Missione italiana in Niger: prime riflessioni

Pubblicato il 19 Gennaio 2018 in Pensieri Ideas
niger

Il 17 gennaio la Camera ha approvato la risoluzione sulle missioni internazionali del 2018. Fra queste, prenderà avvio una nuova missione in Niger che prevede lo schieramento di 130 mezzi terrestri, 2 mezzi aerei, equipaggiamenti logistici e 470 soldati sul campo, impegnati in compiti di addestramento delle forze di sicurezza nigerine, già affiancate da quelle francesi. La delibera della Camera, che sposta parte del contingente italiano dalle zone del Medio Oriente – soprattutto Iraq e Afghanistan – per concentrarlo nella regione del Mediterraneo, ha la duplice funzione di potenziare i controlli al confine sud della Libia e contrastare i traffici illeciti di cui si sostentano le organizzazioni terroristiche e quelle della criminalità organizzata. La missione in Niger affiancherà quella già in atto in Libia – la missione di assistenza sanitaria ‘Ippocrate’ – composta da poco meno di 300 militari dislocati a Misurata, e a quella della NATO in Tunisia a cui prenderanno parte 60 soldati italiani. Nel complesso delle operazioni militari euro-africane nell’area sub-sahariana, i soldati italiani si uniscono alla presenza della Germania (con mille uomini tra Mali e Niger), agli oltre 4mila francesi dell’operazione Barkhane, e ai mille statunitensi impegnati nella missione di contro-terrorismo in Niger e in Mali.

Jihad e business criminale: due incognite che preoccupano

La missione nasconde incognite. Come evidenziato da Claudio Bertolotti, è da tenere in considerazione la possibile reazione delle milizie che operano a cavallo dei confini tra Niger, Nigeria, Libia, Mali e Ciad, che su quei confini hanno costruito economie illegali che uniscono criminalità, gruppi insurrezionali e terrorismo, insieme alla possibile convergenza tra organizzazioni criminali e gruppi jihadisti regionali: la possibilità di un fronte comune non è da escludere. Inoltre, la sconfitta militare dello Stato islamico in Siria e Iraq, così come la riemersione dell’ISIS in Libia, nelle aree desertiche centrali e al confine con l’Algeria, offre un’alternativa alla diaspora dei foreign fighter jihadisti in fuga dal Medio Oriente. Al netto dei rischi a cui andranno incontro i soldati sul terreno, l’impegno si traduce in opportunità sul piano strategico in un’area che sta diventando sempre più rilevante: in primo luogo garantisce una presenza, seppur oggi numericamente limitata, sul piano operativo e a tutela dell’interesse nazionale. Inoltre, segna un passo importante nel processo di riposizionamento geopolitico che ha come perno strategico il Mediterraneo.

Libia e controllo dei traffici: il vero obiettivo per l’Italia

La missione militare italiana in Niger è il risultato di un processo di collaborazione competitiva con la Francia, come sottolineato da Arturo Varvelli. I due paesi si sono trovati spesso su posizioni divergenti relativamente alla stabilizzazione della Libia e alle politiche di gestione della questione migratoria. Tuttavia nell’ultimo periodo sembrano aver trovato un comune denominatore basato sulla collaborazione nel controllo del problema migratorio al quale entrambi i paesi sono esposti. Per l’Italia, agire in Niger, e in particolare al confine con la Libia, è più vantaggioso e opportuno che collocare truppe nel Sud della Libia, un’area profondamente insicura. L’impiego di militari italiani in Niger è inoltre un modo indiretto per garantire un controllo sul traffico di esseri umani nel Sud della Libia.

Una rinnovata centralità strategica del Sahel

La questione migratoria, la rinnovata presenza di gruppi jihadisti e la presenza di risorse energetiche sempre più importanti sembrano riservare all’area del Sahel una nuova centralità. Secondo Andrea de Georgio, la militarizzazione del Niger, con i contingenti francesi, americani e tedeschi attivi nella lotta al terrorismo con soldati, basi e droni armati, si concentra soprattutto ad Agadez, crocevia regionale dove l’attività di molte persone dipendeva, fino a poco tempo fa, dal transito dei migranti. L’applicazione di una legge che criminalizza il traffico di esseri umani ha contribuito al contrasto dei gruppi criminali ma ha reso il viaggio verso la Libia più pericoloso, lungo e costoso. Secondo diverse associazioni nigerine, come primo effetto della chiusura di Agadez, sono infatti aumentate drasticamente le morti di migranti nel deserto, già stimate fra due e tre volte superiori a quelle nel Mediterraneo.

Fonte: ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

 

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