La Rassegna Stampa: titoli bancari in caduta

Pubblicato il 30 Giugno 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

Corriere della Sera: “Mafia, sette anni a Dell’Utri”, “I giudici d’appello lo assolvono per il periodo di Forza Italia”, “Colpevole di concorso esterno fino al ’92. Il senatore: è un verdetto pilatesco, Mangano eroe”. A centro pagina la foto di una più che piacente “spia russa” arrestata negli Usa. E di fianco: “Le Regioni decideranno dove tagliare”. Spiega il quotidiano che i tagli restano, ma un emendamento introduce il concetto di ‘flessibilità’: saranno le Regioni a decidere come modulare i tagli, in un comparto piuttosto che in un altro.

Il Riformista: “Macello Dell’Utri”, “La Corte d’appello di Palermo conferma il concorso esterno, ma sulla trattativa FI-mafia ‘il fatto non sussiste'”, “Condanna ridotta a sette anni. Smontata la teoria sulle stragi del 1992”.

Libero: “Dell’Utri padrino part time”, “Sentenza ipocrita. Condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma solo prima del ’92. Così lui sarà prescritto, i giustizialisti potranno attaccarlo e nessuno avrà perso”. In taglio basso i tagli alle Regioni: “Bossi con il Cav: meno tagli”.

La Stampa: “Mafia, 7 anni a Dell’Utri”, “In appello due anni in meno e assoluzione per i fatti successivi al 1992. Di Pietro: confermati i rapporti con Cosa nostra”, “Il senatore del Pdl: ‘Sentenza pilatesca. Mangano è un eroe”. In alto: “Crollo delle Borse, torna la paura per banche e Grecia. Milano ha perso il 4,4%, bruciati in Europa 145 miliardi”. Anche sulla prima de La Stampa la foto di “Anna, la spia con gli occhi di ghiaccio” arrestata negli Usa. Poi un richiamo per l’assoluzione di Tartaglia, che assalì Berlusconi scagliandogli contro una miniatura del Duomo: “Aggredì il premier, assolto, ‘E’ incapace di intendere'”.

Il Giornale, in riferimento proprio alla vicenda di Tartaglia, titola: “Ferire Berlusconi si può”, “L’uomo che colpì con una statuetta in faccia il premier non è imputabile perché è capace di tirare ma non di intendere. Verdetto scontato. Che stabilisce un principio pericoloso”. A centro pagina una grande foto di Marcello Dell’Utri sotto il titolo: “Forza Italia mafiosa, una balla”, “La sentenza che condanna Dell’Utri spazza via le accuse sulle stragi del ’92”. In taglio basso, un’intervista al senatore leghista Castelli, di cui si riassumono così le dichiarazioni: “Oggi la Lega non è più una squadra”. Castelli dice che “generali e colonnelli della Lega si riuniscono, poi però ognuno fa per sé”.

La Repubblica: “Mafia, Dell’Utri è colpevole”, “Anche la Corte d’Appello lo condanna: sette anni di carcere. L’imputato: sentenza pilatesca. I giovani Pdl siciliani lo contestano”, “Assolto solo dai reati dopo il ’92. Il senatore: ‘Mangano resta il mio eroe'”.

A centro pagina: “Giornata nera nelle Borse. Bossi: correggere la manovra”, “Milano perde il 4,4%. Emendamento pro-Regioni: i tagli diventano flessibili”.

Il Sole 24 Ore: “Martedì nero per le Borse”, “La Bce non proroga il salvagente-liquidità e i titoli bancari cadono”. Madrid e Milano sono le Borse che sono andate peggio. Anche qui foto della spia russa, “l’affascinante Anna Chapman, 28 anni, master in economia in una prestigiosa università moscovita”. E sulla manovra: “L’accertamento fiscale esecutivo dopo 60 giorni. Premi a Regioni virtuose”.

Il Foglio: “Lo slalom di Tremonti con le regioni fra manovra e federalismo”, “La devoltion fiscale oggi in Consiglio dei ministri. La relazione del tesoro e gli studi sui risparmi sanitari”. Si scrive anche che “Bossi apre alle Regioni: ‘Rivedremo la manovra finanziaria’”. Sulla vicenda Dell’Utri: “Il politico Dell’Utri non ha mafiato”, “Dal 1992 in poi il senatore e collaboratore di Berlusconi è assolto. Il fatto non sussiste: il mandato di strage, la famosa ‘entità’ mafiopolitica, tutte calunnie. Dei 7 anni per ‘concorso in mafia’ ci liberererà la cassazione”. Sulle spie russe: “Mosca reagisce male all’arresto a orologeria delle spie in America. Gli unidici agenti segreti russi cercavano anche informazioni sull’Iran. Putin: ‘State sbattendo la gente in galera’”.

