Identikit del modus vivendi della nostra generazione

Pubblicato il 17 Marzo 2017 in

Quali aspetti della ricerca appaiono più significativi? Lo chiediamo a Carla Facchini, vice Presidente Associazione Nestore e coordinatrice della ricerca (a sinistra, nella foto, insieme a Licia Riva, coordinatrice del Gruppo di Lavoro)

Restare soli da anziani: vedovanza, separazione, solitudine

L’invecchiamento appare uno degli elementi caratterizzanti una situazione demografica matura e l’autonomia abitativa degli anziani costituisce uno dei tratti salienti della condizione attuale della popolazione anziana.

Attualmente, infatti, le persone anziane vivono ben difficilmente con i figli, ma o costituiscono, in caso di sopravvivenza di entrambi i partner, un autonomo nucleo coniugale, o, se rimangono vedove, vivono del tutto sole.

In effetti, i dati ben illustrano come le persone anziane vivano, di norma, a differenza degli adulti, in nuclei composti solo dalla coppia (oltre il 42%, contro il 12% degli adulti), o da soli (quasi un terzo, contro meno di un sesto), e che sempre più ridotte sono le convivenze familiari di più generazioni.

Nello stesso tempo, oltre i 60 anni si evidenzia una specifica solitudine femminile: ad essere ‘singles’ è ben il 42% contro il 18,9% degli uomini.

  • Vedovanza, separazione, solitudine: sembra che in tutte e tre queste situazioni, dunque, se la cavino meglio le donne:
  • Si trovano così ad avere più tempo libero, meno lavoro, più energie da dedicare a se stesse.
  • Più aperte ai rapporti sociali, passano il loro tempo piacevolmente, soprattutto frequentando amiche o dedicandosi ad attività utili o ludiche.
  • I maschi, quando si trovano soli, essendo meno educati o preparati o abituati a essere autosufficienti materialmente, fanno più fatica a gestire la propria vita e il proprio menage domestico.
  • Appaiono meno inclini a coltivare i rapporti sociali e avendo più bisogno di essere accuditi materialmente, più frequentemente delle donne vanno alla ricerca di una nuova compagna.
  • Invecchiando, si tende a essere coinvolti da una “sindrome del già noto”: si diventa meno curiosi e disponibili ad aprirsi a situazioni e relazioni nuove perché si ritiene di conoscere già l’esperienza che si andrà a vivere, che viene così declassata da “nuova” a “nota”.
  • Dato che l’aspettativa di vita si allunga sempre più, ai vecchi di oggi capita di dover affrontare una questione imprevista: la cura di uno o di tutti e due i “vecchissimi” genitori. vecchi che curano vecchissimi. E sicuramente non sarà più un problema che ricadrà solo sulle spalle delle donne.

Decadenza fisica

  • Poco diffuse appaiono patologie quali le demenze, l’infarto, le patologie tumorali, l’asma bronchiale, l’ulcera, le diverse forme di calcolosi del fegato o delle vie biliari o le malattie allergiche, segnalate da un 4-8% degli ultrasessantacinquenni;
  • maggiore risulta la diffusione di patologie quali la depressione, l’angina pectoris, la bronchite cronica (dal 10% al 12%), il diabete (17,4%), l’osteoporosi (25,5%). Ancora più ampia è la presenza di patologie quali l’ipertensione (48,6%) e l’artrosi (50,7%)

Certo, esistono dei tratti comuni, o meglio, comune è un elemento di ‘fragilità’, ma sempre meno la popolazione anziana può essere considerata omogeneamente problematica né per quanto riguarda la povertà, né per quanto riguarda la malattia, né per quanto riguarda la solitudine; ‘a rischio’ appare invece soprattutto la popolazione femminile, che spesso associa, specie nelle età più avanzate, malattia, povertà, solitudine, con un evidente forte peggioramento delle complessive condizioni di vita.

  • I maschi si preoccupino maggiormente di quegli aspetti del decadimento fisico che riguardano prestazioni e performance ( forza, resistenza, destrezza.)
  • Un numero sempre maggiore di uomini di una certa età si preoccupa anche dell’aspetto fisico.
  • Le donne sembrano più concentrate sulle componenti estetiche del decadimento fisico: rughe, perdita della silhouette o del turgore di guance, seni e natiche.
  • Due sono le componenti di questa preoccupazione femminile:
    • come mi vedono gli altri,
    • come mi vedo io.
    • la seconda sembra avere, per le donne, un’incidenza maggiore.
  • Le donne sono costrette dall’evidenza biologica ad accettare, con l’avvento della menopausa, una cesura netta nella loro vita adulta: feconde e madri potenziali, prima / sterili senza più possibilità di divenire madri, dopo.
  • I maschi vivono la transizione dell’andropausa in modo molto più graduale e morbido.
  • Le donne anziane sembrano essere più portate a prendersi cura della salute altrui, spesso trascurando la propria.
  • Fra gli uomini anziani pare ancor meno presente la cultura della prevenzione medica.

