La Rassegna Stampa: “Le parole di Andreotti una offesa per gli onesti”

Pubblicato il 10 Settembre 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

La Repubblica: “Corano, interviene Obama, il pastore rinuncia al rogo. Il reverendo: mi hanno promesso che non ci sarà la moschea a Ground Zero. L’imam smentiscce. Allarme attentati anti-Usa”. Più in piccolo la politica interna: “Voto, Bossi cede a Berlusconi: sì alla fiducia. Tremonti: continuiamo a governare, ne sono orgoglioso”. A centro pagina: “Pd squadrista’, bufera su Brunetta”. Il ministro ha attaccato il Partito democratico dopo l’aggressione a Bonanni. “La replica: sei uno sciacallo”.
In evidenza a fondo pagina un richiamo dell’inserto R2: “Il declino del tg1 nella guerra degli ascolti. Mentre Mentana cresce, Minzolini scende al 25 per cento di share: persi 850 mila spettatori”. L’articolo è di Francesco Merlo.

Il Corriere della Sera: “Obama ferma il rogo del Corano. Svolta dopo l’allarme lanciato dall’Interpol: rischio di attentati in tutto il mondo. Interviene il presidente, il religioso della Florida rinuncia”. A centro pagina: “Bossi: non voteremo la sfiducia. Il Senatur frena sulle urne: stiamo con Berlusconi. Il Pdl sui finiani: un cancro. Campagna del premier per allargare la maggioranza”. In evidenza sul quotidiano milanese anche una colonna dedicata al caso Ambrosoli, dopo il clamore suscitato da una frase di Giulio Andretti in una intervista televisiva. Scrivono Umberto Ambrosoli (“Mio padre e la difesa del pubblico interesse”) e Claudio Magris (“Le parole di Andreotti una offesa per gli onesti”).
A fondo pagina da segnalare il titolo: “Scajola: vendo la casa e faccio beneficenza. Il ritorno dell’ex ministro: ‘Recupererò solo la mia parte di denaro'”. Infine, in prima anche un intervento di Giulio Tremonti, dedicato al tema della sicurezza sul lavoro, sulla cui normativa si espresse qualche tempo fa suscitando qualche polemica: “Regole diverse per i ‘piccoli'” è il titolo che il quotidiano assegna al suo contributo.

La Stampa: “Bossi: patto con Berlusconi. Il leghista: non accoltelliamo alle spalle. Il premier cerca voti per andare avanti”. “Proposta choc di Calderoli: Napolitano sciolga solo la Camera. Tremonti ai giovani Pdl: sono fedele al governo”: Sotto la testata: “L’appello di Obama: no al rogo del Corano. E il reverendo si ferma. Dopo una giornata di allarmi e tensioni. Nella notte il pastore della Florida rinuncia alla protesta”:

Il Foglio: “Così Tremonti segue con vigile disinteresse le partite del potere. Fondi sovrani, fondazioni, Consob. Gli appuntamenti Pdl per fugare voci di un futuro lontano dal Cav”. Di spalla attenzione alla Francia: “Il cubo di Sarkozy, ovvero i tre rimpasti impossibili di Francia”.

Libero: “La legione straniera di Silvio. Venti deputati pronti a sostituire chi segue Gianfranco. Arrivano da Udc e gruppo Misto. Nel Fli s’azzuffano: Bocchino chiede ai suoi di lasciare gli incarichi del Pdl, solo due lo fanno”. L’editoriale, firmato da Maurizio Belpietro, insiste sul trattamento che alcuni organi di informazione riservano al Presidente della Camera: “In nome di Fini la libera stampa s’imbavaglia”.

Il Giornale: “Montecarlo, arrivano le carte. La casa in affitto al cognato di Fini. Le autorità di Monaco hanno quasi concluso la raccolta di documenti da inviare alla procura di Roma. E l’indagine per truffa potrebbe essere vicina a una svolta”.

Il Riformista. “La festa al Pd. Dai centri sociali a Brunetta, il partito di Bersani è sotto assedio. L’incubo di Torino. Il segretario dice che non può blindare la festa, ma Brunetta l’accusa di connivenza con gli ‘squadristi’. E’ l’inizio di una strategia per far saltare il ‘nuovo Ulivo'”.

Il Sole 24 Ore: “La crescita perde slancio. Per l’Ocse in Italia Pil giù dello 0,3 per cento nel terzo trimestre. Tremonti: al Sud prima lo Stato, poi il federalismo. Bce: salari più flessibili nei Paesi con scarsa competitività”. In grande evidenza a centro pagina il quotidiano di Confindustria offre una intervista a Tony Blair: “Silvio un amico, ma la sinistra rinascerà”. L’editoriale del Sole, firmato da Alberto Alesina, si sofferma sul piano economico di Obama: “I pannicelli caldi non saldano la ripresa”.