Dell’Utri

Spiega Giovanni Bianconi sul Corriere, parlando della “doppia verità di una sentenza”: “Marcello Dell’Utri è stato condannato, Forza Italia assolta. Il senatore è stato amico dei mafiosi e ‘concorrente’ nei loro reati, ma il movimento politico che ha contribuito a fondare non è il partito della mafia”. Sia in primo che in secondo grado il senatore Dell’Utri “è stato giudicato colpevole di aver intrattenuto con boss e uomini d’onore’ rapporti talmente stretti da sconfinare in un reato. Il cosiddetto ‘concorso esterno in associazione mafiosa immaginato da Giovanni Falcone in un suo provvedimento giudiziario del 1987”. Fino al 1992 (stragi Capaci e via D’Amelio) rimasero dunque attivi i contatti tra Dell’Utri e “il sodalizio criminoso” (parole della sentenza di primo grado): “grazie a quei contatti in alcuni casi ‘diretti e personali’ -scrive Bianconi- per esempio con i boss Stefano Bontade e Mimmo Teresi, oltre che con Vittorio Mangano e con Gaetano cinà, imputato in questo stesso processo e morto prima della conclusione- il più fidato amico di Silvio Berlusconi ha svolto il ruolo di ‘costante mediazione’ tra la mafia ‘e gli ambienti imprenditoriali e finanziari milanesi in particolare riguardo al gruppo Fininvest’, cioè l’azienda fondata dall’attuale presidente del Consiglio”. Non solo: Dell’Utri -sottolinea Bianconi- fu garante nei confronti di Berlusconi, che temeva sequestri dei propri familiari, adoperandosi per l’assunzione di Vittorio Mangano (lo stalliere di Arcore) pur conoscendone lo spessore criminale. Successivamente Berlusconi ha fondato un partito del quale Dell’Utri divenne parlamentare nel ’94 ed alcuni pentiti hanno legato anche questo evento ai suoi contatti con i boss: Gaspare Spatuzza, ma prima di tutti Nino Giuffré, già braccio destro di Provenzano. Ed è questa parte della storia che i giudici d’appello hanno respinto: in attesa delle motivazioni, “per adesso si può intuire che gli episodi della ‘stagione politica’ narrati dai pentiti sono stati ritenuti insussistenti , o comunque non sufficientemente riscontrati”.

La Repubblica affida il commento a Giuseppe D’Avanzo: “Una sentenza ripete per la seconda volta, in appello, una tragica verità: Marcello Dell’Utri, l’uomo che ha accompagnato passo dopo passo, curva dopo curva, tutt’intera l’avventura imprenditoriale di Silvio Berlusconi, è stato un amico dei mafiosi, l’anello di un sistema criminale, il facilitatore a Milano degli affari e delle pretese delle ‘famiglie’ di Palermo, prima del 1980. Dei Corleonesi, almeno fino al 1992, quando cadono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. E’ questo elemento della sentenza che D’Avanzo sottolinea, a dispetto del “vivamaria che ridimensiona, sdrammatizza, l’esito della sentenza di Palermo”. Quel che emerge è che Dell’Utri è stato “un uomo che, a disposizione della mafia, è stato l”intermediario’ tra fra Cosa Nostra e il gruppo di Silvio Berlusconi”.

Lino Jannuzzi, su Il Giornale, “rende onore” in qualche modo al Procuratore generale Gatto che aveva chiesto per Dell’Utri 11 anni e ne riferisce le parole rivolte ai giudici che stavano per entrare in camera di consiglio: “Dovete prendere una decisione storica, non solo dal punto di vista giudiziario, ma per il nostro Paese. Voi potete contribuire alla costruzione di un gradino salito il quale, forse, si potranno percorrere altri scalini che potranno fare accertare le responsabilità che hanno insanguinato il nostro Paese”. Commenta Jannuzzi: “Con grande sincerità o se si vuole con eccessivo candore, il procuratore Gatto ha svelato pubblicamente che a Palermo stanno processando Dell’Utri da tredici anni non per i suoi presunti rapporti con qualche mafioso tipo Vittorio Mangano, ‘lo stalliere di Arcore'”, ma “come occasione e pretesto per processare il ‘potere’, e un potere responsabile delle stragi ‘che hanno insanguinato il Paese’ cioè per processare Berlusconi e il suo partito, colpevoli di aver trattato con la mafia e averle dato mandato di fare le stragi per aprirsi la strada per il governo e il potere”.

