LE RIFLESSIONI DI GINO, UNO DI NOI: “Arriva Lina” (11)

Pubblicato il 5 Agosto 2021 in Letture Ideas

Il mio pensionamento ora va a gonfie vele. Sembra tutto così chiaro, ovvio.

E quando è tutto così ovvio e chiaro, le certezze si trasformano in apparenze. Proprio così. Tutto nasce da una lettera che ho ricevuto da una mia ex collega, Lina (tre anni fa ha cambiato  azienda, ma il contatto fra noi non si è mai perso: agli auguri di rito, lunghe telefonate, sempre molto piacevoli). La sua lettera è uno sfogo: il luogo di lavoro si era trasformato per lei in un Golgota, proprio con il pensionamento dietro l’angolo. Pessima situazione vicino al commiato. ll suo scritto si concludeva con un “solo tu puoi aiutarmi”. Mi sono sentito sedotto. L’impulso è stato di un SMS. “Ho letto, mi spiace, c’è qualcosa che posso fare per te?”. Risposta molto celere: “perché non ci vediamo a pranzo?”. E due giorni dopo siamo in un locale zona darsena, a gustarci la stessa insalata a foglie larghe, lei che mi confida i malanni dell’ufficio, e io che l’ascolto senza respiro.

Mentre mi parla mi scruta, mi fissa dolcemente: la sua camicetta tradisce un fisico appena appesantito, il viso ben truccato per distrarre dalle rughette sparse, i capelli mesciati ad arte per confondere i bianchi con i biondi. E poi quella voce, che ha il suono delle foglie in autunno, un sussurro. Infilzo l’insalata più volte, e nel gesto di portare alla bocca la forchetta tutto scivola di nuovo nel piatto, lasciando la puntuta posata nuda a mezz’aria all’ingresso della bocca. Reitero quel gesto senza accorgermene.

“Gino, devo dire che la pensione ti fa bene, ti trovo ringiovanito, sereno, un bell’ometto”. La frase spunta improvvisa, fra i dolori del Golgota. Sembra un affondo. Perché? E il suo sguardo che insiste sul mio. Mi godo per un attimo quel “ringiovanito”. Ma non capendo bene quel complimento improvviso, fingo di schivare e torno alla valle di lacrime: non immaginavo che la situazione in ufficio potesse diventare così complicata. Mi spiace molto…E lei, subito, come se volesse dirmi assolutamente qualcosa: sai Gino, non ho mai dimenticato la tua gentilezza, il tuo tatto sul lavoro, la complicità che forse era fra noi, e che forse non è mai venuta meno… E nel dirlo, accarezza con la sua il dorso della mia mano, distrattamente parcheggiata sul tavolo, inoperosa, mancando il pane. Con una leggerezza, una levità da increspare anche la quotidiana fatica della mia vecchia pompetta. La guardo e mi vengono a galla a velocità incredibile spezzoni di vita lavorativa, lei sempre così attenta, sorridente e comprensiva. Un “debole per me” mai perso per strada e che ora stava mettendo direttamente in gioco. Forse era questo che dovevo capire.

La mia mano ha un fremito. Quella piacevolezza intrigante, sensuale, lascia il segno. Guardo l’insalata placidamente rimasta, la forchetta sembra penosamente impotente davanti al compito affidatole. Tutto resta nel piatto, insieme alle parole che non riesco a dire. Lo ammetto, sono imbarazzato. Lina aggiunge ancora qualcosa: sai Gino, ho sempre pensato che questa vita debba avere senso per qualcosa. Valori, progetti. Qualcuno ci mette Dio, qualcun altro il lavoro, i sogni, le utopie. Ma credo che per dare senso non basti solo il “per”, serve anche un “con”. Nella mia vita ho avuto qualche storia, anche importante, e sai perché tutte sono finite? Perché alla fine sentivo di vivere su binari paralleli. Sempre uno accanto all’altro. Accanto. Non ho mai trovato la possibilità di condividere, che ci fosse qualcosa che fosse contemporaneamente “mio e tuo”, che il mio fosse indispensabile al tuo e viceversa. Non so se riesco a spiegarmi. Ma non ho perso la speranza di arrivare lì.

Lina, perché mi dici questo?

Lei cerca la mia mano, e di nuovo quella lieve carezza, appena abbozzata. Sorride e mi guarda: se ti chiedo di vederci fra due giorni, per passare un paio d’ore insieme, mi dici di no? Non complicarti la vita, Gino. Non ho risposta al tuo perché. Sto solo ascoltando quel che ho dentro. Mentre inanellavo le mie difficoltà sul lavoro, quel che ti ho detto su di te mi è uscito improvviso, guardandoti. E le difficoltà di cui ti stavo parlando sono sparite dall’orizzonte dei miei pensieri. E’ una sensazione, un flash improvviso. Ho sentito su di me la tua voglia di ascolto, la tua piena partecipazione. Mi sento compresa, molto compresa.

Si, credo proprio che rivederti sia stato importante. Hai improvvisamente smosso qualcosa dentro di me, positivamente. Magari anche a te sta accadendo la stessa cosa. Ora questa sensazione ho voglia di esplorarla con te. Quell’intesa che era fra noi forse c’è ancora, e se c’è l’abbiamo finora trascurata…

Dimmi tu ora: come stai in questo momento? Come?

Mi ha fatto piacere vederti, Lina. Davvero. Però mi sento in imbarazzo, tanto. E’ come un fulmine a ciel sereno quel che mi dici. Le tue parole mi seducono, non lo nascondo. Ma contemporaneamente mi confondono. Ci conosciamo così poco.

Mi spiace lasciarti così, Gino. Ti dico solo una cosa: ogni sentiero porta ad altri sentieri. Magari no, ma vale la pena di darci questa possibilità. Pensaci.

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