Governo

La Stampa descrive un premier “a caccia della ‘legione straniera’”: Denis Verdini vede almeno una decina di ‘contattabili’tra le fila dell’opposizione, ma soprattutto tra i finiani. Al momento mancherebbero 4 o 5 voti per raggiungere quota 316, la metà più uno dei deputati.
Sullo stesso quotidiano, il ministro leghista Calderoli, intervistato, spiega la propria linea: “Napolitano sciolga soltanto la Camera”, perché c’è “il rischio che funzioni male” (presieduta da Fini). Calderoli si dice anche convinto che “se ci sono i numeri si va avanti fino al 2013”. Ma i numeri ci sono? “Le vie del Signore sono infinite, ma la moltiplicazione dei pani e dei pesci non l’ho ancora vista fare a Berlusconi”.
Il Corriere: “Berlusconi sicuro: in arrivo tanti moderati”, “ai suoi spiega: possiamo ancora contare sul ministero e i sottosegretari da assegnare” (il riferimento è, ovviamente, al dicastero dello Sviluppo economico). Berlusconi starebbe ipotizzando la creazione di un gruppo parlamentare di “responsabilità nazionale” e, per esempio, vorrebbe offrirne la presidenza al repubblicano Nucara. Niente da fare, invece, sul fronte dell’Mpa di Raffaele Lombardo, che dispone di 5 deputati.
Berlusconi per il Corriere cerca di “pescare consensi parlamentari che gli garantiscano almeno qualche mese di ossigeno; poi si vedrà. Bossi lo asseconda con lo scetticismo di chi vede spazi di manovra ridotti; vorrebbe bruciare le tappe e incassare un trionfo lumbard”. Aver spostato tutto a fine settembre “conferma che i prossimi venti giorni saranno decisivi”, “si vuole evitare una crisi a ottobre e scopraggiare la tentazione di un governo di transizione in caso di caduta di Berlusconi”.
Scrive Il Giornale: “Silvio punta ad una maggioranza alternativa, contando sui voti dell’Mpa e di esponenti dell’Udc”.
Ancora più certo Libero: “Silvio trova venti deputati. Il premier conquista buona parte dei parlamentari del gruppo misto e alcuni dell’Udc”.
Su Il Sole 24 Ore, che pure fa i conti sui potenziali 19 deputati cui si starebbe dando la caccia nel gruppo misto, compare una intervista al capogruppo al Senato dell’Mpa di Lombardo, Giovanni Pistorio, che dice: “Un nuovo gruppo? Ma scherziamo? L’Mpa resta dov’è, siamo un movimento politico che sostiene il governo ma acriticamente. Il rilancio del sud per noi è fondamentale e per questo ci sentiamo in sintonia con Fini, ma anche con Casini e Rutelli”.
“Ma la Lega è ancora federalista?”, si chiede Luca Ricolfi su La Stampa, ripercorrendo tutte le ragioni per cui ha avuto motivo di dubitarne in questi anni: dal freno alla concorrenza in materia di servizi pubblici locali, alla condivisione della scelta di compiere tagli ‘lineari’ in occasione della manovra, anziché chiedere un premio per territori virtuosi e un apunizione per gli ‘spreconi’, per finire al federalimo che, malgrado Bossi confermi che “è al sicuro”, non è affatto scontato, perché i decreti delegati relativi alla materia “sono impostati senza numeri”. “Ebbene -scrive Ricolfi- in questa situazione la Lega non si preoccupa di attuare il federalismo, ma di tornare al voto più presto”: l’unica spiegazione è che “per la Lega ormai  il federalismo è diventato molto meno importante dell’allargamento della sua presenza nella pubblica amministrazione, dai Comuni alle Province, dalle Regioni al Parlamento”.
Il Corriere parla di “duello finiano sulla riforma dei servizi pubblici”: il ‘portavoce’ della formazione che fa capo al presidente della Camera, Della Vedova, considera “un’incompiuta” la riforma varata dal governo e denuncia come le norme siano state disinnescate dalla Lega.

