La Rassegna Stampa: “La pacificazione tra Fini e il Cav. val bene la testa di Cosentino. Basterà?”

Pubblicato il 15 Luglio 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

Corriere della Sera: “Cosentino si dimette e attacca Fini”. Val la pena di spiegare subito che ieri la decisione di calendarizzare la mozione di sfiducia dell’opposizione a mercoledì prossimo, presa dal presidente della Camera (cui spetta la decisione in mancanza di accordo tra i capigruppo) ha fatto precipitare la situazione. Di qui le accuse del sottosegretario Nicola Cosentino: “L’ex leader di An cerca solo il potere”. E poi: “Berlusconi: accuse infondate. Il Presidente della Camera: decisione doverosa”. Il Corriere ha un richiamo in prima per l’intervista al coordinatore del Pdl Denis Verdini, che così riassume le sue parole: “Mi criticano per contare di più”. E anche qui il riferimento è alle tensioni interne al Pdl. A centro pagina anche le parole di Massimo D’Alema, anche lui intervistato dal Corriere: “Governo di transizione, ma con un premier nuovo”.

Ancora in prima: “La Fiat licenzia tre operai a Melfi”, “per un blocco”: spiega il quotidiano che alla decisione l’azienda è arrivata poiché i tre avevano impedito di lavorare anche ai dipendenti che non partecipavano ad una manifestazione interna. La Fiom ha scritto all’amministratore delegato Marchionne.

Libero: “Fuori un altro. Fini Resta”, “Cosentino dimesso. Il viceministro indagato lascia per evitare il voto di sfiducia. Silvio tira il fiato, il cofondatore se la ride. Ad agosto Pdl a conclave per uscire dalla crisi”. A centro pagina, una foto del leader della Lega: “Attenti, Bossi si rimette la canotta”, “Il Senatùr risfodera il look da ribaltone”.

Il Giornale: “Operazione pulizia, atto primo”, “No al giustizialismo, ma il premier non vuole uomini ‘chiacchierati’ nel governo. Poi si passerà all’organizzazione del partito”, “Cicchitto: ‘Niente coordinatore unico: adesso sarebbe una forzatura’”.

Il Fatto quotidiano: “Fuori anche Cosentino. Adesso tocca a ‘Cesare'”, “Dopo Scajola e Brancher B. costretto a cacciare il sottosegretario dei dossier. Ma un nome coperto nei verbali porterebbe al premier”. Qui il riferimento è alle intercettazioni tra gli indagati della cosiddetta P3: Cosentino si rivolgeva ad uno degli arrestati, il geometra-giudice tributario Lombardi, che “Cesare è contento di quello che stiamo facendo” per fare pressioni sul Lodo Alfano. E secondo un’informativa dei carabinieri risalente al 18 giugno scorso, il Cesare cui ci si riferiscono gli uomini del comitato d’affari sarebbe lo stesso Berlusconi. A parlare di questi verbali è stata ieri L’Unità.

E L’Unità oggi ha in apertura la foto di tre birilli caduti con le facce di Scajola, Btancher e Cosentino, sotto il titolo: “E tre…”. Sullo sfondo, un quarto birillo ha la faccia del sottosegretario alla Giustizia Caliendo. Ancora in piedi.

La Repubblica: “Salta Cosentino, guerra nel Pdl”, “‘Mi dimetto’. Poi l’attacco ai giornali e a Fini: vuole solo il potere”. “Scandalo sull’eolico: dopo un vertice con Berlusconi, lascia anche il sottosegretario all’Economia. L’Anm: via le toghe coinvolte”. Poi un richiamo ai verbali dell’inchiesta: “Nelle carte spunta ‘Cesare’, pseudonimo del premier”. All’interno, intervista al segretario dell’Anm Cascini sul coinvolgimento di alcuni magistrati nell’inchiesta: tra questi, il presidente della Corte d’appello di Milano Marra.

La Stampa: “Cosentino si dimette, ma il premier lo difende”, “Il sottosegretario resta leader Pdl in Campania e attacca Fini: vuole solo il potere”. E poi: “Inchiesta P3, dalle carte accuse a Formigoni”. Il Presidente della Regione Lombardia avrebbe fatto pressioni quando il suo listino è stato escluso alle ultime elezioni regionali. E qui torna in ballo il presidente della Corte d’appello di Milano Marra.

