La Rassegna Stampa: le elezioni anticipate, che quasi nessuno vuole, ma che rischiano di capitare

Pubblicato il 23 Settembre 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

La Repubblica: “Dossier anti-Fini, rottura col Pdl. ‘Una patacca il documento su Tulliani proprietario della casa. All’opera servizi deviati’. Intercettazioni, franchi tiratori con la maggioranza. Fli: sulla giustizia non trattiamo più. La Camera ‘salva’ Cosentino”. Il “retroscena” in prima pagina: “L’ira del cofondatore. ‘Il mandante è Silvio'”. Commento di Giuseppe D’Avanzo: “Così ha lavorato la macchina del fango”. A centro pagina: “Unicredit, ora Bossi teme i tedeschi. Il titolo cede in Borsa. Rampl: differenze di vedute con Profumo. I banchieri: indipendenza vulnerabile”. In prima pagina anche un colloquio di Massimo Giannini con Cesare Geronzi sulla vicenda Unicredit: “Mi dispiace deluderla, ma non sono io il capo della Spectre”, dice il banchiere al quotidiano.

Il Corriere della Sera. “Giustizia, rottura Berlusconi-Fini. Il presidente della Camera reagisce alle nuove sulla casa a Montecarlo: è killeraggio, ora basta. La maggioranza tiene su Cosentino: no all’uso delle intercettazioni”. L’editoriale, firmato da Massimo Franca, spiega che ieri probabilmente è stato fatto un altro passo verso le elezioni anticipate “che quasi nessuno vuole, ma che rischiano di capitare per la sfida sul filo del rasoio e dell’irresponsabilità in atto nel centrodestra”.  Di spalla il quotidiano si sofferma sulla inchiesta sulla banca vaticana Ior: “Tutti i movimenti sospetti sui conti dello Ior”. A centro pagina: “Rampl, divorzio inevitabile. La Libia? Non è la causa”. Il presidente di Unicredit viene intervistato dal quotidiano milanese.

Il Fatto quotidiano: “La repubblica delle porcate. Un dossier accusa Fini che dice: è una patacca. Poi rompe con B.. Un documento sparato da Giornale e Libero attribuisce a Tulliani la casa di Montecarlo. Per i finiani c’è puzza di servizi segreteti. E annunciano: non ci sarà nessun accordo sulla giustizia”. In evidenza in prima pagina anche un titolo di AnnoZero, la trasmissione di Santoro che riprende oggi: “Il padrone ordina alla Rai: ad Annozero non voglio Travaglio”. Santoro avrebbe replicato che stasera Travaglio andrà in onda “anche senza contratto. Io non ho paura”. 

La Stampa: “Giustizia, i finiani rompono la tregua. ‘Basta con i dossier’. No della Camera sulle intercettazioni per Cosentino. Fli vota con l’opposizione. ‘Gli 007 deviati dietro gli attacchi mediatici’. Berlusconi indignato: questo è un ricatto”. Una foto a centro pagina racconta gli scontri di ieri a Gerusalemme: “Ucciso un palestinese. Sangue sulla spianata”. A centro pagina anche la vicenda Unicredit: “Rampl: ‘La politica fuori da Unicredit. Due i candidati in corsa per il dopo Profumo”.

Il Riformista. “Fini va alla guerra. Non trattiamo più sullo scudo al Cavaliere. Crisi politica tra i Tropici e Montecarlo. I finiani accusano Berlusconi di aver costruito un ‘falso’ contro il loro leader con l’aiuto dei servizi. Salta la trattativa sulla giustizia nella maggioranza. A centro pagina un altro titolo: “Pistole fumanti e manine tropicali”. L’editoriale, firmato da Antonio Polito, è pure dedicato ai rapporti tra Berluscon ie Fini: “Si è spezzato l’equilibrio del terrore”. Di spalla invece si parla del Pd: “Bersani a Veltroni: ‘Chiedo la conta alla Direzione”.
Libero: “Il presidente è nudo. Altro che dossier. Il documento da noi rivelato afferma che la casa di Montecarlo è del cognato. Fini si dichiara vittima di un complotto. Per dimostrarli che non lo perseguitiamo, non pubblichiamo le sue foto senza veli”. Sotto, la foto del presidente della Camera nudo, con una foglia di fico.
Il Giornale annuncia “nuove rivelazioni su Montecarlo”: “La casa vale 1,3 milioni e Fini lo sa da otto anni”. A parlare è Filippo Apolloni Ghetti, ex dirigente di An ed agente immobiliare. “Nel 2002 gli feci la perizia e mi offrii pure di comparla. Lui era sorpreso: ‘mi avevano parlato di 800 mila euro’. Poi l’ha venduta a 300 mila”.
In prima spazio anche per la risposta di Gianmarco Tulliani sull’appartamento: “Io proprietario? Tutto falso”. “Ma da St Lucia nessuna smentita”, annota il quotidiano.
A centro pagina il voto di ieri alla Camera, che non ha concesso l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche per Cosentino: “Fallisce la spallata dei finiani. Berlusconi: non mi faccio ricattare”. Altro titolo in prma: “Cosentino: sempre sotto tiro, mai ascoltato dai giudici”.

