La Rassegna Stampa: quelle orrende, drammatiche scene di violenza quotidiana

Pubblicato il 13 Ottobre 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

“Persone indegne nelle liste”. Con le parole del Presidente della Commissione Antimafia Pisanu apre il Corriere della Sera. Il senatore del Pdl parlava delle ultime elezioni amministrative, nel primo bilancio formulato dalla sua Commissione sulla base deile informazioni giunte dalle prefetture italiane. “Pisanu accusa”, nel sottotitolo. Accanto, il contenuto del messaggio di Berlusconi ieri al Senato, che commemorava Cossiga: “La Costituzione non è un dogma”. In alto la foto del tifoso serbo dal volto coperto che ieri, con alcune decine di colleghi, ha bloccato una partita di calcio tra Italia e Serbia a Genova. “Guerriglia degli ultrà serbi. Salta la partita dell’Italia. Incidenti a Genova. Scontro con gli agenti nella notte”. L’editoriale, firmato da Franco Venturini, si sofferma sull’Afghanistan, dopo i funerali, ieri, dei soldati italiani: “Dite la verità sull’Afghanistan”. A centro pagina: “Montezemolo critica Tremonti. Ma la Marcegaglia lo difende. La fondazione Italia Futura: il ministro non pensa alla crescita”. A fondo pagina un approfondimento dopo la vicenda della giovane infermiera romena colpita al volto dopo una lite ad una stazione metro di Roma, oggi in gravi condizioni: “Quelle scene di violenza quotidiana”:

La Repubblica: “Genova, ultrà serbi scatenati. Sospesa la partita dell’Italia. Notte di paura. I tifosi armati di coltelli e fumogeni. Scontri all’esterno dello stadio: 14 feriti”. Commento di Gianni Mura: “Un colpo al cuore del calcio malato”. Sotto, un articolo di un giornalista che ha seguito da sempre la guerra nei Balcani, Renato Caprile: “Gli hooligan di Arkan”. Il titolo di apertura vero e proprio: “Pisanu: gente indegna nelle liste elettorali. Processi, appello del Colle”. E poi: “Fini: no a norme retroattibe. Il Pd: votiamo la Bongiorno”. Commenta le dichiarazioni di Pisanu lo scrittore Roberto Saviano, con un intervento dal titolo “Le mani mafiose sulla democrazia”. A centro pagina il pugno alla giovane romena: “Pugno nel metrò, donna in coma”. In taglio basso: “Nuovo attacco a sede Cisl, lancio di uova e minacce”. A Terni, nel mirino anche la Uil, “Bonanni: sono fascisti”.

Anche su La Stampa la foto di un hooligan serbo, sotto il titolo: “Guerriglia serba, l’Italia non gioca”. Marco Ansaldo si chiede “perché nessuno li ha fermati”. Di spalla: “Riforma elettorale, la sfida di Fini, ‘farla alla Camera’”. “Pisanu: troppi ‘indegni’ nelle liste”.

Il Fatto quotidiano: “C’è un preside ad Adro. Dopo un mese le regole dello Stato tornano ad essere rispettate nel Comune bresciano: rimossi i simboli della Lega grazie al dirigente scolastico”. A centro pagina l’episodio di violenza urbana a Roma, nella metrò, un richiamo per la Rai (“Masi vuole licenziare Santoro, ma il cda dice no”) e per la situazione nel centrosinistra, dove si parla del “pranzo con alleanza” avvenuto ieri tra Bersani e Vendola.

Il Giornale: “Fini vuole Montezemolo. Il Fli scopre le carte. Bocchino annuncia: se si vota noi alleati con l’Udc e il presidente della Ferrari candidato premier. Ma l’interessato smentisce e apre una polemica con Tremonti: ‘Frena il Paese'”.

Libero: “Più  culi che poltrone. L’ammucchiata contro Silvio. Bersani e Vendola si alleano per poi sfidarsi. Veltroni scalpita. Fini medita e intanto i suoi lanciano Montezemolo. Casini valuta proposte. Anche se vincono, finiranno come Prodi”. A centro pagina: “La Cgil mena, pure Epifani ha paura. Il ritorno della violenza nel sindacato”. Il segretario: clima da anni bui. Bonanni (Cisl): gli squadristi siete voi”.