Pd

La Stampa scrive del “no” di Veltroni ad un ‘patto’ con la sinistra radicale: alla notizia che il segretario Bersani avrebbe proposto un’intesa elettorale “collegata ad un preventivo non ingresso” di Prc e Pdci al governo, l’ex segretario ha chiesto la convocazione della direzione del partito.
“Ferrero e Diliberto nelle liste Pd, l’ira di Veltroni”, titola il Corriere. Secondo il quotidiano Bersani avrebbe già siglato un patto in cui si prevederebbe l’elezione di una decina di parlamentari dei due partiti nelle liste Pd (in particolare alla Camera).
Su Il Riformista, una lettera aperta di Chicco Testa a Sergio Chiamparino in 15 punti. Chiede al possibile candidato alle primarie Pd di scegliere:”o Marchionne o Vendola”. Tra le questioni poste: la politica filoatlantica o antimperialista? L’accordo Fiat di Pomigliano è positivo o è una pagina orribile di modernità ottocentesca? La contrattazione nazionale deve o non deve lasciare il passo ad accordi territoriali e aziendali?
Sullo stesso quotidiano segnaliamo un intervento del senatore Pd Tiziano Treu, già ministro del Lavoro, che spiega come il modello economico tedesco, per alcuni anni apparso demodé rispetto a quello anglosassone, sia tornato in auge. E’ quindi utile, per Treu, riflettere sulle ragioni di questo successo, anche perché è vero che la nostra economia presenta maggiori affinità con quella tedesca che con quella britannica. Primeggia il valore della partecipazione, che permea sia l’azione sociale che quella economica. E in economia, “motiva la spinta delle parti verso obiettivi comuni, primo fra tutti la competitivtà del sistema”. Il valore della partecipazione ispira le politiche sociali tedesche ma non si identifica con la cogestione, poiché il suo contenuto più importante è l’impegno comune delle parti per migliorare la competitivtà dell’impresa e condividerne i risultati. Se la forma della cogestione non è trasferibile in Italia, è certamente applicabile la sostanza della partecipazione nell’impresa. E’ un modello da seguire anche per Pomigliano.
Libero intervista il segretario della Cisl Bonanni, contestato alla festa Pd a Torino: “Ora un nuovo patto sociale”, dice. Su Pomigliano dice: “Solo chi vede tuttora il salario come una variabile indipendente dall’andamento dell’impresa e dell’economia può bocciare questo modello. E’ solo propaganda. L’alternativa era una sola: la chiusura della fabbrica che era afflitta da problemi incredibili. La Fiat si è impegnata a produrvi la Panda, uno dei modelli più pregiati per il mercato. I diritti non sono stati toccati, e comunque continuano ad esistere se le fabbriche restano aperte. I guadagni? Saranno largamente superiori ai precedenti. Secondo i nostri calcoli l’accordo porterà 4000 euro lordi in più in busta paga: e se dovessimo arrivare al diciottesimo turno, che significa lavorare per tre turni al giorno compreso il sabato, con la saturazione completa dell’impianto ci saranno altri 700 euro lordi in più al mese su ogni busta paga.

September eleven

Le prime tre-quattro pagine de La Repubblica e de Il Corriere sono dedicate a quanto sta accadendo negli Usa alla vigilia dell’anniversario dell’11 settembre e ai tentativi di convincere il reverendo Jones a non bruciare in piazza il Corano. Su La Repubblica l’islamologo Gilles Kepel analizza la situazione: “Per i conservatori Usa la moschea insulta le vittime dell’11 settembre. Obama ha voluto “fare dell’Islam una religione americana – scrive Kepel – come lo sono il protestantesimo, il cattolicesimo o l’ebraismo. Le sue intenzioni erano e sono lodevoli, poiché in questo modo vuole combattere lo scontro di civiltà, ma “la messa in atto di questi progetti è stata abbastanza maldestra”: in politica estera le sue aperture all’Iran non hanno avuto nessuna risposta positiva, il ritiro dall’Iraq è un sollievo per una popolazione Usa che non vuole più vedere i figli morire in una guerra incomprensibile, ma allo stesso tempo “illustra il fallimento della politica americana”, incapace di imporre la sua presenza nella regione del Golfo”. Quanto al ritiro da Baghdad, esso era propedeutico a una politica più efficace in Afghanistan, mentre l’incompetenza e la corruzione del governo afghano hanno permesso ai taliban di ritrovare una grande influenza. Poco convincente poi il tentativo di rilanciare il processo di pace israelo-palestinese. “E’ questo contesto poco favorevole, secondo Kepel, a provocare negli americani il sentimento che il loro Paese oggi sia colpito dalla impotenza, se non da un vero e proprio declino”. In questo contesto l’islamologo colloca la “sovra-interpretazione” della vicenda del centro islamico a Ground Zero utilizzata dai nemici di Obama o quella del pastore Jones: “E’ il segnale di una società che manca, per la sua ignoranza, della capacità di convivere con le popolazioni musulmane”.
Stamane la notizia è che Jones ha deciso di confermare i roghi, perché – ha spiegato – gli avevano assicurato che sarebbe stato spostato il centro islamico vicino a Ground Zero.
Su Avvenire viene intervistato Lorenzo Vidino, ricercatore italiano presso la Harvard University e autore di “The new muslim brotherhood in the west”, secondo cui la vicenda del pastore Jones pone l’amministrazione Obama in quella che si definisce la tipica situazione “lose-lose”, nel senso che “comunque la giri ci rimetti”. La popolarità di Obama è infatti oggi ai minimi storici, dice Vidino. Intervenire per bloccare la mano del pastore può avere per lui un effetto boomerang, sarebbe un suicidio politico a pochi mesi dalle elezioni di medio termini, perchè tutti gli americani considereranno il gesto un atto incostituzionale. Già il 25 per cento degli americani pensa che il loro presidente Barack Hussein Obama sia musulmano”. Come giudica la reazione della comunità islamica Usa? “Mi è sembrata molto ponderata e matura. Nessuna organizzazione ha sollecitato l’intervento del governo, come avevano fatto gli iman danesi durante la questione delle vignette satiriche su Maometto”. Quanto alla impossibilità delle autorità di intervenire a firmare il pastore Jones, Vidino fa notare: “In un Paese in cui la Corte Suprema considera lecito bruciare la bandiera nazionale, un simile intervento non è affatto contemplato”, “in forza del Primo emendamento della Costituzione, che garantisce non solo la terzietà della legge rispetto al culto e al suo libero esercizio, ma anche la libertà di parola e stampa”.

