La Rassegna Stampa: dopo Mirafiori anche gli altri?

Pubblicato il 19 Gennaio 2011 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Berlusconi reagisce: non mi dimetto. Il Cavaliere: mi sto divertendo. Il disagio dei cattolici che esprimono ‘preoccupazione’. Napolitano: nel Paese c’è turbamento, fare subito chiarezza”. Pagine dalla 2 alla 11 dedicate alla vicenda. In alto la notizia della uccisione di un altro soldato italiano in Afghanistan: “Soldato italiano ucciso. Il premier pensa alla strategia per il ritiro”. Il titolo di apertura  è dedicato al vertice Usa-Cina:; “Obama e Hu Jintao ora cercano l’intesa. Pechino ribadisce: non rivaluteremo lo yuan. Restano le distanze su economia e diritti civili”.

La Repubblica: “Napolitano: Berlusconi deve chiarire. Nell’incontro al Quirinale il capo dello Stato chiede di rispondere ai pm sullo scandalo Ruby: ‘Il Paese è turbato’. Il Pd in Parlamento: se ne vada”. “Il premier: dimettermi? Siete matti, mi diverto. Il giornale dei vescovi. vicenda sconvolgente”. Commentano ed analizzano la vicenda Barbara Spinelli (“Il sermone della decenza”) e Giuseppe D’Avanzo (“L’evidenza delle prove”). In prima e poi nelle pagine interne (fino alla 13) le carte, i retroscena, i servizi. A centro pagina: “Afghanistan, ucciso un alpino. Agguato in un avamposto italiano, il terrorista si era travestito da soldato di Kabul”. In prima anche un richiamo alla situazione in Tunisia, con le dichiarazioni di uno degli oppositori storici al regime di Ben Ali: “Marzouki, leader dell’opposizione. ‘La rivoluzione non si ferma’. Tunisia, nel caos il nuovo governo. Torna dall’esilio il rivale di Ben Ali”.

La Stampa: “Napolitano: il Paese è turbato”. “Si faccia chiarezza”. “Berlusconi: dimettermi? Ma siete matti?”. A centro pagina una grande foto di Luca Sanna, il caporalmaggiore morto ieri in uno scontro a fuoco in Afghanistan. “Afghanistan, attacco ai nostri militari da un terrorista in divisa, grave un altro soldato”. In prima anche un richiamo al dibattito sulle relazioni industriali: “prove di distensione Marcegaglia-Camusso. Mirafiori e nuove regole. Per estendere l’accordo Angeletti chiede tempo”.

Il Giornale: “Gli italiani non ci cascano. I sondaggi confermano: l’assalto dei pm non intacca il gradimento del premier. E Tremonti liquida il governo tecnico: un onore fare parte di questo esecutivo”. A centro pagina: “Io dimettermi? Non sono matto. I giudici di Milano incompetenti. Illogico che mi presenti di fronte a loro”. L’editoriale, firmato da Nicola Porro, è titolato: “Magistrati e politici, il bipolarismo che affonda l’Italia”.

L’Unità: “Bunga bunker”, con foto del premier circondato di guardie del corpo. Il quotidiano evidenzia la reazione della Chiesa, che “insorge”. “I vescovi: fatti sconvolgenti”.

Il Riformista ha una foto in prima di Berlusconi sotto il titolo: “Circondato”. Il quotidiano parla di “assedio” e riassume la situazione così: “Si muove il Quirinale con una nota (Paese turbato), battono un colpo i vescovi (vicenda sconvolgente) si organizzano i teorici del ‘passo indietro'”, da Bersani al tandem Casini-Fini, passando per i frondisti del Pdl. Ma il Presidente del Consiglio va avanti come niente fosse (“Dimettermi? Siete matti”). E non intende mettere piede in aula. In compenso, Ruby va Signorini (Il direttore della rivista Chi).

Il Fatto quotidiano: “Girano video e foto del bunga bunga. Fabrizio Corona: sono nei cassetti delle ragazze che chiedono soldi al premier’. Alla Camera solo una parte delle prove acquisite dai magistrati milnaesi”.

Libero offre “il documento integrale delle accuse a Berlusconi”. “Pubblichiamo tutte le intercettazioni fatte dalla Procura di Milano per incastrare il premier. Così ogni cittadino può rendersi conto che è una operazione da autentico Stato di polizia”. Maurizio Belpietro spiega la decisione del suo quotidiano.

Il Sole 24 Ore: “Tremonti: Euroclub tecnico”, “Il ministro ridimensiona la riunione dei Paesi a tripla A”. “Accordo Ecofin per stress più severi sulle banche”. “Bankitalia, buona ripresa globale. Crescita lenta fino al 2012”. In alto un richiamo al caso Ruby: “Napolitano chiede chiarezza. Il premier: io non mi dimetto”. Ma anche la foto dall’Afghanistan: “Un morto e un ferito tra gli alpini in missione”. A centro pagina le parole del ministro del Lavoro: “Sacconi: rilanciare patto sociale e statuto dei lavori”. Si tratta di una intervista al ministro Sacconi. Ma anche un richiamo alle dichiarazioni della Presidente di Confindustria: “Da Marcegaglia sì alla rappresentanza, ma niente veti”.

