La Rassegna Stampa:questa volta Tremonti ha ragione

Pubblicato il 5 Luglio 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

Corriere della Sera: “Imprese, appello al premier. Berlusconi incontra Brancher. Verso le dimissioni del ministro. Sulla manovra pressing anche dalle Regioni che chiedono un vertice per ridiscutere i tagli”. L’editoriale firmato da Angelo Panebianco parla di Stati, privati e fondi alla cultura: “L’Eredità persa di Mecenate”. Segue in prima l’articolo di Paola di Caro: “Fini e quell’ipotesi di separazione consensuale”. In prima anche l’intervista al ministro Renato Brunetta: “’Ma questa volta Tremonti ha proprio ragione’”. A centro pagina: “Presidenziali polacche: all’ultimo voto per restare in Europa. La sfida Komorowski-Kaczynski”. E un articolo di Franco Venturini “Le due anime di Varsavia”.

La Repubblica: “Fini si mette fuori dal partito”. “L’ira di Berlusconi contro l’ex alleato. Brancher verso le dimissioni. Resa dei conti nella maggioranza. Anche Frattini attacca il presidente della Camera. Il Pd: esecutivo al capolinea, la palla passi al Quirinale”. L’inchiesta di Curzio Maltese parla di “Liti, veti e tagli, così fallisce l’Expo 2015”. Mentre il retroscena firmato da Claudio Tito evidenzia le parole del premier”’Se serve sono pronto alla crisi”. A centro pagina: “Imprese e regioni: il governo ci stritola. Manovra, scoppia il caso degli assegni di invalidità”. Sempre il prima sul quotidiano romano le elezioni polacche: “La Polonia con il fiato sospeso testa a testa tra liberali e conservatori. All’80% delle schede scrutinate Komorowski avanti con il 51,3%”.

La Stampa dedica il titolo di apertura al caso Brancher: “Dopo l’intervento di Berlusconi le dimissioni potrebbero arrivare oggi. Un appello al premier di imprese e Regioni per modificare la manovra. Giallo su una frase del Cavaliere poi smentita: Fini farà la fine di Rutelli. Il Pd invoca Napolitano: la maggioranza non c’è più”. Segue l’articolo di Luca Ricolfi: “Il sogno federalista si allontana”. Di fianco, sul quotidiano torinese, Reportage da Prato “Italia- Cina la guerra del tessile senza marchio”. A centro pagina “Per Elisabetta 27 mila tazze di tè all’anno. Svelata l’agenda della sovrana: un tour de force dalle 7 del mattino alle 11 di sera”. Il corrispondente da Londra sottolinea “Dio salvi la regina dalla fatica”. In prima anche la notizia de i rischi di un’altra marea nera “Le tre piattaforme che fanno paura” in riferimentio a quelle site a Terranova, Nigeria e Brasile. Ancora in prima la visita del Pontefice a Sulmona “Il Papa riabilita Celestino V”.

Il Giornale: “Fini leader della congiura. Rischio ribaltone. Il presidente della Camera pronto alla grande ammucchiata con Di Pietro e Bersani pur di mandare a casa il premier. Che però è deciso a dargli scacco matto già nei prossimi giorni. Ce la può fare, basta che non ascolti le solite colombe”. A centro pagina, sulla manovra, “Miliardi al vento: gli altri colpevoli. I fondi non sfruttati dalle Regioni. Non solo politici: tra i responsabili dello spreco anche sindacati e burocrati”.

Il Sole 24 Ore titola “La Service tax premia i Comuni del Nord. Gettito record a Mantova, Bologna e Firenze con 500 euro a testa, quattro volte più del Sud. Federalismo. Il nuovo tributo immobiliare sostituirà Ici, Irpef e registro”. Segue l’articolo di Saverio Fossati “L’autonomia val bene un riordino”. A centro pagina “Negli uffici pubblici diventa obbligatorio il codice di qualità. Class action. Operative le linee-guida”.

Il Foglio “I cialtroni di Tremonti. Hanno i soldi e non li spendono. Storia purtroppo solo meridionale di sprechi e ricchezze ignorate”.