Tony Blair

L’ex premier britannico Tony Blair viene intervistato dal Corriere della Sera e dal Sole 24 Ore. Il quotidiano di Confindustria sintetizza così le sue parole in prima: “Silvio è un amico, ma la sinistra rinascerà”. Il Corriere: “Perché il centrosinistra perde? Teme il futuro, difende l’immobilismo”. Sulla guerra in Iraq, al Sole dice: “L’intelligence fu evidentemente in errore nel valutare le armi a disposizione del regime. Quello che non capii era il radicamento del movimento ideologico estremista islamico. Ci siamo liberati di Saddam in due mesi, ma poi abbiamo dovuto combattere non certo contro il popolo iracheno, ma contro le infiltrazioni di Al Qaeda, le mosse dell’Iran. Solo nel 2007 si è compreso che la realtà era diversa”. Rivendica di aver lavorato sul welfare dopo che la Thatcher aveva reso più competitivo il modello di business (io ho tolto la patina conservatrice)”: “E’ stato diverso, ma se si ricerca un elemento unificatore credo sia la voglia di modernizzare”. La sinistra europea deve “analizzare il mondo come il mondo è oggi, non come era o come vorrebbe che fosse o come avrebbe voluto che fosse stato. Valuta il mondo come è e troverai le risposte giuste. E’ ricetta buona per tutti, i partiti progressisti vincono quando sono all’avanguardia nel capire il futuro, sono sconfitti quando divengono una brutta copia dei conservatori. Quelli con la c minuscola”. Su Berlusconi: “Silvio non ha assolutamente niente del politico convenzionale”.
Al Corriere: “Io congedato dalla politica? Che sia per un ruolo internazionale o per un ruolo qui nel mio Paese, ho sempre detto e lo ripeto, che se me lo chiedono sono pronto a tornare in pubblico servizio”. L’Iraq: “Se non ci fossimo sbarazzati in due mesi di Saddam Hussein quali sarebbero state le conseguenze della non azione?”. “Se non aveva le armi di distruzione di massa, aveva comunque la volontà e la potenzialità di produrle e di usarle”. Dopo 13 anni di governo i laburisti sono usciti sconfitti dalle elezioni. Perché? “Non avevamo un programma da New Labour, ma da Old Labour”, “il centrosinistra può vincere se smette di difendere lo status quo e tiene saldo il filo con il futuro, se impara  cogliere le tendenze di un mondo che cambia velocemente, di un mondo che vuole anche legalità e ordine. Coltivare il proprio recinto ideologico senza aprirsi significa perdere”. Perché il centrosinistra arretra in Europa? “Perché di fronte alle incertezze del presente difende l’immobilismo. Il dovere della sinistra è quello di sostenere i mutamenti, non rifiutarli e resistere”. Cosa pensa dello slogan “Big society” dei conservatori? “Ci sono elementi di questo concetto che appartengono a noi laburisti, come ad esempio la volontà di rendere le comunità locali più attive nei processi decisionali. La mia idea è che se alla gente tu presenti la scelta tra uno Stato burocratico invasivo e uno Stato agile minimo, la gente opta per lo Stato minimo. Ma c’è una terza via: quella di uno Stato attento alla giustizia sociale, regolatore e riformatore. Ed è quella per cui mi batto”.

E poi

Il disegnatore danese che provocò proteste in tutto il mondo islamico raffigurando un Maometto con turbante a forma di bomba, Kurt Westergaard, premiato due giorni fa in Germania con il Media Prize, viene intervistato da La Stampa e dice: “Rifarei le vignette su Maometto, ma  sbagliato bruciare libri sacri”. Ammette di essere “un provocatore, però ateo e tollerante”.
Su La Stampa segnaliamo anche un intervento del ministro degli Esteri Franco Frattini, alla vigilia del nono anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle: “In difesa della libertà religiosa”.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)