Alludendo al fatto che si tratta di un’inchiesta su business dell’eolico, Il Riformista titola: “Via col vento”, “Cosentino si dimette. Ma l’attacco è al premier, indicato come ‘Cesare’ in un’informativa dei carabinieri sulla P3. E Fini dà l’ultimatum su legalità e intercettazioni: ‘Se Berlusconi cede, pronto alla pace'”.

Il Foglio la spiega così, nel titolo di apertura, a destra, sulla politica interna: “La pacificazione tra Fini e il Cav. val bene la testa di Cosentino. Basterà?”. Secondo il quotidiano diretto da Ferrara Fini avrebbe avuto un colloquio con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, illustrando una via d’uscita: Cosentino si dimetta, chiudiamo con le intercettazioni e tra mercoledì e giovedì dell aprossim asettimana mi incontro con Berlusconi.

Il titolo di apertura sull’attualità internazionale si occupa invece del processo al primo uomo di Bin Laden giudicato in America, Ahmed Khalfan Ghailani, che affronterà i giudici a settembre a New York. Non potrà fare ricorso per i diritti negati durante la detenzione, spiega Il Foglio (“‘Vieni da Guantanamo? Non importa’, dice il giudice a New York”).

Il Sole 24 Ore: “Ecco le novità della manovra”, “Presentato il maxiemendamento, oggi il voto di fiducia al Senato. Napolitano: dovere di tutti ridurre il debito pubblico”. E sotto: “Tensioni nella maggioranza: si dimette il sottosegretario Cosentino”. A centro pagina un titolo sulle richieste dell’Associazione nazionale costruttori edili: “Ance al governo: basta tagli alle infrastrutture”. E poi: “L’export torna a crescere”.

 Governo, Pdl, inchieste.

“La rabbia del Cavaliere, ‘Gianfranco lo distruggo'”: così un retroscena de La Stampa riassume voci di uno sfogo del premier dopo la decisione del presidente della Camera sulla discussione della mozione di sfiducia nei confronti di Cosentino. Ancora tra virgolette, altre frasi che Berlusconi avrebbe pronunciato sul ‘cofondatore’ del Pdl: “Non mi faccio ricattare, se continua così lo porto davanti agli elettori e la pagherà cara”.

Su La Repubblica, pagina del “retroscena”: “Il Cavaliere carica l’arma del voto, ‘In atto una manovra per ingabbiarmi’. Il premier: Gianfranco strumento di magistrati e poteri forti”.

Sul Corriere, “il personaggio” Cosentino: detto “Nick U’ Mericano”, “accusato di camorra ma tradito dai veleni”. “Ha resistito ai veleni, non al complotto anti-Caldoro. Al premier ha detto: lasciami il partito o va a Bocchino”. Ha infatti “salvato lo scranno” -come scrive il Corriere– nel Pdl campano, poiché ne ha conservato la direzione, evitando che il partito a Napoli finisse nelle mani di Italo Bocchino, come ha spiegato al premier.

Il personaggio raccontato da La Repubblica è invece il geometra-giudice Pasquale Lombardo, “Luomo che sussurrava ai giudici”. Il premier -scrive il quotidiano- ora lo presenta come un pensionato sfigato, ma lui trattava con politici e alti magistrati. Gestiva gli affari da Cervinara, paese dell’Irpinia di cui è stato sindaco e di cui è originario anche Marco Milanese, ex ufficiale dell aGuardia di Finanza e attualmente deputato Pdl ma, soprattutto, “portaborse, anzi di più, alter ego in servizio diuturno effettivo del superministro dell’economia Giulio Tremonti”.

