La Rassegna Stampa: La legislatura adesso è in bilico

Pubblicato il 30 Settembre 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Fiducia a Berlusconi, finiani decisivi. Alla Camera 342 favorevoli, sostegno anche dall’Mpa di Lombardo. Lo show di Di Pietro in diretta tv fa infuriare la maggioranza”. L’editoriale di Massimo Franco è titolato: “Un sì avvelenato”. A centro pagina due retroscena, uno per Berlusconi e uno per Fini: “La linea del Cavaliere: al primo scherzo andiamo alle elezioni”; e “L’ex leader di An lancia il nuovo partito e pensa alle dimissioni”.
La Repubblica: “Berlusconi salvato dai finiani. ‘Voglio il lodo, ma a questo punto meglio il voto’. Bossi: elezioni a marzo. Il discorso approvato alla Camera con 342 sì. Fini: faccio il partito. Bufera su Di Pietro. Il premier stupratore della democrazia. Bersani: se ne vadano”.  L’editoriale, firmato da Ezio Mauro, è titolato: “La fiducia avvelenata”. A centro pagina la storia di un uomo “operato sei volte per un errore”, morto. “Inchiesta all’ospedale San Pietro. A Bergamo lite tra i medici sul cesareo, bimba nasce invalida al 100 per cento”.
La Stampa: “C’è la fiducia, ma si pensa al voto. Alla Camera 342 sì per il governo, Fini però annuncia il nuovo partito. Bersani: è finita. Di Pietro: stuprata la democrazia. Finiani e Mpa decisivi per Berlusconi. Bossi: erano meglio le urne”.
Da segnalare in prima pagina anche un articolo firmato dal Presidente Giorgio Napolitano, sotto la rubrica “Le idee”: L’unità nazionale è la mia stella polare”. A centro pagia: “L’Eurpa si ribella: ‘Basta con i tagli’. Bruxelles, centomila al corteo dei sindacati. E la Spagna si ferma con Zapatero”.
Libero: “Si vota a marzo. Meglio. Teatrino finito. Silvio nel suo discorso non polemizza e lancia messaggi ai moderati. Ma non è sufficiente: ottiene solo 342 voti. E per non farsi logorare dai finiani pensa alle elezioni. Il Cav prepara una campagna stile ’94 contro la macchina da guerra Fli-Udc-Pd. La Lega esulta”. A centro pagina: “Fini trova la scusa per dimettersi. Martedì fonderà il suo partito e lascerà la presidenza della Camera. Via di fuga e prima mossa pensando alle urne”.
Il Giornale: “La fiducia patacca di Fini. L’ex leader di An vota sì al discorso di Berlusconi per prendere tempo: poi lo pugnalerà alle spalle. Martedì il presidente della Camera si fa il partito ma non vuole mollare la poltrona”. A centro pagina: “Di Pietro, c’è un teppista alla Camera”. “Verso le elezioni a marzo”, scrive il quotidiano.
Il Fatto quotidiano: “Fini cucina il caimano. Il premier ottiene una finta fiducia: adesso il governo è ostaggio dei finiani che si fanno il partito. Bossi: ‘Numeri limitati, la strada è stretta’. Elezioni a marzo?”. a centro pagina: “La seduta vista dai banchi dell’opposizione”, articolo firmato da Furio Colombo. “Cronaca di una svendita. I deputati della Lega applaudono poco, lo fanno solo quando Bossi batte sul banco”.
Il Riformista: “Tutto inutile. Il governo ottiene la fiducia ma i voti dei finiani sono decisivi. Fini vince il round. Senza i suoi deputati il premier non ha la maggioranza. E annuncia il lancio di un nuovo partito. Berlusconi tira a campare, ma la crisi è solo rinviata. Bossi: numeri limitati, la strada maestra sono le urne”.
Diversa la lettura de Il Foglio: “Il Cav va avanti tranquillo (o quasi) mentre Fini cambia casa. Il premier ottiene la fiducia. L’ex leader di An organizza il partito, pensa alle dimissioni e divorzia dal cognato. Timore per la sfiducia a Bossi”. Di spalla: “Il rigorista Tremonti ora deve scrutare l’Europa ultrarigorista. Nuovo Patto di (de)crescita”.
Il Sole 24 Ore: “Fiducia a Berlusconi, decisivi i finiani. La maggioranza si ferma a 342 voti, cruciali Fli e Mpa. Il premier cerca di rilanciare, ma non esclude più le urne. Bersani attacca. Lega delusa, per Maroni ‘elezioni a marzo’. Il presidente della Camera vara il suo partito”. L’editoriale di Stefano Folli: “La legislatura adesso è in bilico”. Il quotidiano di Confindustria evidenzia in prima anche l’accordo raggiunto ieri tra Federmeccanica , Fim e Uilm sui contratti: “Accordo sulle deroghe al contratto dei meccanici”. E poi: “Fiat Melfi, bocciato ricorso Fiom”. Infine: “Sì del Senato al Dll Lavoro”. La Fiom aveva presentato un ricorso a proposito della sentenza che aveva reintegrato i tre operai Fiat di Melfi, ma è stato giudicato inammissibile. Restano invece aperte le inchieste penali.

