Berlusconi: attenti al dopo”. La politica interna è in taglio basso: “Offensiva del Pdl sulla giustizia. Nuovo milleproroghe. Manifestazione delle donne del centrodestra”.

La Repubblica. “La Libia in un bagno di sangue. Obama: fermiamo il massacro, pronti a ogni opzione. La parte Est del Paese è in mano agli insorti. Malta respinge un aereo con a bordo la figlia di Gheddafi”. Sotto: “Maroni chiede fondo di solidarietà alla Ue. Barroso: vi aiuteremo. ‘Un milione e mezzo di profughi’. L’Italia schiera le navi anti-barconi”. A centro pagina la politica interna: “Salva premier, il Pdl accelera. Processo breve, intercettazioni e mini-prescrizione. Milleproroghe, modifiche e fiducia”.

La Stampa: “Inferno Libia, migliaia di morti. Al Arabya parla di 10 mila vittime, a Tripoli si scavano fosse sulla spiaggia. Berlusconi: vento di libertà, ma attenti al fondamentalismo. Obama: violenze vergognose, il governo è responsabile. Subito un’iniziativa internazionale. L’Ue teme un milione e mezzo di profughi nel Mediterraneo. Il petrolio sale a 110 dollari”. Il quotidiano offre in prima pagina anche l’intervista al Presidente Napolitano del quotidiano tedesco Die Welt: “Un nuovo corso per il popolo libico”, il titolo.

Il Foglio: “Gheddafi sprofonda la Libia nel sangue. Un milione di migranti pronti all’esodo. Il rais ha proclamato la guerra civile, l’Ue minaccia sanzioni”. “Gli insorti sono alle porte di Tripolii, la figlia del rais in volo verso Cipro, si moltiplicano le sollevazioni tribali. L’Italia richiama l’Europa (divisa) ai suoi doveri prima che sia troppo tardi. Attesa per il discorso di Obama”. Di spalla: “Fuga dal Pd. Che cosa c’è dietro la grande diaspora che ora spaventa Bersani. Da Rossi a Molinari. Il caso dei ventuno parlamentari fuoriusciti e la paura di una nuova rottura cattolica”. “‘Non è un fenomeno isolato'”.
Il Foglio intervista Bill Kristol, direttore del magazine conservatore Usa Weekly Standard, da sempre sulla linea più ortodossa della dottrina repubblicana: “Cose si comporta un presidente. Per Kristol le rivolte arabe sono la grande occasione di Obama”.

Il Sole 24 Ore: “Petrolio record per la crisi libica. Il Brent a 111 dollari (massimo da due anni e mezzo) dopo l’arresto di parte della produzione. Il ministro Romani: forniture sicure. Fosse comuni a Tripoli: per la tv araba 10 mila morti. Il regime perde la Cirenaica”. A centro pagina: “Cambia il milleproroghe, sprint per l’approvazione. Pronto un maxi emendamento: voto finale sabato al Senato”.

Il Giornale: “Dopo Ruby, Hitler. Umberto Eco, il guru della sinistra che usa la marocchina come un’arma, attacca: ‘Altro che Gheddafi, Berlusconi è come il Fuhrer’. E ora i radical chic che hanno trattato con il rais accusano e insultano il premier: ‘Lui è inferiore'”. In prima il quotidiano, con foto dello scrittore Roberto Saviano, scrive anche: “Il padre di Saviano processato per truffa”. Il padre di Saviano, medico, è accusato di aver stilato ricette fittizie, scrive il quotidiano.

Libero: “‘Rubano’ le case anche ai ciechi. A Roma, nella centralissima via Margutta, l’Istituto dei non vedenti affitta ad appena un euro al metro quadrato. E spunta l’ex segretario di Occhetto”.

Il Riformista ha in prima una foto di Berlusconi sotto il titolo “Lui pensa a un’altra guerra”: “Il piano Berlusconi per aggirare i veti del Colle e dare scacco ai pm”, “La direttiva: ‘Basta con le colombe, dobbiamo fare tutte le riforme, se non ora quando?’. Naturalmente si cominicia dal processo breve, in aula il 28 marzo”. A centro pagina: “Gheddafi accerchiato semina altri morti”.

L’Unità apre con una foto delle fosse comuni a Tripoli: “Diecimila le vittime, cinquantamila i feriti”.

