LE RIFLESSIONI DI GINO, UNO DI NOI: “Basta con la vita” (30)

Pubblicato il 15 Agosto 2021 in Letture Ideas
volontariato

Lina e io siamo tornati nella casa di accoglienza. Per ritrovare la giovane spagnola. Questa volta da soli. La giovane è molto nervosa, come la prima volta. E’ stato ancora un colloquio difficile. Quello precedente non inutile. Il bottone e l’asola hanno lasciato un flebile segno. Ma i dubbi permangono. Ci racconta di nuovo di “lui” e di quel che le ha fatto. C’è un forte carico di risentimento.
Questa volta il gioco è condotto da Lina.
Esordisce: “lo sai che lui ha chiesto di vederti, vero? E’ disposto a venire qui in Italia per incontrarti. Ma tu non vuoi. E ci hai spiegato i motivi. Hai tutte le ragioni, certo”.

“Ma quelli della casa?”.
“Non dicono di no. Hanno fatto i loro passi. Non si oppongono. Anche perché l’incontro avverrebbe qui, in una situazione per te protetta. Puoi stare tranquilla. Più di così.. Ma non vuoi…. Ho voglia di farti una domanda che ti sembrerà strana”.
“E che sarebbe?”
“Avresti voglia di innamorarti ancora se ti capitasse? Anch’io sai sono stata innamorata più di una volta nella mia vita e anch’io ho avuto le mie delusioni…”.
Ascolto Lina che si sta muovendo bene, la ragazza è molto assorta nelle sue parole.
“E che cosa hai fatto?”. Incalza la ragazza
“Mi sono sempre chiesta che cosa mi aveva fatto stare bene con quella persona, e perché ad un certo momento tutto questo si era interrotto, e quanto questo dipendeva da me e dall’altro. Qualche volta l’asola è un filo troppo grande e il bottone troppo piccolo o viceversa. Ma il bottone non si butta via e l’asola si può adattare”.
“E quindi?”.
“Quindi… qualche volta ho scoperto che non c’era uno star bene, ma qualcos’altro, e quindi ho chiuso. Ma è capitato anche che il rapporto abbia ripreso, ed anche meglio di prima. Perché non ci eravamo ascoltati abbastanza. Darsi una possibilità per sé e per l’altro, sempre. Ma di questo abbiamo detto già la volta scorsa”.
“Allora devo proprio incontrarlo?”.
“No, non devi. Nessuno te lo impone. Ma immagina per un momento che non lo vedrai più: come starai? Meglio? Se ti capitasse un altro maschietto, come vivresti il nuovo tentativo di rapporto? Pensaci, pensaci per un attimo.
Forse avrei ancora rabbia dentro…”.
“E potresti indirizzarla al tuo nuovo lui…” aggiungo io.
“E va bene, facciamo questo passo, però mi dovete aiutare ad affrontare quel colloquio”.
E mentre lo dice fissa lo sguardo su Lina. E Lina guarda me. Chiaro il messaggio: uscire.
Esco dalla stanza. La ragazza accompagna la porta dietro di sé.
Resto nel corridoio. Mentre decido dove stare in attesa di Lina, vedo venire dall’altra parte una donna, di forse 40 anni, sfiorita, trasandata, dal passo incerto. Mi passa accanto senza staccarmi gli occhi. Faccio altrettanto. Si ferma, mi scruta lentamente: ho attirato la sua curiosità.
“Ma tu sei nuovo? Sei un volontario o un educatore?”.
“Sono un volontario. Mi chiamo Gino. E tu?”.
“Io sono Vanessa. Ti piace il mio nome?”.
“Si, trovo sia molto bello”.
“I falliti hanno sempre bei nomi. Solo quello. A me non piace. Io sono stanca di stare qui, di stare al mondo. Io voglio scappare via, andare lontano, dove nessuno mi conosce. Tu potresti aiutarmi?”.
“Aiutarti a fare che cosa? A scappare?”
“Ma no…. tanto a che cosa servirebbe scappare? Tanto non riuscirei mai a combinare niente. Sono arrabbiata con me stessa, perché non sono capace di fare nulla. Non ho amici, non ho passato, dove va il mio presente?”
“Vanessa, dove stavi andando?”.
“Non lo so, non lo so. Non mi ricordo più neanche quello che faccio. Tanto….”.
“Vanessa, dove sei nata?”.
“Perché me lo chiedi?”.
“Mi sembri una persona nata qui, è vero?”.
porta ticinese“Si, sono nata a Milano”.
“E in che zona?”.
“Porta Ticinese”.
“Che cosa ti ricordi di Porta Ticinese quando eri più piccola?”.
“Tu hai ricordi?”.
“Certo, e tu? Un ricordo simpatico da raccontarmi ce l’hai?”.
E’ cominciato così il mio rapporto con Vanessa. Si è seduta per terra, schiena contro il muro, chiedendomi di fare altrettanto. E ha cominciato il suo racconto, confuso, paradossalmente quasi vero. Mi sembrava di averla strappata per un momento ad un gorgo mortale. Ha voglia di parlare. E mentre parla si avvicina a me, cerca contatto. La lascio fare.
Quel dialogo improvvisato non dura molto. Passa la giovane che avevo conosciuto il primo giorno che la invita in modo fermo alla riunione al piano superiore. Per la quale è in ritardo. Vanessa si alza, affretta il passo, e dandomi di spalle canta “ciao ciao Gino”.
“Non è matta, è solo depressa, mi dice. E’ l’effetto dei farmaci. Ha già tentato il suicidio due volte. Abbiamo un progetto di reinserimento lavorativo su di lei, dovrebbe partire fra poco”.
“Mi piacerebbe farne parte, posso?”.
“Certo, ne parli con la coordinatrice”.
Mi ha rapito quella Vanessa. Non so perché. Come se non fosse arrivata per caso.
Ne ho parlato con Lina, uscendo. Lei mi ha raccontato della ragazza spagnola, non ancora proprio decisa. Ma ha voglia di parlarne, e soprattutto ha voglia di parlarne con lei. Abbiamo deciso di separarci, forse per il momento è meglio così, lasciare che le circostanze guidino la nostra presenza lì. Di Vanessa ne parlerò con la coordinatrice.
Lina è molto determinata, comprendo che l’idea di ‘fare volontariato’ sta aiutando il nostro rapporto ma anche la nostra serenità personale. Meglio di così…

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