Sindrome del “nido vuoto”: i figli vanno e la coppia resta sola

  • Le donne del gruppo ritengono che, soprattutto se hanno vissuto con i figli un rapporto positivo, una parte importante della vita perda di significato.
  • Le donne vivono un sentimento contraddittorio: da una parte si sentono sole e dall’altra si sentono liberate da una fatica durata a lungo.
  • Può essere quindi che la “partenza” dei figli sia vissuta anche come momento di libertà che comporta, comunque, la necessità di trovare un nuovo equilibrio.
  • I padri sembrano anch’essi vivere un momento difficile quando la casa resta vuota, ma forse con minore ansia e senso di vuoto perché si sono occupati meno della cura materiale dei figli, inoltre per gli uomini il momento critico sembra essere compensato dalla soddisfazione, laddove accade, nel constatare che i figli siano cresciuti bene, siano maturi e abbiano successo nella vita.

Reazione alla cessazione del lavoro

  • Per le donne la liberazione dal lavoro è più nel senso di potersi dedicare ad attività piacevoli o di gestire con più agio la vita familiare
  • Il primo è che la cura non riguarda necessariamente i nipotini, ma spesso riguarda i genitori molto anziani e non più autosufficienti. Questo aspetto appare molto rilevante in quanto l’occuparsi dei nipotini non solo costituisce, di norma, un’attività più gratificante rispetto alla cura di un anziano non autosufficiente, ma anche in quanto si può ritenere che essa rientri maggiormente nelle aspettative che i soggetti maturano nell’affacciarsi all’età anziana.
  • Il secondo aspetto rilevante è che il lavoro di cura non appare più prerogativa delle sole donne, ma può coinvolgere anche gli uomini (come nonni, ma, anche come figli o come padri)
  • Le donne che svolgono un’attività lavorativa si occupano anche dei lavori domestici e del lavoro di cura verso marito, figli o genitori anziani. Si pensa che esse ricoprano, in età adulta, tre ruoli contemporaneamente. Quando vanno in pensione vengono private di uno solo dei ruoli, spesso sostituito da quello di “nonna” che si prende cura dei nipoti.
  • Da questo punto di vista sembra che le donne abbiano più risorse per far fronte al cambiamento di status.
  • La maggioranza degli uomini svolge con pieno impegno un solo ruolo: il lavoro fuori casa; inoltre, si identificano molto in esso, ricavandone, almeno in passato, un reddito più alto di quello della partner e gli dedicano anche una quantità di tempo maggiore.
  • L’andare in pensione è, generalmente, vissuta da loro in modo traumatico. Il senso di vuoto e di perdita di ruolo determinato dalla cessazione del lavoro fuori casa colpisce quindi più duramente i maschi, i quali spesso stentano a trovare attività sostitutive soddisfacenti.

Condizioni economiche

  • Se si vive in un rapporto di coppia, il fatto di percepire un reddito minore a quello del partner non comporta una specifica esposizione al rischio di povertà, dato che la gestione economica vede di norma, una condivisione familiare del reddito complessivamente percepito.
  • Ma, se, invece, si vive da soli, come spesso avviene per le donne anziane, specie per quelle più anziane, un basso reddito individuale tende, ovviamente, a connotare in modo problematico le risorse economiche disponibili.
  • Si evidenzia come gli uomini, che hanno oggettivamente contribuito alla produzione di risorse nel sistema formale, ne ricevono, conseguentemente i ‘frutti’ in termini di trattamento pensionistico; nello stesso tempo, in base a radicati modelli culturali di divisione del lavoro all’interno della famiglia, continuano a ricevere, anche da anziani, quelle cure e quei sostegni ricevuti da adulti in qualità di ‘breadwinner’.
  • Le donne invece, che hanno meno contribuito al sistema formale della produzione del reddito, proprio in quanto coinvolte nel lavoro di cura, ricevono, conseguentemente, meno risorse in termini pensionistici. Nello stesso tempo, non sempre ricevono, quando diventano meno autonome, sostegni dal sistema familiare

 

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