LE RIFLESSIONI DI GINO, UNO DI NOI: “E’ come se mi sentissi riconciliato con me stesso” (8)

Pubblicato il 4 Agosto 2021 in Letture Ideas

Siamo al nono incontro. Tutto quanto raccolto, messo fin qui in circolo, è stato cotto a puntino. Ora ha da trasformarsi in progetto. E’ il momento chiave: tutti, credo, ne siamo consapevoli.

Il gruppo questa mattina è silenzioso, assorto. Anche il docente di turno lo ha notato, e ha provato insieme a noi a capirne le ragioni: qualche resistenza che cova sotto la cenere? L’ansia del passaggio fra sogno e realtà? O una semplice stanchezza? O la tristezza del volgere alla fine del percorso? O l’emergere di perplessità finora taciute?

Nessuna reazione: il gruppo non ha voluto rispondere, ha lasciato cadere la cosa e ha preferito seguire come una classe di diligenti scolaretti le indicazioni del docente sul “come si fa un progetto”.

Ho provato disagio, mi sono sentito “fuori” del gruppo, pervaso come sono dalla voglia di “mettere nero su bianco” le cose da fare, per dare corpo, fisionomia a quello che intendo fare. Il mio progetto ha una sua fisionomia. Tutto ruota intorno alla mia antica passione per il teatro. Da giovane avevo amato tanto il teatro, sia come lettore di testi, sia come appassionato spettatore, sia come attore in erba. Il lavoro poi negli anni mi aveva gradualmente allontanato da questa passione, che si è trasformata in una fuggevole ombra,  un antico e struggente ricordo.  In queste settimane, inventariando il polveroso solaio dei miei desideri, l’ho ritrovata, ancora integra, intatta. E subito si è sprigionata in me l’antica gioia, come il genietto che esce dalla lampada strofinata. Mi son detto: Gino, ci sei!  Fai un gesto di attenzione per te stesso che forse non hai mai avuto. E’ come se mi sentissi riconciliato con me stesso….non so spiegarlo diversamente.

1

Qualche giorno fa ho letto (non ricordo dove) dell’esperto di turno che raccomanda di liberarsi del passato per poter guardare avanti, al futuro con energia. Mah, io credo che non sia così: noi siamo un impasto di passato e futuro, guardare avanti è tanto importante quanto guardare indietro. E’ la nostra storia che ci definisce, quanto la strada che decidiamo di intraprendere, il dove stiamo andando.  Non si può prescindere né dall’uno né dall’altro. Trovo questa continuità con il passato feconda, rassicurante. Tagliare con il passato è come amputare qualcosa di noi. Io, al cospetto di questa antica gioia ritrovata mi sento di un gran bene. Ovviamente su quella idea ci ho lavorato in modo certosino: ho in mente di costruire una compagnia amatoriale, quindi di condividere la mia passione, coinvolgere persone in difficoltà che possano sentire questo gruppo come un punto di riferimento. E ho anche pensato che il teatro rappresentato avrà da essere civile, occasione per far riflettere, per stimolare gli spettatori alla riscoperta di valori, stili di vita irrisi e dimenticati con cinica superficialità, soppiantati da “altri” che negli anni ’80 e ’90 hanno giustificato e sostenuto il nostro apparente benessere e sedotto il nostro individualismo. Si, una sterzata è necessaria, bisogna ritornare sui nostri passi….scusate, ma vi piace così tanto la società in cui vivete? A me proprio no.

Ho anche già pensato a chi potrei proporre di condividere questa mia avventura, ho delle ipotesi in mente sugli spazi da utilizzare. Perché non provarci? Perché? L’ambizione è forte: sì, e mi stupisco di quanta di questa benzina  ho in corpo, una riserva che mi fa ben sperare per come affronterò i momenti di difficoltà. E poi….suvvia, un po’ di umiltà: il provarci mi aiuterà a capire la bontà e la fondatezza del mio progetto. Cosa sto imparando? Quanto ambizione e umiltà stiano bene insieme, quanto una valorizzi l’altra: se separate, se lasciate crescere una senza l’altra fanno disastri. L’ambizione è come un appetito senza fine, che non conosce misura, senza occhi, capace di distruggere se stessa. L’umiltà è un lento ritrarsi, rinunciare, sminuire la propria dimensione fino all’annichilimento. Se le metti insieme sono invece una bella coppia, tengono a bada l’una l’altro. Mai prima di ora ero arrivato a questa consapevolezza di me. Ora mi sento…si, come fortificato, questo progetto mi consente dei respiri profondi, un forte aggancio alla vita, un rapporto nuovo con il senso di responsabilità. Al termine della mattinata, quando il docente ci ha chiesto di condividere le nostre prime sensazioni, le mie parole sono state come un torrente in piena. Il gruppo ha ascoltato tutto. E qualcuno ha chiesto di aggregarsi al mio progetto, sentendolo molto bello e coinvolgente. Mi immaginate fiero ed orgoglioso di questo proselitismo? Niente affatto. Li ho lasciati di stucco: questo è il mio progetto, gli ho detto, non è il vostro. Non continuate a passare la vostra vita a “star dietro” a qualcosa che non vi appartiene, che però risulta facile e poco faticoso da prendere. Godete della possibilità di andare in fondo a voi stessi, e di scoprirvi. Giocatela questa possibilità. Non correte dietro a ciò che è preconfezionato. Questo è un finto uso della libertà, è un perdersi in cose apparentemente buone, che però non ci aiutano a metterci in contatto con noi stessi. E quando saremo chiamati a farlo, nell’incontro con la transizione più difficile della vita, che è il passaggio alla vecchiaia, alla coabitazione con il limite, al fare i conti con il proprio morire, tutto sarà più difficile, molto difficile. Altre volte nella mia vita sarei rimasto zitto, avrei lasciato correre. Questa volta no: una scoperta così grande quale quella che ho fatto, non avrei potuto tacerla. E scoperta nella scoperta mi sono reso conto in quel momento che cosa vuol dire solidarietà: si cresce veramente se si riesce a crescere tutti insieme, voltando sguardo e mani a chi è rimasto indietro. Il tacere è indifferenza, prima che verso gli altri, verso se stessi.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.