Libia

La Repubblica e il Corriere della Sera offrono ai lettori reportages da Bengasi: “La festa di Bengasi, città liberata” titola il Corriere. La città è ora retta da una sorta di comitato di salute pubblica composto da 15 persone, perlopiù giudici e avvocati, che si riuniscono quotidianamente per cercare di gestire i bisogni immediati della popolazione. L’inviato del quotidiano incontra una quindicina dei trenta mercenari di origine africana catturati durante i combattimenti. Li tengono in una camerata del tribunale e più che il timore che scappino è il tentativo di proteggerli dal linciaggio a muovere le nuove autorità. Uno di loro è nigeriano, ha 22 anni e spiega di aver lasciato il proprio Paese per fame. E ancora il cronista incontra alcuni giovani avvocati: “Lo sapete a Roma – dicono – che i soldi italiani per gli indennizzi alla Libia sono serviti a Gheddafi per pagare i mercenari e comprare le armi utilizzate a reprimere il popolo libico?”. Poi incontra una donna avvocato, che dice: “I governi europei insistono nel sollevare lo spettro dell’Islam. Ma perché non vengono qui con noi? Si renderebbero conto che i Fratelli Musulmani non c’entrano per nulla. Vogliamo libertà e democrazia, non gli imam al governo”.
In prima campeggia il fotogramma di un video diffuso da “Onedayonearth.org” che attesta la presenza di centinaia di fosse comuni scavate sul lungomare di Tripoli.

Per il cronista de La Repubblica la guida nella Bengasi liberata è un professore di economia, diventato un po’ il leader di una rivolta “inaspettata e dirompente”. Lo porta all’interno del commissariato, gli spiega che i tronchesi sul pavimento servivano a tagliare le dita, il naso, le orecchie o i genitali degli oppositori: un intero arsenale di tortura da inquisizione medievale.
Su L’Unità due pagine dedicate a “la legione straniera” guidata da Gheddafi junior per “sterminare i ratti”, “l’esercito dei mercenari africani arriva fino a 35 mila unità. Professionisti della guerra sono al soldo del rais e vengono da Nigeria, Ciad e Mauritania”. Sarebbero agli ordini di Khamis, figlio del Colonnello, e comandante di una temuta unità speciale delle forze di sicurezza libiche. Una volta scesi dagli aerei che li trasportavano, avrebbero indossato uniformi dell’esercito libico. Sarebbero pagati, secondo alcuni, 500 dollari al giorno. L’ambasciatore libico in India, dimessosi in segno di protesta, dice: “Sono africani e parlano francese e altre lingue”, mentre i militari che si uniscono ai manifestanti “sono libici e non possono vedere stranieri uccidere dei libici. Così si mettono col popolo”. Ma l’Unità parla anche dei mercenari serbi che sarebbero arrivati a combattere a sostegno di Gheddafi: ne ha parlato tabloid belgradese Alo e sono stati tra i primi ad arrivare in Libia, dal momento che vivevano in Paesi africani vicini, dove lavoravano come istruttori delle locali forze armate e come guardie del corpo di alcuni dittatori presidenti come lo zairese Mobutu Sese Seko. Sono ex militari, ex poliziotti, ex membri del “berretti rossi”, il corpo creato dal defunto leader serbo Milosevic. Molti di loro hanno legami con la Legione Straniera.

Il corrispondente de La Stampa negli Usa firma invece una analisi su quella che definisce la sindrome della Somalia, ovvero “due stati, guerra tra le tribù”: “con Tripoli ancora in mano a Gheddafi e la Cirenaica in preda alla rivolta si apre lo scenario di una Libia spaccata in due. Robert Baer, ex agente dell Cia in Medio Oriente, dice che “la strategia di Gheddafi può essere puntare al tanto peggio tanto meglio”, spingendosi a “sabotare pozzi e oleodotti per precipitare la Libia in uno scenario somalo di lotta tra clan”, sapendo che a lungo termine potrebbe prevalere solo lui, avendo a disposizione più soldi e armi di ogni rivale. Per questo avrebbe ordinato la liberazione di militanti jihadisti dalle carceri. Il vicedirettore del centro di Doha della Brookings Istitution, Sharqieh, dice che però i mercenari indeboliscono il Colonnelllo “perché gli alienano il sostegno dei clan locali”. Segue un dettagliato elenco delle oltre 140 tribù alla quale appartiene l’85 per cento dei libici. E una spiegazione sui loro rapporti con Gheddafi.