La Stampa parla delle “telefonate di Formigoni per il listino escluso”: un’informativa dei carabinieri spiega che non appena il magistrato Alfonso Marra ha ottenuto “l’ambita carica” di presidente della Corte d’appello di Milano, “Dopo un’intensa attività di pressione esercitata dal gruppo (ed in particolare da Pasquale Lombardi) sui membri del Csm”, i componenti dell’associazione ora sotto accusa “gli chiedono esplicitamente, peraltro dietro mandato del presidente Formigoni, di porre in essere un intervento nell’ambito della nota vicenda dell’esclusione della lista ‘Per la Lombardia’”. Il listino del governatore era stato escluso dalla competizione elettorale, poiché la corte d’appello di Milano aveva accolto un ricorso dei radicali per irregolarità nella raccolta delle firme. Da una telefonata intercettata tra Formigoni e l’ex assessore napoletano ora agli arresti Arcangelo Martino: “ma l’amico, l’amico…l’amico Lombardo, Lombardo lì, Lombardi…è in grado di agire?”. E Pasquale Lombardo sarebbe andato a trovare l’amico Marra: quest’ultimo dice di averlo cacciato via. Ma i carabinieri ricostruiscono un altro scenario: contatti tra il sottosegretario alla giustizia Caliendo e il capo degli ispettori ministeriali Arcibaldo Miller, per metter sotto inchiesta i giudici della corte d’appello. Il 9 marzo il Tar dà ragione a Formigoni e riammette la lista.

La Repubblica: “Formigoni sarà ascoltato dai pm, ‘Sollecitò le pressioni su Marra’. Il Governatore: alla P3 non ho mai chiesto nulla”. Sullo stesso quotidiano, un articolo racconta che il magistrato Alfonso Marra, secondo i verbali dell’inchiesta, pur di ottenere la promozione, avrebbe sollecitato, tramite il geometra-tributarista Lombardi, l’intervento dell’ex piduista Giancarlo Elia Valori

Secondo La Stampa, la versione di un Cosentino coordinatore del Pdl in Campania a tempo pieno “ha fatto storcere il naso a molti” nel partito.

Il Fatto dedica una pagina intera alla surreale conversazione tra il Lombardi e il deputato Idv Francesco Barbato, che lo è andato a trovare in carcere e che è stato scambiato per un omonimo dell’Udeur. E parla a ruota libera della “rete” del comitato d’affari.

Il personaggio raccontato da L’Unità è il sottosegretario Caliendo: dal passaporto fornito a Roberto Calvi per farlo epsatriare, al Lodo Alfano.

 Pd, la proposta D’Alema.

Massimo D’Alema, intervistato dal Corriere, dice: “dalla crisi non si esce con la via giudiziaria: ora governo di transizione”. Berlusconi “prova a trovare una via d’uscita cercando di costruire un equilibrio politico che lo tuteli di più, e perciò si lancia nel tentativo abbastanza maldestro di riassorbire nella maggioranza Casini. Ma la questione vera non è come puntellare l’attuale equilibrio, è come uscirne”. Per D’Alema “bisogna prendere atto che la lunga fase della parabola berlusconiania è finita”. Ma “non ci sono scorciatoie: non si esce da una crisi di questo tipo attraverso una soluzione giudiziaria, come può immaginare un acerta parte dell’opposizione, o attraverso una campagna moralista e giustizialista. Io voglio che si faccia giustizia e penso che le persone che sono gravemente indiziate o sotto processo si debbano dimettere”. Ma la sfilata di dimissioni dimostra che siamo di fronte “ad un problema più profondo” ed abbiamo bisogno di un nuovo patto sociale, non di andare a votare con questa legge elettorlae, che sarebbe una sorta di referendum su Berlusconi. Per D’Alema la soluzione è “un governo di transizione, di larghe intese”: “se dentro il Pdl ci sono persone preoccupate del destino del Paese e non soltanto cortigiani”, “questa prospettiva è attuabile”. Il Pdl “deve dimostrare se è un partito o una sorta di sultanato”.

 E poi

Sulla prima de Il Foglio si torna sul voto all’Assemblea Nazionale (il 13 luglio) che vieta il burqa nei luoghi pubblici. E, titolando “Un comunista contro l’islamismo”, ricorda che la decisione della proibizione si deve ad André Gerin, “vecchio leone del Partito comunista in guerra con il fondamentalismo”. Dice che “ombre nere minacciano la Repubblica” e “la rive gauche gli dà del ‘petainista’”.

Su La Repubblica: “Guerra di religione in Nigeria: 8 morti. scontri tra musulmani e cristiani per la costruzione di una moschea”. Sullo stesso quotidiano si raccontano le proteste delle Ong in Francia, dove ieri, alla parata del 14 juillet, hanno sfilato anche le ex-colonie africane: Sarkozu ha invitato i dittatori, accusano gli attivisti dei diritti umani.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)