Fiducia

Secondo Massimo Franco, che firma l’editoriale del Corriere della Sera, “non è da escludersi che presto Fini si dimetta davvero: ma anche in quel caso sarà non tanto per motivi istituzionali, quanto per guidare meglio lo scontro contro il suo ex partito. Si tratta di uno sfondo di macerie, per il centrodestra. E non può bastare come consolazione una opposizione percorsa da un malessere parallelo. A colpire, ed anche a sorprendere sono il tentativo apprezzabile di prendere coscienza dei pericoli di una situazione esasperata. E il difetto di autocritica per il brutto spettacolo offerto ultimamente”. Franco aggiunge che “per il momento non esistono alternative alla coalizione berlusconiana”, ma che “senza rendersene conto”, è il centrodestra stesso ad averla “picconata”.
Secondo Ezio Mauro, che firma l’editoriale de La Repubblica, “non si è rotta soltanto la macchina politica del ’94 ma anche la costruzione ideologica che ha interpretato l’Italia – salvo brevi parentesi – per sedici anni. La svolta è dunque enorme, e noi vediamo oggi solo il primo atto. La propaganda compilativa in cui si è rifugiato ieri il premier non può nascondere la realtà. Diciamolo chiaramente: a luglio, con la cacciata di Fini, è finito il Pdl. Ieri, con questa fiducia malata, è finito addirittura il quadro politico di centrodestra così come lo abbiamo conosciuto”, scrive il direttore del quotidiano romano.
In una intervista a La Stampa il capogruppo del Pd alla Camera Franceschini dice: “Governo morto. Cadrà su Bossi”. “Intollerabile andare alle urne con questa legge elettorale”. “E’ l’inizio della fine del berlusconismo, ma anche la fase più pericolosa”:
Sullo stesso quotidiano: “La Lega pronta a staccare la spina. Bossi. numeri risicati, la strada è stretta. E Maroni si fa scappare: secondo me a marzo si vota”.
Secondo Il Riformista “ora Bossi e i leghisti sognano di cadere su Roma ladrona”. Secondo il quotidiano “con la mozione di sfiducia al Senatur l’esecutivo rischia grosso”. Nei prossimi giorni infatti dovrebbe essere votata una mozione di sfiducia individuale nei confronti di Bossi che sarebbe appoggiata anche da Udc e finiani. “Se mi sfiduciano il nord si incazza”, ha detto ieri il senatur. E il sottosegretario Castelli: “E io non resto nel governo”.