Il Foglio: “Obama vuole una Ceo per sostituire Summers e dimenticare l’era Clinton. L’ex ad di Xerox favorita per la guida del consiglio economico, ma si affaccia la manager cacciata da Morgan Stanley”. Di spalla la politica interna: “Un Fini furioso subisce due colpi in un giorno solo e medita vendetta. C’è Caimano e Cayman. L’affaire Montecarlo manda al macero i negoziati con i finiani, che votano contro Cosentino ed escono sconfitti. La responsabilità di una crisi.
Il Sole 24 Ore: “I mercati in fuga dal dollaro. Le preoccupazioni della Fed per la ripresa e la rottura tra Obama e Summers pesano sulla valuta Usa e sulle Borse”. L’editoriale di Orazio Carabini torna sulla vicenda Unicredit: “Cercasi leader e governance”.

Fini

Il Corriere della Sera intervista l’ex tesoriere di An Pontone, che conversa con il quotidiano mentre due ufficiali della Guardia di Finanza sono da lui per “prendere alcuni documenti”. Dice che non conosce i Tulliani, che non ha mai sentito nominare le due società caraibiche che hanno comprato l’appartamento di Montecarlo, che Fini non gli ha mai parlato “di questo suo parente, né di cosa facesse a Montecarlo”. Quanto al suo futuro politico, non risponde alla domanda se voglia lasciare Futuro e libertà.
Su La Stampa: “Esplode la rabbia di Fini. ‘Complotto contro di noi’. ‘Stop al dialogo sul Lodo Alfano’ e sospetta il ruolo dei servizi. Il retroscena spiega che Fini era ieri “meno gelido del solito”: “Ma avete letto? Questo è un falso! Ma è un falso fatto così bene che… queste cose le fanno solo i Servizi”, “è una porcheria”. Conclusione politica: “Ora basta”. Fini è convinto che “se il governo ha organizzato una azione di dossieraggio ogni rappresaglia politica è lecita”.
Anche su La Repubblica un retroscena offre presunti sfoghi del presidente della Camera, che avrebbe detto, riferendosi a Berlusconi: “Lui punta scientificamente a distruggermi. Lo pianifica. Ma io a questo punto blocco ogni trattativa. Sulla giustizia si deve fermare ogni passo. Il mio è un punto d’onore perché non mi faccio impallinare da lui così, su una ricostruzione del tutto falsa”. Il che significa che non si tratta sulla giustizia e neanche sullo scudo per mettere in sicurezza il premier. Il ministro della giustizia Alfano avrebbe tentato di mediare con il finiano bocchino chiedendogli cosa si fa sul Lodo. Risposta di Bocchino: “E a me lo chiedi? Devi chiederlo al tuo capo. Noi nel merito siamo d’accordo, ma voi state ponendo le condizioni per la definitiva rottura. A questo punto noi scriviamo più il Lodo con voi, fatelo da soli”, “ma, come per tutte le altre leggi costituzionali, anche per questa ti ricordo che ci vorranno sei o sette mesi solo per la prima lettura”.
Il quotidiano scrive anche che Fini avrebbe nuovamente parlato con il cognato Tulliani ottenendo da lui una conferma che non è lui il titolare della società proprietaria della casa.
Il Corriere della Sera si sofferma sull’identikit dei possibili franchi tiratori che che ieri potrebbero aver votato in modo diverso rispetto alle indicazioni del gruppo parlamentare di appartenenza sull’autorizzazione all’uso delle intercettazioni telefoniche per Cosentino: parlamentari finiani, dell’Udc, ma anche dell’Api, del Pd, dell’Italia dei valori, perchè “nessuno è al di sopra di ogni sospetto con il voto non palese”. Tra i finiani i principali sospettati sono almeno sei, che avevano criticato la “linea giustizialista incarnata da Fabio Granata”.

