I rifiuti e gli imballaggi nella città circolare

Pubblicato il 7 Marzo 2021 in , da Giovanna Gabetta

Uno dei punti su cui è necessario riflettere, anche a livello personale, per diminuire l’inquinamento e per sviluppare l’economia circolare, è la gestione dei rifiuti. Col tempo ci siamo abituati a fare la raccolta differenziata ed è una buona abitudine. Ma è interessante approfondire un po’ di più analizzando i diversi aspetti, anche perché la raccolta differenziata è solo il primo passo. Il secondo passo è il riciclo di quello che è stato raccolto; ma bisognerebbe arrivare a produrre sempre meno rifiuti. 

Ai tempi dei nostri nonni – e qualcuno di noi se ne ricorda – esisteva una tradizione, contadina ma non solo, che “non buttava via niente”: gli avanzi della cucina servivano per nutrire gli animali da cortile, la  carta e lo spago venivano riutilizzati, la cenere serviva per fare il bucato e così via. Ma chissà cosa direbbero oggi i nostri nonni davanti a certi imballaggi moderni e soprattutto a quei misti di etichette di carta incollate sulla plastica e simili invenzioni che spesso sono utili, ma occupano un volume non trascurabile? Bisogna esaminare con più di attenzione la questione e distinguere tra scelta del tipo di imballaggio, raccolta differenziata, riutilizzo, riciclo.

Certi tipi di imballaggio sono utili per trasportare prodotti deperibili (ad esempio frutta e verdura); sono indispensabili alla grande distribuzione, che va a comperare i prodotti dove costano meno, in grandi quantità, per poi distribuirli attraverso i supermercati. Se vado a comprare un chilo di pesche dal fruttivendolo sotto casa, che se le procura in cassette al mercato all’ingrosso e potrebbe anche comperarle direttamente dal produttore, mi basterà metterle in un sacchetto di carta. Con un po’ di attenzione, potrò anche riutilizzarlo.

Se vado al supermarket, molto spesso comprerò le stesse pesche in un vassoietto di plastica, ricoperte di una pellicola sottile e resistente, sulla quale una etichetta adesiva spiega la provenienza, il peso e il prezzo. La frutta imballata in questo modo non si rovina durante il trasporto e può venire da molto lontano. Certi prodotti un po’ più delicati, ad esempio i biscotti, devono essere imballati in modo da non rompersi.

Le etichette contengono molte informazioni, anche interessanti; ma il volume di questi imballaggi è maggiore, e il loro riutilizzo è meno facile. Per inserirli nella raccolta differenziata occorrerà un po’ di lavoro: separare la vaschetta, solitamente in plastica riciclabile, pulirla se è sporca, inserirla nel cassonetto della plastica; la pellicola e l’etichetta non sono riciclabili e difficilmente riutilizzabili – qualche volta sono riuscita a riutilizzare qualche pezzo di pellicola – e vanno quindi ad aumentare la produzione di rifiuti. La pasta, che una volta si poteva comperare anche sfusa, oggi si trova confezionata in scatole di cartoncino (facili da riciclare, e anche da riutilizzare: ma ci vuole un po’ di fantasia), oppure in sacchetti di plastica (meno facilmente riutilizzabili, ma facilmente inseribili nella raccolta della plastica) o anche in sacchetti di materiale composito, carta con interno in plastica, che non sono riciclabili ma possono essere riutilizzati in alcuni modi… Una delle case più note in Italia, impegnata in una pubblicità che fa leva sugli aspetti ecologici della sua produzione, ha pensato bene da qualche tempo di fornire le sue semplici scatole in cartoncino di una “finestra” in plastica. Al di là del fatto che questa confezione probabilmente costa un po’ di più di quella “non trasparente”, mi domando chi di noi si prende la briga di separare la plastica dal cartoncino prima di mettere la scatola nel cassonetto della carta. E mi piacerebbe sapere se questa plastica è riciclabile, oppure no. Io la separo, ma metto il pezzetto di materiale ignoto nei rifiuti indifferenziati.

Si potrebbe proseguire a lungo con la lista dei materiali che vengono usati per gli imballaggi: il maggior problema è la quantità. Si tratta di materiali che nella maggior parte dei casi vanno a finire direttamente nei rifiuti indifferenziati. È possibile utilizzare così tanti imballaggi diversi perché hanno costo basso. E il basso costo deriva dal basso costo dell’energia e del petrolio; e se c’è ancora molta energia a disposizione, la quantità di rifiuti che produciamo non è più sostenibile.