Esteri

Scrive La Repubblica che Al Qaeda era pronta a colpire con un attentato “stile Mumbai”, cioé quello del 2008 in India, in cui vennero colpiti due alberghi e un centro ebraico. Nel mirino sarebbero stati Parigi e Londra e la rivelazione arriva due settimane fa dall’interrogatorio di un terrorista di origine afghana catturato dagli americani. Uno studio della New America Foundation rivela che solo nel mese di settembre ci sono stati 20 bombardamenti di droni, un record. Questa escalation si spiega proprio con la convinzione della Cia che in Pakistan si trovino i santuari di Al Qaeda dove si stavano preparando gli attentati contro Gran Bretagna, Francia, Germania. E che il Pakistan sia il vero anello debole nella lotta al terrorismo lo ha confermato il libro-inchiesta di Bob Woodward, Obama’s wars, in cui si cita una frase del presidente Usa: “Dobbiamo aver chiaro questo: il vero cancro è il Pakistan”. Il Pakistan, dove il presidente Zardari rischia il golpe da parte dei militari, furiosi per l’inefficienza nel soccorso alle vittime delle inondazioni e preoccupati per il tracollo dell’economia. Chiedono, intanto, un profondo rimpasto del governo.
Da New York il corrispondente de La Stampa scrive che Al Qaeda voleva gettare gli ostaggi dalla torre Eiffel, e che l’attacco jihadista è stato sventato grazie alla cattura a Kabul di un algerino con passaporto americano. Il suo interrogatorio ha consentito di arrivare a ricostruire come Al Qaeda avesse addestrato in campi paramilitari in Pakistan un imprecisato numero di islamici cittadini di Paesi occidentali, al fine di facilitarne l’arrivo in Europa. E’ in questo quadro che si spiega la partenza del capo della Cia Leon Panetta alla volta di Islamabad: in programma un incontro con il presidente pakistano Zardari per discutere la situazione nel nord Waziristan (al confine con l’Afghanistan).
Restiamo su La Stampa per segnalare una intervista tutta da leggere a Mohamed El Baradei, un tempo direttore generale della agenzia internazionale per l’energia atomica, diplomatico egiziano e premio Nobel per la pace nel 2005. Aveva ipotizzato di candidarsi per sfidare il presidente Mubarak. Al quotidiano, che sintetizza le sue parole sotto questa dichiarazione: “Sbagliato criminalizzare tutto il mondo islamico”, dice: “Gli estremisti di destra o di sinistra sono ovunque e da sempre. Nessuna società ne è immune. Ma laddove esistono una Costituzione e vere elezioni, rimangono ai margini: l’antidoto è la democrazia”. Invitato a commentare la scoperta di un piano terroristico per colpire l’Europa, dice: “La politica occidentale ha fallito. Non ho mai visto tanta simpatia per l’America quanto all’indomani delle Torri Gemelle, ma è svanita. La guerra ad Al Qaeda si è trasformata in una visione stereotipata del mondo arabo, che ha prodotto rabbia, umiliazione. Anziché lavorare con il 99 per cento di musulmani moderati, l’Occidente ha sostenuto regimi autoritari”, “tranne i dittatori, tutti gli altri sono presunti terroristi: basta avere un nome arabo per essere trattenuto ore all’aeroporto”. Sul rischio che i fratelli musulmani conquistino il potere, è un rischio da correre, la democrazia non si ordina à la carte. I Fratelli musulmani non sono fanatici quanto il regime egiziano li dipinge per giustificare il proprio dispotismo: sono conservatori tipo gli ebrei ortodossi. 50 anni senza alternativa politica li hanno resi popolari: hanno il 20 per cento dei consensi, ma in un sistema di alternanza perderebbero potere”. Non la imbarazza il loro supporto? Risposta: “I Fratelli musulmani hanno sempre detto che appoggiano la mia richiesta di riforme, ma non mi sosterrebbero come Presidente. Sono in forte disaccordo con loro su molte cose, mi piacerebbe vedere il Paese guidato da un copto o da una donna, ma credo che vadano inclusi perché criminalizzarli li rende più estremi”. Poi spiega la sua decisione di non partecipare alle elezioni candidandosi: “Elezioni che mancano di garanzie, osservatori internazionali, giudici indipendenti. Il risultato è scritto. Mi sono candidato per mettere in imbarazzo il regime dimostrando che neppure uno come me, stimato in patria e fuori, può competere”.