Il Riformista: “Padanate”. “La Lega non vuole la bandiera italiana ai funerali degli alpini”. Nel capitolo “movimenti elettorali” la puntata di oggi ha questo titolo: “Se Montezemolo vuol licenziare Tremonti”. In taglio basso una intervista all’ex ministro Paolo Cirino Pomicino, oggi iscritto all’Udc: “Basta diaspora Dc, si torna a casa”.

Su Il Foglio ci si occupa degli scioperi contro la riforma pensionistica del governo francese: “Sarkozy risponde con due colpi da maestro alla grande festa contro di lui”. “Nel giorno degli scioperi paralizzanti, l’Eliseo annuncia la riforma che cancellerà l’odiato scudo fiscale”. In prima il quotidiano continua ad occuparsi del “caos Usa” che regnerebbe alla Casa Bianca con il “riluttante” Obama: “il capo del Pentagono irritato minaccia di andarsene a gennaio”. Gates intenderebbe lasciare il suo posto poiché, dopo le dimissioni del generale a tre stelle dei marines, James Jones, National security advisor, ha perso un amico alla Casa Bianca, avendo Jones sempre sostenuto le ragioni dei militari sul surge in Afghanistan. 

Il Sole 24 Ore apre su una inchiesta della Guardia di finanza secondo cui su 1500 professionisti 400 nascondevano le collaborazioni. Ecco perché il titolo di apertura è: “Autonomi, colpo all’evasione”.  E sotto: “Tremonti blinda il federalismo: il fisco locale non potrà aumentare”. A centro pagina una grande foto per la partita saltata ieri: “Teppisti serbi all’attacco a Genova”. E la foto raffigura un hooligan serbo nell’atto di incendiare una bandiera albanese. In alto un richiamo delle parole del Capo dello Stato: “Napolitano: processi troppo lunghi. Occorre uno scatto di efficienza”. Ancora sulla prima del Sole una intervista a Frank Serpico, il poliziotto che fece della lotta alla corruzione poliziesca nella New York degli anni 60 una ragione di vita. Ora ha 73 anni e vive a 300 chilometri da Manhattan.

Pd

“Primarie per pranzo” titola Il Fatto parlando dell’incontro che si è tenuto ieri in un ristorante tra il segretario Pd Bersani e il leader di sinistra e libertà Vendola. In questo modo, scrive Il Fatto, Bersani stoppa il Papa straniero e mette all’angolo Veltroni e D’Alema. Secondo Il Fatto mentre a prima vista è Vendola ad incassare il successo politico delle consultazioni per la leadership con le primarie, che nessuno considerava possibili solo tre mesi fa, anche il segretario del Pd mette a segno un colpo importante: “ritorna dominus del Pd, principale candidato, fa sponda con il leader di sinistra e libertà, per tagliare le gambe all’ipotesi di papa straniero che secondo i suoi uomini è (da Roberto Saviano ad Alessandro Profumo) il principale obiettivo dei veltroniani. Alla fine del pranzo è stato annunciato un patto di reciproca consultazione. E così sintetizza Il Fatto l’orientamento dei due protagonisti del pranzo: Bersani dice “se facciamo un governo non possiamo avere qualcuno che da sinistra mi spara contro tutti i giorni” e Vendola per parte sua, considera che “se si fa un governo non può avere un obiettivo diverso e più largo della riforma della legge elettorale, altrimenti la gente si arrabbia e, soprattutto, il governo non può avere una durata indefinita”. Lo si può chiamare, secondo Vendola, “un governo di scopo”.
Secondo La Repubblica un punto lo porta a casa immediatamente il governatore della Puglia, e sono le primarie: si faranno, assicura Bersani – secondo il quotidiano, che poi si chiede se concorreranno entrambi. Vendola è già in corsa, il segretario Pd esorta a “non mettere il carro davanti ai buoi, se si va al voto non ci sottraiamo, chi si candida si candida, saranno i cittadini a decidere chi meglio può sconfiggere Berlusconi”. Sulla stessa pagina, le reazioni nell’area dell’opposizione: “Casini non chiude le porte al centrosinistra, ‘ma per ora le nostre strade sono diverse’, la mossa del segretario Pd apre dubbi in quella parte del partito che spera nell’intesa coi centristi, ovvero dalemiani, Follini, area di Letta e Fioroni.
Secondo La Stampa la linea di Bersani è: “Due forni accesi con Vendola e Udc”. Dall’incontro sarebbe uscito un “patto per le primarie con il governatore pugliese”.
Anche secondo Il Riformista tra “B & V”, ovvero Bersani e Vendola, il patto è su “governo tecnico e primarie”: il leader Pd ha incassato il disco verde sull’esecutivo di scopo per cambiare la legge elettorale e trattare con Casini, mentre Nichi lo sfiderà sulla premiership.