Il Foglio si occupa in apertura della situazione del governo: “La ridotta o l’armistizio”. E spiega: “Il terzo Polo fa la sua offerta: Letta premier e una uscita onorevole per il Cav (che rifiuta)”. E poi: “Il piano della Chiesa per cooptare Casini funziona un po’ meno”. Si riprendono poi le dichiarazioni al Foglio dell’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, che dice, parlando del caso Ruby, “se quanto avvenuto è vero” “serve un atto di vergogna e, insieme, l’uscita di scena dalla vita pubblica”.

Ruby e le altre

Su Libero, rubricate con il titolo “La patata bollente”, gli interessati troveranno le trascrizioni integrali di tutte le intercettazioni che la Procura di Milano ha inviato alla Camera. Ad esempio, parla Ruby con l’ex fidanzato e riferendosi a Noemi Letizia (“Lei è la pupilla, io il culo”). Ancora Ruby, su Berlusconi, con un amico: “Finché c’è lui io mangio”. Emilio Fede racconta quando conobbe Ruby a un concorso di bellezza. “Ha 13 anni, mi ha commosso”. Poi l’ex prefetto di Napoli, riferendo di una serata di bunga bunga fattogli da un’amica: “C’era pure la Minetti col seno di fuori”.
Il quirinalista del Corriere della Sera dà conto dell’incontro tenutosi ieri tra il Capo dello Stato e il premier Berlusconi. Lo descrive come “un freddo faccia a faccia di un’ora”, colpito dalla imponente divulgazione degli elementi di indagine e all’impatto che stanno avendo sui media di mezzo mondo, ma soprattutto dalle incognite politiche apertesi, Napolitano avrebbe sottolineato il pericolo di una impasse su un fronte tanto dirompente. Un impasse che il Cavaliere deve lasciarsi alle spalle, scegliendo al più presto tra le quattro opzioni possibili: accettare l’interrogatorio; rifiutarlo, mandando una memoria difensiva; recarsi a Palazzo di giustizia, ma avvalendosi del diritto a non rispondere; eccepire la competenza del Tribunale sull’inchiesta”. Quest’ultimo è poi l’orientamento suggerito a Berlusconi dai suoi legali, come spiega lo stesso quotidiano. Voltando pagina infatti il quotidiano illustra la strategia della difesa: “per il reato di concussione sarebbe competente il tribunale di Monza, e non quello di Milano, perché Berlusconi ha sì telefonato al capo di gabinetto della Questura meneghina, dottor Ostuni, ma il funzionario in quel momento non si sarebbe trovato in via Fatebenefratelli, ma a casa sua. A Sesto San Giovanni, che è nel circondario del Tribunale di Monza”, spiega Il Corriere. Secondo obiettivo della difesa è prendere tempo: si inizia oggi in giunta per le autorizzazioni della Camera, che deve decidere se autorizzare o meno la perquisizione nell’ufficio del segretario-cassiere di Berlusconi, Giuseppe Spinelli. Il Pdl, vista la mole degli atti, chiederà tempo.

Fiat

Ieri l’Amministratore delegato di Fiat Marchionne, in una intervista a La Repubblica, diceva di ritenere inevitabile l’esportazione del modello Mirafiori anche agli altri stabilimenti Fiat. Oggi gli risponde, dalle pagine de La Stampa, con una intervista, il segretario della Uil Luigi Angeletti, che è decisamente contrario a questa ipotesi: “Non mio pare questo il momento. Pomigliano e Mirafiori erano i due stabilimenti dove le prospettive erano più incerte, e l’accordo serviva a dare queste certezze. Applichiamolo. Quando dovremo affrontare il futuro degli altri stabilimenti, discuteremo. Ma non è cosa imminente. Primo, perché Melfi e Cassino hanno ancora una chiara missione produttiva; secondo, voglio vedere come funzionano gli accordi appena fatti. Terzo, perché sta arrivando il momento di parlare di aumenti salariali”.
Il sociologo britannico ispiratore della Terza via Anthony Giddens, intervistato da La Repubblica sul caso Fiat, ritiene il piano assolutamente necessario, ma sottolinea che quella che è mancata è la ricerca del pieno consenso: legge il caso Mirafiori alla luce dell’esperienza precedente, sviluppatasi in Germania, “dove si è giunti a un nuovo patto sul lavoro tra aziende e sindacati, con la mediazione del governo tedesco. Un patto che è stato molto importante, perché ha dato un grosso contributo alla ripresa economica tedesca”. Ma il caso italiano “è diverso da quello della Germania, dove il via alla riforma del mercato del lavoro lo diede il governo socialdemocratico di Gerarard Schroeder”. Lo stesso quotidiano interpella l’Ad per il sud Europa della General Electric, che considera il sì del referendum come un invito agli investitori stranieri: “Spesso una multinazionale che arriva in Italia si trova davanti ad un complesso sistema di rappresentanza”. Della Fiom dice di conoscerla, perché a Firenze ha firmato con l’azienda un accordo per introdurre turni di lavoro il sabato.