Il Sole 24 Ore ha un inviato a Derna, Cirenaica, dove la conta dei morti è stata molto alta, e dove arriva – racconta l’inviato – una notizia che fa infuriare i dimostranti: Al Qaeda ha costituito un emirato a Derna, diretto da Al Hasadi, un ex detenuto di Guantanamo. A dichiararlo sarebbe stato il viceministro degli esteri Khaim, incontrando gli ambasciatori dei Paesi Ue. Dice anche che sarebbe già stato disposto l’obbligo del Burqa. Ma gli attivisti di Derna smentiscono che il protagonista abbia parlato di un governo islamico. E suor Celeste Biasioco, in Libia dal 1964, dice: “Non ho mai visto l’estremismo islamico in questa terra. La gente della Cirenaica è tollerante e pacifica”. E ancora, uno dei protagonisti della rivolta spiega che è fuor di luogo fare paragoni con la piazza egiziana: “Internet qui non è così diffusa. A trascinare le piazze sono state le immagini sui telefonini dei corpi mutilati della nostra gente innocente”.

La Stampa riproduce una intervista concessa dal presidente Napolitano al quotidiano tedesco Die Welt, durante la sua visita in Germania. Dice: “Credo che l’Europa, negli anni passati, sia stata un po’ disattenta nei confronti degli sviluppi del nordAfrica”. Per quanto riguarda la Libia Napolitano invoca l’avvio di un nuovo corso, nella libertà, per aprire al popolo libico un futuro migliore. L’Europa deve “rispettare l’autonomia di questi Paesi”, ma non può che “sostenere un processo di transizione ordinata che porti ad elezioni democratiche”.

Il Giornale intervista Magdi Allam, la cui intervista è titolata: “Il rischio del caos libico: l’esportazione di integralisti”. Tuttavia Allam dice della politica del nostro Paese nei confronti della Libia: “Con Gheddafi abbiamo fallito. E adesso il primo passo da compiere è una severa autocritica per quello che abbiamo fatto. Perché sono stati i servizi segreti italiani a portarlo al potere nel 1969 su sollecitazione dei potentati petroliferi, compresa l’Eni, cui Gheddafi aveva promesso una serie di privilegi”.

Su La Stampa una intervista all’ex portavoce dell’Università egiziana Al Azhar Tahtawi. Dice che “la reazione disperatamente violenta ma non risolutiva di Gheddafi insegna che la forza non potrà mai più piegare i popoli arabi, e questo è un avvertimento anche per l’esercito egiziano, casomai fosse tentato da una ipotesi di golpe. Il portavoce racconta una barzelletta per spiegare la differenza tra Libia ed Egitto: un cane libico tenta di attraversare la frontiera egiziana e, quando i doganieri gli chiedono perché voglia lasciarsi alle spalle una situazione economica migliore, risponde che “almeno in Egitto puoi abbaiare”.

E poi

Il Sole 24 Ore spiega la “nuova apertura” di Obama ai gay: il presidente ha deciso di non difendere più la legge del 1996, defense of marriage act. che definisce il matrimonio come unione tra un uomo e una donna. Obama considera questa legge, che vieta i matrimoni tra omosessuali, incostituzionale. Il quotidiano racconta gli oscillamenti dell’Amministrazione su questa questione: il ministero della giustizia nei mesi scorsi aveva continuato a difendere la costituzionalità della legge nei tribunali americani. Una legge approvata dal Parlamento americano con una maggioranza schiacciante (342 sì e 67 no alla Camera, 85 sì e 14 no al Senato).Fu firmata dall’allora presidente Clinton, che nel frattempo aveva cambiato opinione. L’ultimo sondaggio risale ad agosto e rivela che il 52 per cento della popolazione è favorevole al matrimonio gay.
Se ne parla anche su La Stampa, che dedica ampio spazio anche alla vittoria dell’ex capo dello staff della Casa Bianca Rahm Emanuel a Chicago, dove è diventato il nuovo sindaco, con il 55 per cento dei voti.

“Fair trial per il jihadista” è il titolo di una lunga analisi che compare oggi su Il Foglio, firmata da Mattia Ferraresi: “Guantanamo, cronaca di un giusto processo. L’imputato è difeso da un tosto avvocato ebreo”. E’ il processo a Noor Uthman Mohamed, sudanese, catturato in Pakistan. Nega di avere colpito obiettivi civili.

Sul Corriere si riferisce che torna in libreria il saggio di Anthony Giddens “Beyond Left ad Right”, 1994: la nuova edizione ha una prefazione di Michele Salvati, di cui il Corriere offre ampi stralci. L’inserto R2 del Diario de La Repubblica è dedicato alle “rivoluzioni”, ovvero “quando le rivolte popolari fanno tremare i regimi”. “Quello che sta succedendo in nordafrica e in Medio Oriente è una rivoluzione diffusa grazie anche ai giovani ed è simile ad altri episodi della storia, dal 1848 al 1989”. Si cimentano sul tema: Adriano Sofri, Predrag Matvejevic e Jean Daniel.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)