Uno degli editoriali de Il Foglio è dedicato all’attacco violento che il presidente libanese Suleiman ha sferrato contro il corpo di spedizione Unifil di stanza nel Paese: “Le forze dell’Unifil – ha detto – non costituiscono un deterrente sufficiente alle violazioni israeliane. Si limitano a soddisfare i dettami della risoluzione Onu 1701 soltanto dalla parte libanese del confine”. Suleiman ha anche contestato il tribunale speciale Onu che deve trovare gli assassini dell’ex premier Hariri, sostenendo che “ha perso credibilità e deve evitare ogni politicizzazione”. Per Il Foglio sono toni analoghi a quelli che usa Hezbollah. Questi attacchi, secondo il quotidiano, segnalano che Hezbollah ha il controllo delle forze armate, da cui proviene Suleiman, e delle istituzioni politiche libanesi, allineate ormai alle posizioni più oltranziste di Siria ed Iran. Dallo stesso quotidiano segnaliamo un lungo articolo sulla emoraggia di consiglieri dal team Obama. Il prossimo a cadere potrebbe essere il segretario al Tesoro Geithner.
Il Sole 24 Ore invece si occupa di finanziamenti ai partiti negli Stati Uniti: il senatore democratico Max Baucus ha chiesto una indagine sui donatori esentasse. Nel mirino, alcune elargizioni ai repubblicani in violazione di una regola che autorizza organizzazioni ad hoc a raccogliere e distribuire senza limiti i loro fondi esentasse a una campagna o una causa con una unica restrizione: non possono coordinarsi direttamente con un candidato o un partito e debbono mantenere una connotazione di organizzazione per gli aiuti sociali che, secondo Baucus, è stata violata. La storia viene raccontata dall’inviato del Sole negli Usa, che si sofferma a lungo su quello che David Axelerod, ascoltato consigliere di Obama, ha definito “il fattore stealth”, cioé l’aspetto invisibile della campagna elettorale, che rischia di far tornare il Paese ad una situazione in cui oligarchia economico-finanziaria e grandi corporation controllano la cosa pubblica. La svolta c’è stata a gennaio, con una sentenza della Corte suprema che ha liberalizzato gli stanziamenti elettorali delle multinazionali in nome della libertà di espressione. 
Il Sole 24 Ore dedica una analisi all’arrivo di Geert Wilders al Palazzo: dopo l’exploit del suo partito xenofobo, che ha conquistato un voto su quattro, e dopo 111 giorni di trattative, l’Olanda ha raggiunto l’accordo su un governo di minoranza formato da liberali e democristiani appoggiato dall’esterno dal partito anti-islamico e populista di Wilders. Il partito vuol mettere al bando l’uso del velo negli edifici pubblici, vietare la costruzione di nuove moschee. L’inviato si è recato ad Almere, città straordinariamente moderna a mezz’ora di treno da Amsterdam, dove il partito di Wilders ha chiesto il bando dei cibi islamici dalle mense scolastiche e dagli ospedali pubblici. Il movimento ha fatto breccia nella classe media in fuga dalla capitale, spaventata da nuovi immigrati e microcriminalità.
Sul Corriere della Sera un lungo articolo sulla decisione di David Miliband di rinunciare a far parte del governo ombra che si sta costituendo al neoleader dei Labouristi, il fratello Ed.
Su La Repubblica e Il Riformista viene presentato l’ultimo numero della rivista Limes dedicata alla Turchia. “Il ritorno del sultano”, è il titolo dell’ultimo numero in edicola. “Perché rischiamo di perdere la Turchia”, è il titolo della analisi di Caracciolo su La Repubblica. Sul Riformista, invece, una analisi tratta dal volume, firmata dal professor Efrahim Inbar (università Bar-Ilan di Tel Aviv) sotto il titolo: “Tra Turchia e Israele l’idillio è finito”.

E poi

La Repubblica ha intervistato il senatore e avvocato di Berlusconi Niccolò Ghedini che, in uno sfogo in Transatlantico, si chiede perché mai sia tanto odiato. Dice di deprimersi, “sento il peso di una fatica che si fa sempre più dura. O pensa che non abbia momenti di fragilità? O non mi chieda: è giusto o sbagliato quello che sto facendo? E’ opportuno o no che gli stia sempre vicino?” Lui che è diventato, nelle parole del cronista, “la belva da sciogliere nell’arena di AnnoZero: lui contro tutti”. Dice Ghedini: “Non mi piace andare lì a rivestire quel ruolo, e non mi piace quel ring dove ti chiamano solo perché vogliono sbranarti. Ci vado, è un mio dovere”. Sottolinea che non l’ha mai fatto per soldi, visto che non ne ha mai avuto bisogno.
Da Il Giornale si racconta che da oggi in edicola c’è il quotidiano per il popolo delle partite Iva. Si chiama proprio così, “Il giornale delle partite Iva”, che sono, in Italia, 3 milioni.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)