Esteri

La Repubblica intervista lo storico capofila dell’opposizione democratica tunisina, Moncef Marzouki, rientrato nel suo Paese dopo un esilio di dieci anni ed accolto come un eroe da folle esultanti. Si dirige subito a Sidi Bouzid, dove è scoppiata la rivolta e dove si trova la tomba del giovane Bouaziz, che si immolò nelle fiamme il 17 dicembre: dice che quel giovane ha fornito la scintilla all’incendio tunisino, con il suo corpo. Quale è il primo passo da compiere? “E’ che il premier Gannouchi s ene vada. Il suo governo non ci appartiene. Il popolo intero chiede la disssoluzione dell’Rcd, il partito di Ben Ali, il pilastro della dittatura”.Per Marouki sarebbe altimenti come se in Germania, dopo la caduta del Muro, Honecker avesse guidato la transizione verso la democrazia. Chi dovrebbe guidare la transizione? “Un governo con i partiti che si sono battuti contro la dittatura: comunisti, Lega democratica, Verdi, islamisti di An Nahda”. E poiché quello di Marzouki è un partito laico di centrosinistra, gli viene chiesto come tratterà con gli islamisti. Dice: “Il loro leader, Rachid Gannouchi, è un moderato, rientrerà tra breve. E poi, basta con il mito degli islamisti sempre con il coltello tra i denti. Confondere Ghannouchi con Bin Laden è come equiparare Berlinguer e Pol Pot: nulla in comune. Gannouchi è un democratico. Per noi lo spartiacque è tra chi è pro e chi è contro la democrazia”. Rimprovera i governi europei che hanno appoggiato Ben Ali, li invita a farsi perdonare sostenendo la transizione democratica e a rimediare ai loro errori: “Si illude chi pensa che i Mubarak, i Gheddafi, i Bouteflika garantiscano la stabilità”. “Il risveglio tunisino farà da esempio. L’incendio appiccato ad Bouaziz ha già varcato i nostri confini”.  
Anche su Il Foglio: “Tunisi si candida a diventare la Danzica del mondo arabo”. Si intervista un avvocato dissidente tunisino, Mohamed Abbou. Dice: “Nessuno ha mai fatto cadere un dittatore qui prima di noi”.
Il Riformista si occupa delle ripercussioni della rivolta tunisina negli altri Paesi del Maghreb ed intervista il portavoce dei Fratelli Musulmani da Il Cairo. Mohamed Mursi dice: “L’Egitto può esplodere da un momento all’altro”, “il governo è incapace di rispondere alle esigenze dei cittadini. Non è in grado, per esempio, di garantire la loro sicurezza. A confermarlo sono stati gli avvenimenti accaduti ad Alessandria la notte di Capodanno, una strage che gli Ikhwan – i Fratelli Musulmani, ndr – hanno immediatamente condannato. Parla poi del peso che potrebbero aver avuto le istanze islamiche nella rivoluzione tunisina, e dice: “Gli islamisti tunisini sono molto deboli e non hanno avuto particolare influenza nel processo rivoluzionario”, “in Egitto le forze islamiste sono molto più forti e sarebbero certamente più influenti, qualora accadesse qualcosa all’interno del Paese”. Dice ancora che i Fratelli Musulmani vogliono che l’Egitto cambi “senza distruggere le sue istituzioni”: “il nostro obiettivo non è distruggere per poi ricostruire dal nulla, ma riformare le istituzioni esistenti, a cominciare dalla Costituzione”. “Il regime ha svuotato di significato questi organi, e la corruzione ha mangiato tutto”. Sullo stesso quotidiano, occupandocisi del timore del contagio tunisino che si va diffondendo anche nell’Africa subsahariana, si dà conto della decisione delle forze di sicurezza del Sudan di arrestare Hassan Al Tourabi, storico leader del fronte islamico nazionale: domenica scorsa si era congratulato con i rivoltosi tunisini per aver cacciato Ben Ali, ammonendo che il regime “totalitario” di Omar Al Bashir rischiava la stessa fine.

E poi

La Repubblica riferisce di una spaccatura interna alla Consulta islamica sull’obbligo di usare la lingua italiana nei sermoni del venerdì. Ieri mattina al Viminale il comitato si è riunito ed è stata contestata la bozza dedicata a questo tema. Divisione anche sulla ipotesi che le future moschee, per essere in regola, debbano essere aperte a tutte le correnti dell’Islam.
“Bibbia, l’arma in più di Obama”, titola La Stampa spiegando che dopo il discorso di Tucson ispirato al Libro sacro la sua popolarità è arrivata al 53 per cento: “il Presidente parla della sua fede, cita Giobbe e risale nei sondaggi”.

(Fonte: La rassegna stampa italiana di Caffé Europa di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)