Fini e il Pdl

“Anche senza Fini questo partito liberale di massa esisterebbe comunque. Non ci strapperemmo i capelli”, dice a La Repubblica, in un’intervista, il ministro degli Esteri Frattini. Sullo stesso quotidiano, si racconta che Berlusconi non esclude, tra le opzioni possibili, quello di una ‘crisi di governo’: il rapporto con il cofondatore si è sfibrato a tal punto, che la fuoriuscita dei finiani e la nascita di un nuovo esecutivo, per il premier non costituiscono più solo esempi di fantapolitica. E si riferiscono le parole che avrebbe pronunciato: “Vuole fare il terzo polo, allora si accomodi. Finalmente vedremo quanto pesa. In passato ci ha provato Casini, poi Rutelli. E si è visto che fine hanno fatto”. In un retroscena, poi, il quotidiano esplora la possibile “galassia del Presidente della Camera in caso di uscita dal Pdl”: “Pidiellini delusi, centristi e Montezemolo, ecco la tela del terzo polo tessuta da Fini. La nuova aggregazione potrebbe contare su 90 deputati”. Attualmente sono classificati come finiani 32 deputati e 10-12 senatori. Ma vengono considerati possibili dissidenti Beppe Pisanu, Giorgio La Malfa, Antonio Martino, Clemente Mastella e Marcello Pera. Si ricordano gli incontri del presidente della Camera con gli autonomisti dell’Mpa di Raffaele Lombardo e la sponda che potrebbe offrire a Fini anche l’associazione ‘NoiSud’ di Adriana Poli Bortone. Il Corriere spiega che Berlusconi punterà soprattutto ad avere “un ruolo di sintesi e di rilancio” per superare le fibrillazioni interne alla maggioranza. Prima fra le grane da affrontare, il caso Brancher, da cui il premier avrebbe ottenuto l’impegno alle dimissioni da ministro della Sussidiarietà e del Decentramento. La seconda è Fini: qui gli avvenimenti potrebbero prendere “una piega imprevista” secondo il Corriere. Si potrebbe arrivare a quella ‘separazione consensuale’ proposta dal capogruppo Pdl Cicchitto chw preveda non una cacciata dei reprobi dal partito e dalla maggioranza, ma la nascita di una sorta di federazione tra due soggetti che resterebbero assieme sotto lo stesso tetto del centrodestra. Sullo stesso quotidiano ci si occupa dell’incontro che Berlusconi avrebbe avuto con il ministro Brancher per convincerlo alle dimissioni, per disinnescare la mina costituita dalla mozione di sfiducia individuale, che verrà discussa giovedì in aula. Il vicesegretario Pd Enrico Letta è convinto che tale voto di sfiducia “darà delle sorprese tra assenze e casi di coscienza”. E sottolinea: “se questo esecutivo non è in grado di governare, la palla passa al capo dello Stato, che con la sua saggezza troverà una soluzione”. Il direttore de Il Giornale Vittorio Feltri scrive che “puntare alla pacificazione” con Fini è stata “una perdita di tempo”. E se cadesse l’esecutivo -sottolinea- la decisione sul da farsi toccherebbe al presidente della Repubblica: “se questi, anziché sciogliere correttamente le Camere, incaricasse una qualunque personalità, di formare un nuovo governo sostenuto dalle ‘larghe intese’, cioè da una grande ammucchiata, ecco che Fini canterebbe vittoria”. Il suo piano “coincide con quello di Di Pietro, di Franceschini e di tutta l’opposizione. I quali, vista l’impossibilità di battere il premier con mezzo democratico, il voto, ci provano con gli intrighi di Palazzo, compreso il ribaltone”.