Per spiegare meglio un esempio: i cosiddetti sacchetti di plastica bio. Invece di smettere di usare i sacchetti di plastica (di cui i nostri nonni non avevano nessun bisogno), si è preferito sostituirli con sacchetti di un materiale ricavato dal mais. Si suppone che queste plastiche riducano il problema dell’inquinamento, ma quanti di noi sanno la differenza tra materiali biodegradabili e materiali compostabili? E quanti di noi sanno come smaltirli correttamente? I materiali biodegradabili e compostabili possono essere scomposti da microrganismi in acqua, anidride carbonica, sali minerali e nuova biomassa entro un periodo di tempo definito, ma in generale noi consumatori non sappiamo che le condizioni nelle compostiere domestiche e nell’ambiente aperto sono molto diverse rispetto agli impianti di compostaggio industriale. Se un oggetto in plastica biodegradabile o compostabile si biodegrada e la velocità con cui ciò accade, dipende fortemente dalle condizioni a cui è esposto durante lo smaltimento. Per avere maggiori informazioni, si può approfondire qui. Dobbiamo semplicemente smettere di usare questi sacchetti, bio o non bio.

Per chi volesse informarsi in modo approfondito sulla gestione dei rifiuti in Italia, in rete è anche possibile trovare i rapporti annuali di ISPRA, l’ultimo dei quali è stato emesso nel 2020 e si riferisce al 2019. Si tratta di un rapporto molto corposo. Viene evidenziata una relazione diretta tra l’andamento degli indicatori economici e la produzione di rifiuti, cosa del resto abbastanza prevedibile per una economia come la nostra, basata sul consumo. E’ abbastanza intuitivo pensare che più si consuma, più cresce l’economia, più si producono rifiuti. Ma la nostra città circolare e sostenibile dovrebbe lavorare in direzione opposta, e cercare di diminuire la produzione di rifiuti. Per avere qualche dato di dimensione più “umana”, è utile il documento “Rapporto Rifiuti 2018” emesso dal comune di Travacò Siccomario, scaricabile dal sito del Comune. Travacò è un comune della Provincia di Pavia che ha circa 4400 abitanti. La raccolta differenziata esiste dal 2010 ed è gestita da ASM Pavia.

Il rapporto è piuttosto breve, 4 pagine, ma contiene una serie di dati che ci possono aiutare a riflettere. Nel 2018 il totale dei rifiuti urbani raccolti nel territorio comunale è aumentato del 4,4% rispetto al 2017, anche se resta inferiore al quantitativo pro capite riferito alla Lombardia e alla provincia di Pavia (dove però si registra una diminuzione). Il comune di Travacò ha prodotto nel 2018 una media di 405,99 kg di rifiuti al giorno, il che corrisponde a 1,11 chilogrammi al giorno per abitante. La raccolta differenziata è in aumento, e questa è un’ottima notizia. Occorrerebbe però capire meglio come si procede al riutilizzo e al ricliclo dei rifiuti raccolti. Il rapporto non lo dice.

A Travacò c’è una iniziativa che sarebbe bene imitare: il Centro del Riuso Ri-Diamo, attivo dal 2017, che è una delle componenti del sistema di prevenzione. L’obiettivo dell’economia circolare non è solo la raccolta differenziata, che è il primo passo, e neppure il riciclo dei rifiuti, che si può definire un secondo passo. Il vero cambiamento consiste nella drastica diminuzione della quantità di rifiuti prodotti (e su questo punto siamo ancora piuttosto indietro). Ri-Diamo potrebbe essere una idea abbastanza facile da realizzare in un piccolo comune. Il centro è stato creato per intercettare materiali destinati allo smaltimento ma ancora in buone condizioni, che possono essere riutilizzati, promuovendo buone pratiche di economia circolare. Gli utenti possono registrarsi e dopo la registrazione possono conferire oggetti, oppure prelevarne. A Travacò nel 2018 c’erano 358 utenti registrati, corrispondenti a circa 8% della popolazione. Nel 2018, dice il rapporto, sono stati raccolti 4542 oggetti per un totale di 13314 kg. Di questi, ben 7705 kg (circa il 58%) sono stati prelevati dai cittadini e riutilizzati, mentre solo 378 kg (pari al 3%) sono stati smaltiti.

Per una cittadina piuttosto piccola, come Travacò, è possibile gestire questi scambi in un luogo fisico, una specie di mercatino dell’usato. Abbiamo già visto invece che per una città abbastanza grande, come Austin, in Texas, si può utilizzare  una soluzione “digitale”, un sito, concepito per mettere in contatto aziende e associazioni, con l’obiettivo di trovare soluzioni per il riuso e il riciclo di rifiuti e sottoprodotti. Forse, si potrebbe pensare non solo di mettere in contatto aziende e associazioni, ma anche la città con la campagna circostante, attraverso i mezzi del digitale.

In conclusione la raccolta differenziata e riciclaggio degli imballaggi sono solo un piccolo passo iniziale; ma il digitale forse ci potrà aiutare a rendere più sostenibili e più vivibili le nostre città.