
Nella recentissima ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice su “La generazione Z e il futuro del mondo del lavoro” emergono difficoltà e pregi dei ragazzi nati tra il 1996 e il 2012, i nostri nipoti, dunque, così diversi da noi, eppure probabilmente più saggi, capaci di esigere un’effettiva responsbalità sociale. Ne parliamo con il professor Mariano Corso del Politecnico di Milano
Il termine generazione (“Generation”), introdotto da Karl Mannheim nel 1928, si riferisce a un gruppo di individui nati nello stesso periodo temporale, cresciuti nello stesso contesto socioeconomico, e che hanno vissuto specifici eventi nel corso della loro vita.
Lo studio delle generazioni si basa sulla divisione delle persone in gruppi tramite la creazione di intervalli temporali che racchiudano eventi storici e sociali che determinano esperienze ed apprendimenti formativi comuni all’interno dello stesso gruppo generazionale. Una delle classificazioni più diffuse è quella di Jean Twenge che definisce Baby Boomers gli individui nati tra il 1946 e il 1964, Generazione X dal 1965 al 1979, Generazione Y o Millennials dal 1980 al 1995, Generazione Z o GenZ dal 1996 al 2012, e Generazione Alpha o Polars dal 2013 ad oggi.
Le differenze generazionali sono diventate sempre più rilevanti, amplificate da eventi come la globalizzazione, la crisi pandemica e la trasformazione tecnologica. Inoltre, i luoghi di lavoro sono sempre di più ambienti multigenerazionali, con molte organizzazioni che si trovano ad accogliere e integrare quattro generazioni diverse nello stesso momento.
Il declino demografico in atto da diversi anni nel nostro Paese e il contestuale sbilanciamento della struttura della popolazione verso le fasce più anziane hanno importanti implicazioni per il mercato del lavoro, rendendo più complicato l’incontro tra domanda e offerta di talenti.
Chiariamo l’argomento in questa video intervista, con uno dei massimi esperti sul tema.
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