La manovra economica

E’ atteso per domani al Senato l’esame della manovra che ha previsto un taglio da quattro miliardi alle Regioni. Lo scontro fra il ministro dell’economia Giulio Tremonti e i governatori resta dunque acceso, ma proprio ieri si sono aggiunti le imprese grandi e piccole che contestano la parte fiscale della manovra chiedendo una modifica immediata che “Nella formulazione attuale costituiscono violazioni gravi dei diritti dei contribuenti e nulla hanno a che fare con il contrasto all’evasione”. Così il Corriere della Sera evidenzia la posizione di Confindustria e Rete Imprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confesercenti). Alle dichiarazioni di Tremonti sulla presunta inefficienza delle Regioni del Meridione ha replicato Vasco Errani, presidente della conferenza delle Regioni che lo ha accusato di aver alzato ‘una cortina fumogena’ “Allo scopo di coprire una manovra che le Regioni e gli enti locali giudicano insostenibile e che finirebbe per penalizzare i cittadini”. In primo piano il quotidiano milanese propone l’intervista con il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta che nel caso del Sud cialtrone difende Tremonti sostenendo che “a causa della modifica del titolo V della Costituzione oggi le Regioni e gli enti locali sono fuori controllo”. Continua poi “Se è vero quello che dice Tremonti, cioè che le Regioni non hanno speso 40 miliardi in fondi europei, la sfida del governoè di dimostrare che riesce a faro presto e bene”. Da La Stampa il Caso di Alessandro Barbera dove il governo propone “Un test sui conti delle Regioni prima del voto”. Definito ‘inventario di fine mandato’, “sei mesi prima delle elezioni i presidenti di Regione saranno tenuti a dare un quadro completo dello stato di salute dei conti regionali”. E ancora “in questo modo gli elettori sarebbero messi nelle condizioni di valutare il lavoro delle amministrazioni uscenti”.

Esteri.

Su Il Giornale Gian Micalessin si occupa della scomparsa, in Libano, dell’ayatollah Fadlallah, uno dei padri fondatori di Hezbollah e di “quell’ideologia del martirio che aveva generato i camion bomba usati nel settembre 1983 per far strage di marines e paracadutisti francesi”. Negli anni successivi si è mosso da battitore libero, emancipandosi da Teheran: suo discepolo è il primo ministro iracheno al Maliki, cui avrebbe consigliato di prendere le distanze dal presidente iraniano Ahmadinejad. Ecco perché -secondo Micalessin- la sua scomparsa rafforzerebbe ora il peso di Teheran nel vicino Iraq.

Il candidato liberale Komorowski avrebbe vinto le elezioni presidenziali in Polonia con il 53 per cento circa dei voti, sconfiggendo Jaroslaw Kaczynski (47,3 per cento). I quotidiani sono quindi in ritardo sulla notizia e sono fermi ad un testa a testa che è proseguito per tutta la notte. Segnaliamo comunque un’intervista all’ex presidente Kwasniewski al Corriere della Sera (“Il Paese vuole stabilità. Solo il centro può darla”. Dove il centro è rappresentato da Komorowski e dalla sua formazione, Piattaforma Civica, che esprime il premier Tusk).

La Repubblica intervista l’ex-presidente Walesa, un tempo compagno di lotta dei gemelli Kaczynski: avverte che con Jaroslaw sarebbero a rischio i rapporto con l’Europa e dice che il partito di cui è espressione “non è capace di formare coalizioni, né di fornire argomenti di discussione, né lanciare nuove iniziative o riforme”.

“Finisce in Polonia l’era dei Kaczynski”, titola La Stampa, che racconta: Komorowki, il vincitore, storico di professione, viena da una famiglia nobile ed è noto per la sua lunga esperienza di boyscout. Ai tempi del regime comunista, nel 1981, ha conosciuto anche la prigione per sette mesi. E’ considerato poco carismatico, ma di lui sarebbe stato apprezzato il pragmatismo. E’ considerato un guardiano della Costituzione, sempre aperto al dialogo e un conservatore cattolico, non così oltranzista come Kaczynski. Dalla parte di Jaroslaw poteva invece giocare l’appoggio delle campagne, soprattutto per i suoi no all’aborto e all’euro, che avevano fatto la fortuna dei gemelli Kaczynski.

 E poi

L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato alla città di Detroit e all asua “riconversione”: “spopolata dal declino dell’industria, l’ex capitale dell’automobile sembrava condannata a scomparire. Ma la contrazione della città è stata l’occasione per rinascere. Creando orti e parchi a ridosso dei grattacieli”. (Federico Rampini).

Sullo stesso quotidiano segnaliamo un articolo che da’ conto della diffusione, nei nostri supermercati, dei cibi halal, cioè islamicamente corretti: con il marchio “Halal Italia”, destinato a promuovere le notre eccellenze gastronomiche, che ha ricevuto l’imprimatur del governo, da qualche mese, per esempio, l’Offelleria Tacchinardi produce la torta di Lodi, ma c’è domanda di lasagne e sughi pronti, prodotti per essere halal.

(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)