Unicredit

Ieri La Repubblica aveva parlato di un asse Berlusconi-Geronzi per far fuori il dimissionario Alessandro Profumo dalla carica di Ad di Unicredit. Oggi lo stesso quotidiano presenta un colloquio con lo stesso Geronzi, che definisce “fantascienza” l’incontro tra lui e Berlusconi durante la visita romana di Gheddafi, per trasformare l’ingresso dei libici in Unicredit in un’arma per abbattere lo strapotere di Profumo. Dice di non aver nulla contro Profumo, definisce la fusione tra Unicredit e Capitalia la più bella operazione del sistema bancario italiano. Che partita ha giocato Palazzo Chigi su Unicredit? “Io non so dire cosa abbia fatto Palazzo Chigi in questa vicenda. So però che non ho avuto nessun contatto con il governo per discutere dell’affare Unicredit”. “Io con la politica non ho alcuna ‘relazione pericolosa’. Io sono un menestrello, rispetto a chi fa politica per professione”. Geronzi dice anche che “la presunta scalata dei libici è stato solo un pretesto”. Quanto all’allarme lanciato da Bossi che ora si rischia di dar mano libera alla Germania, Geronzi commenta: “Qui c’è apre bocca e dà fuoco ai denti”.
Sul Corriere della Sera una lunga intervista al Presidente di Unicredit Rampl: “Alessandro Profumo ha reso grande questa banca. Se siamo un istituto internazionale, paneuropeo, lo dobbiamo al suo grande lavoro”, “ma era necessario un cambiamento di leadership. Le strategie non cambiano”. Rampl, che nei mesi scorsi aveva difeso Profumo dalle Fondazioni che volevano la sua testa, dice, per spiegare cosa è cambiato, che nel corso del tempo “si sono accumulate distanze che non erano più sanabili” ma un impegno di riservatezza gli impedisce di spiegare. Sull’allarme tedeschi lanciato da Bossi ricorda intanto di essere austriaco, e assicura che non è facile scalare una grande banca come Unicredit. Ricorda che il sindaco di Verona non è azionista della banca, e sottolinea che pensare che un consiglio di amministrazione composto da 23 persone di alto livello si faccia influenzare è fargli un torto. Liquida le ricostruzioni “fantasiose” dei giornali di questi giorni e ribadisce che la Libia come investitore non è mai stato un problema. Commenta anche le dichiarazioni dell’ambasciatore libico, secondo cui Rampl sapeva del blitz del suo Paese. E ricorda di aver espresso contrarietà in un colloquio con Profumo sull’eventuale superamento della soglia del cinque per cento in mani libiche, “ma poi non ho più saputo nulla, e non avevo la minima idea che il Fondo sovrano stesse comprando”.
Su Il Riformista una intervista al professor Romano Prodi. Il professore dice di non aver potuto seguire da vicino le vicende bancarie italiane, essendo stato all’estero negli ultimi tempi, ricorda che Unicredit è una grande banca con un profilo internazionale in cui poco meno della metà del suo fatturato viene dall’Italia mentre il resto proviene dall’estero e, sulla questione libici in Unicredit, dice: “Le persone si dovrebbero rendere conto che Unicredit non è l’unica banca italiana in cui ci sono fondi sovrani”.

E poi

Le sette tonnellate di esplosivo T4 scoperte nel porto di Gioia Tauro sono state trovate in seguito ad una soffiata e ieri il Procuratore di Reggio Calabria Pignatone ha escluso che possa esservi coivolta la ‘ndrangheta. Il Procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso ha detto: “Bisogna chiarire perchè l’esplosivo, sequestrato e a quanto pare non destinato ad obiettivi italiani, abbia fatto tappa nel porto calabrese provenendo dall’Iran ed essendo diretto in Siria”. Insomma, tra le ipotesi circolate, c’è quella secondo cui destinatari dell’esplosivo fossero gli Hezbollah libanesi o i palestinesi di Hamas. Questo scrive La Repubblica, che dedica al porto di Gioia Tauro, “crocevia del crimine”, un lungo articolo, parlando di armi, cocaina e merci contraffatte e di una “tassa dei boss” di un dollaro e mezzo per ogni container. Se ne occupa anche La Stampa, in due pagine corredate anche con una intervista allo stesso Procuratore di Reggio Pignatone. Il quotidiano scrive che Gioia Tauro produce la metà della ricchezza calabrese.
Parte sulla prima pagina de La Repubblica un lungo contributo dello storico Jacques Le Goff da titolo “L’Europa meticcia non può rifiutare i rom”. L’ingrediente storico della Forza dell’Ue, ricorda Le Goff, è il suo multiculturalismo.
Alle pagine R2 de La Repubblica, una lunga ricostruzione di quella che è “la banca di Dio”, ovvero lo Ior, nel cui bunker si sono consumati gli scandali Sindona, Ambrosiano, Enimont, fino al G8 (Alberto Statera).
Su tutti i quotidiani recensioni dell’ultimo libro di Bob Woodward, dedicato alle divisioni in seno alla Casa Bianca sulla strategia per l’Afghanistan. Si chiama Obama’s wars, esce oggi in America, è un libro denuncia dal quale esce bene il presidente Obama e racconta come abbia insistito per una strategia di uscita rifiutando categoricamente la richiesta di 40 mila soldati aggiuntivi (anziché 30 mila) fatta dall’esercito. Rivela, come sottolinea Il Sole 24 Ore – l’esistenza di una forza paramilitare clandestina di 3 mila miliziani afghani, gestita dalla Cia, per compiere incursioni antiterrorismo in Pakistan. Ma descrive anche la deplorevole impreparazione degli Usa nel caso di un serio attacco terroristico sul suolo americano (Sole 24 Ore). La Repubblica sottolinea che dal libro emergono tutte le liti sulla gestione della crisi afghana dentro la Casa Bianca, racconta tutti i retroscena che riguardano il generale rimosso McChrystal e il confronto tra Obama e Petraeus. La Stampa: “L’Afghanistan manda in crisi il dream team della Casa Bianca. Dal libro di Bob Woodward esce una amministrazione spaccata tra militari e civili”.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)