Liste pulite

Il Presidente Pisanu, sulla base dei dati inviatigli dalle Prefetture che hanno collaborato alla compilazione del rapporto sull’applicazione del codice di autoregolamentazione sottoscritto da tutti i partiti prima delle elezioni, in cui ci si impegnava a non candidare persone in odore di mafia, ha dichiarato che la promessa è stata tradita, visto che “le liste sono gremite di gente indegna”. La polemica è anche legata al fatto che delle circa 90 prefetture interessate alla scorsa tornata delle amministrative, solo 57 hanno risposto in modo completo. Cinque – Agrigento, Mantova, Messina, Catania e Bolzano – non hanno risposto affatto. E 25 lo hanno fatto in modo parziale, secondo la Commissione. Il Corriere della Sera intervista il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, che è anche il Presidente della associazione della associazione dei prefetti, la Anfaci. Perché non avete fornito i dati necessari per capire se i partiti hanno candidato persone degne o meno? “Quello che noi prefetti possiamo fare è fornire i dati che abbiamo, e quello è già stato fatto”, risponde Lombardi. Che spiega: “Noi abbiamo le informazioni relative agli eletti. Quelle le possiamo raccogliere”, perché servono alla convalida dell’elezione. In sostanza i prefetti devono accertare che l’assunzione della carica di amministratore locale avvenga solo da parte di soggetti che non hanno “controindicazioni”: “In caso contrario l’investitura viene annullata. Per questo, subito dopo le elezioni, si procede alla raccolta dei dati. La commissione invece chiede informazioni su tutti i candidati”. Quanto al codice di autoregolamentazione sottoscritto dai partiti, Lombardi ricorda che “quel codice è come se fosse un accordo tra privati. Noi dobbiamo essere coperti da una legge, non possiamo metterci a raccogliere dati su tizio o caio a nostro piacimento. Una raccolta generalizzata potrebbe offrire il fianco a profili di incertezza sul piano costituzionale”. A meno che non intervengano modifiche normative: “Basterebbe fare una legge che prevede la raccolta di informazioni, anche preventive, sui candidati”:

E poi

La privacy finita è il titolo di una analisi di Timothy Garton Ash, che ne parla dopo aver visto il film “The social network”, dedicato a Facebook. Cita un saggio di David Kirkpatrick, secondo cui un sondaggio del 2009 condotto tra i datori di lavoro ha rivelato che il 35 per cento delle imprese ha scartato alcuni candidati all’assunzione basandosi su informazioni reperite sui social network. 
La Stampa si occupa dell’arrivo del presidente iraniano Ahmadinejad in Libano. Il Paese appare spaccato in due, poiché se gli Hezbollah lo acclamano, i sunniti rifiutano ingerenze.
Lo stesso quotidiano si occupa delle elezioni Usa di Midterm (2 novembre) e in particolare di come i “registi” dei due partiti studiano il modo di conquistare il Congresso: i Democratici si affidano a Chris Van Hollen, i Repubblicani a Pete Sessions. Curriculum dei due e rispettive strategie vengono illustrate nella corrispondenza di Maurizio Molinari. 
Il Foglio spiega perché il finanziere George Soros abbia deciso di “togliere la paghetta” ad Obama: l’antipatia verso Bush lo aveva spinto a spendere soldi per combatterlo, ma Obama non merita abbastanza, anche se Soros non ha mancato di contribuire al rafforzamento di tanta parte della galassia obamiana.
Il Sole 24 Ore scrive che Londra ha deciso di liberalizzare le rette universitarie, eliminando il tetto alle tasse annuali.
Sullo stesso quotidiano, un approfondimento-inchiesta sulla xenofobia in Europa: “C’è del razzismo in Danimarca”, “Il partito del popolo si batte per limitare i benefici sociali agli immigrati”. E’ un’intervista al leader dello stesso partito, la cui sigla è DF, che sta per Danske Folkeparty: lui si chiama Morten Messerschmidt, 30 anni, eletto con 284 mila voti e tre anni fa finì sulle pagine di un tabloid perché trovato ubriaco a fare il saluto nazista, cantando canzoni del terzo reich. Ha portato il tabloid in tribunale ed ha vinto la causa, perché ha negato di aver inneggiato ad Hitler.

(fonte  RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)