La Stampa propone ai lettori un’intervista allo stesso Dell’Utri firmata da Paolo Colonnello e riassunta così nel titolo: “I miei giudici, onesti ma senza coraggio”. Dice Dell’Utri: “Non c’è una cosa per la quale si possa seriamente farmi un’accusa di concorso esterno mafioso: ovvero aver procurato vantaggi a un’organizzazione criminale. Ma quali vantaggi? Se mi accusano di aver conosciuto Mangano o Cinà, è vero, li ho conosciuti, ma è tutto qui”. Ma uno può essere mafioso ‘fino ad un certo punto’? “La domanda è retorica -risponde Dell’Utri- no, non esiste. Come dire : uno è ingegnere fino ad un certo punto”. E poi: “questo esercito di pentiti portati nel mio processo, quelli del solito giro che ha accusato Andreotti e Mannino, è fatto di persone che dicono cose ch ehanno sentito da altri. Cose allucinanti per lo più. Mai sentito uno che dicesse ‘ho visto Dell’Utri fare questo o quest’altro. Tutti utili all’accusa per sostenere il reato di concorso esterno”. Su Mangano: “quando l’ho conosciuto io era una persona avulsa dall’ambiente mafioso”.

Due polemiche sono nate dalla sentenza Dell’Utri di ieri ed i quotidiani ne danno ampiamente conto. La prima è nata dalle dichiarazioni del diretto interessato su Vittorio Mangano: “Mangano è il mio eroe”, ha spiegato Dell’Utri in conferenza stampa, aggiungendo che “la storia è complessa, ma il punto chiave è che in carcere gli fu chiesto di parlare contro me e Berlusconi. E se avesse inventato anche una minima cosa, una parolina contro me e Silvio, sarebbe uscito subito fuori, senza morire in cella di cancro. Io al suo posto forse non avrei resistito”. Lo stesso quotidiano riferisce allora della rivolta in Sicilia dei giovani del Popolo della Libertà, che contestano le considerazioni su Mangano (rimane comunque un mafioso”, dice Mauro La Mantia, ad esempio, che è il presidente dell’associazione) e sottolineano che il loro eroe resta Paolo Borsellino.

L’altra polemica riguarda il direttore del Tg1 Minzolini: La Repubblica scrive che la parola “condanna” nella notizia sulla sentenza Dell’Utri di ieri, nell’edizione delle 13.30 non è mai stata pronunciata.

E poi

Si va verso una mozione di sfiducia nei confronti del ministro Brancher sottoscritta da Pd e Italia dei Valori. Secondo Il Riformista sarebbero tentati anche i finiani. L’Udc -spiega La Stampa– “non ne vuol sapere di accodarsi” a Di Pietro, ma pare voterà sì.

Il Corriere ricorda che oggi in Germania si vota per eleggere il presidente. Candidato dei socialdemocratici e dei Verdi è il pastore protestante Gauck: amato e rispettato da molti tedeschi, dopo la riunificazione è stato alla presidenza dell’autorità che ha esaminato e deciso di rendere pubblico lo sterminato archivio di schedature della Stasi. Il Sole 24 Ore sottolinea quanto sia importante per la cancelliera Merkel che il suo canidato, Wulff, attuale ministro della Bassa Sassonia, abbia una maggioranza netta.

La Stampa racconta che il generale McChrystal lascerà l’esercito. E che secondo Petraeus, che gli è subentrato nella direzione delle truppe Usa e Nato in Afghanistan, in questo Paese le cose stanno per peggiorare.

Su Il Sole 24 Ore: “Petraeus: nuove regole d’ingaggio”.

Su Il Foglio un’intera pagina dedicata a “gli storici che non sventrano la Chiesa”: “da Chabod a Cantimori, il rappporto con la religione è cruciale nella storia italiana”. Di Marco Burini. Lo spunto è un convegno di due giorni appena conclusosi alla Normale di Pisa.

(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)