La novantaduenne diva di Hollywood premiata con il Leone d’oro alla carriera dalla 82esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia
C’era una volta lo star system, il metodo tiranno inventato dai tycoons hollywoodiani per tenere sotto controllo le loro star più preziose. Anche a Marilyn Pauline Novak, proveniente da Chicago Illinois, ex Miss Dreepfreeze, testimonial di una campagna pubblicitaria di frigoriferi, toccherà la stessa sorte. Nata il 13 febbraio 1933 la ragazza, proveniente da un famiglia di origine cecoslovacca, dal fisico d’indossatrice e lo sguardo languido e malinconico, nel 1953 è messa sotto contratto per dieci anni da Harry Cohn, il boss della Columbia, che vede in lei la sostituta di Rita Hayworth e un’antagonista dell’emergente Marilyn Monroe, grazie a quell’aria della ragazza ingenua, romantica ma anche dotata di una carica erotica.
In apertura: Kim Novak in “Vertigo, donna che visse due volte”
Kim, questo il nome scelto da lei stessa per non essere confusa proprio con la Monroe, impara a muoversi con grazia, perde peso, rende i suoi denti più bianchi e cambia il taglio dei capelli. La Novak vorrebbe studiare sul serio recitazione, ma il suo pigmaglione non vuole perdere tempo e la lancia nell’arena così come è senza rete.
“Cohn, – scrive Romano Giachetti la Repubblica il 18 novembre 1986 – volendo dimostrare che poteva sostituire a piacere qualunque sua star, anche Rita Hayworth, che in quel momento gli aveva voltato le spalle, la trasformò. Le fece ossigenare i capelli, raddrizzare i denti, e la mise a dieta. Le prescrisse anche cosa indossare, con chi uscire, come parlare”. “Bella, ma davanti alla macchina da presa è un pezzo di ghiaccio” dicono di lei dopo averla vista sostenere il suo primo provino. “Alla prima conferenza stampa – scrive Antonello Catacchio – prende Shakespeare per una marca di dentifricio, ‘però questa ragazza regala sesso solo a guardarla’, aggiunge Harry Cohn, e la invia per il trattamento di ‘glamourizzazione’. Due mesi a mangiare sedano, a camminare a piedi nudi coi libri in testa, oltre a molta ginnastica. E ancora una limata e un’imbiancatura ai denti, un taglio deciso ai capelli che acquistano anche un colore platinato, un trucco che assottiglia il viso ed evidenzia gli occhi che la rendono meno massiccia”.

Nel 1954 è sul set di “Criminale di turno” di Richard Quine, da cui sarà diretta più volte e con il quale avrà una delle sue numerose storie d’amore. Poi è nella commedia “Phffft..e l’amore di sgonfia” di Mark Robson, con Jack Lemmon e successivamente tocca a “Picnic” di Joshua Logan con William Holden e Rosalind Russell, dove interpreta una ragazza di provincia affetta da nevrosi sessuali. Una parte che la consacra come nuova star hollywoodiana, ma che le farà affermare: ”Ero arrivata, sì, ma ero proprietà di Harry Cohn”. La sequenza di Kim, che si asciuga i lunghi capelli biondi alla finestra, è comunque d’antologia.
L’anno successivo al fianco di Frank Sinatra affronta per la regia di Otto Preminger un ruolo di tutto rispetto, quello di Molly, l’amica del cuore di un giocatore di carte tossicomane in “L’uomo dal braccio d’oro”. In una sequenza famosa Kim usa il suo corpo per calmare gli spasmi di Frankie in una crisi violenta di astinenza dalla droga. “Dopo quel primo successo – scrive Maurizio Porro – riconobbe lei stessa di essere sopravvissuta a stento, terrorizzata dal fatto che fosse considerata una star quando non sapeva neppure fare la comparsa. Ma questa era Hollywood quando ancora era una fabbrica di sogni”. Nel 1957 è nuovamente al fianco di Sinatra in “Pal Joey” di George Sidney, un musical celebre per le sue canzoni, nei panni di una ballerina capace di sconfiggere nella finzione la ricca Rita Hayworth, impresaria di un night, soffiandole il suo uomo.

Nello stesso anno con “Un solo grande amore” per la regia ancora di Sidney, dà grande prova del suo talento interpretando una famosa attrice del cinema muto morta a soli trentacinque anni per overdose. Nel ’58 subentra a Vera Miles, come protagonista di La donna che visse due volte e suo partner è James Stewart, timido poliziotto affetto da sensi di colpa e terrorizzato dal vuoto. Bionda e bruna, nel doppio ruolo di una creatura femminile affascinante e misteriosa, la Novak si guadagna il suo spazio nella storia di Hollywood. Poi è ancora il fedele Richard Quine a dirigerla in “Una strega in Paradiso”, sempre con Stewart, dove per amore rinuncia ai suoi poteri magici per conquistare il suo vicino, un timido editore in procinto di sposarsi e lo fa con la complicità del suo gatto siamese Cagliostro.
Nel 1960 è di nuovo Richard Quine a volerla in “Noi due sconosciuti”, un melodramma sentimentale (di notevole spessore molto critico sulla rispettabilità della morale borghese) ambientato nella middle class californiana. Kirk Douglas è un architetto di successo sposato, con figli che perde la testa per una vicina di casa affascinante e anche lei maritata. Nel ’62 è sempre il suo regista di “fiducia” Richard Quine, l’autore della divertente commedia “L’affittacamere”, con Jack Lemmon, un giallo rosa per la sceneggiatura di Blake Edwards e nel ’64 Kim è nel cast del graffiante “Baciami stupido” del grande Billy Wilder, dove è una prostituta molto sexy scritturata da un insegnante di pianoforte di una piccola cittadina di provincia per sedurre un famoso cantante di passaggio (Dean Martin). La pellicola scatenerà negli Usa le ire dei benpensanti. Dopo “Le avventure e gli amori di Moll Flanders” (1965) di Terence Young, un film in costume tratto dal romanzo di Daniel Defoe, l’attrice è apprezzata dal pubblico e dalla critica per “Quando muore una stella” (1968) di Robert Aldrich, una pellicola biografica dedicata a Lylah Clare, una diva degli anni Trenta.

La vita sentimentale di Kim Novak
Npvak però dovrà sempre fare i conti con il suo pigmaglione per come gestisce la sua vita privata. “Cohn – scrive ancora Giachetti – si impossessò anche della sua vita sentimentale. Andò su tutte le furie per il ‘romanzetto’ con il figlio del dittatore domenicano Trujillo, e poi chiuse un occhio quando lei passò nei letti di Frank Sinatra, Cary Grant, Aly Khan (‘almeno sono uomini di classe’ diceva Cohn). Era una donna alla deriva nonostante la ricchezza e la fama”. Per molti anni Kim sceglie di essere single, pur avendo varie brevi avventure con Dean Martin, Mario Bandini John Ireland, Sammy Davis Jr., sposandosi una prima volta con il collega inglese Richard Johson nel 1965 (matrimonio disastroso finito nel 1966) e poi nel 1967 con il veterinario del paese californiano di Ben Sur, dove l’attrice si è trasferita (rimarrà vedova nel 2020), approfittando di un temporale che una notte le aveva distrutto la sua casa di Bel Air.

Per lei però arriva l’inesorabile declino. Negli anni Settanta si ritira nel suo ranch in Oregon circondata dai suoi amati animali ritornando saltuariamente sullo schermo in pellicole di poca importanza, ma sarà soprattutto la televisione a darle nuove opportunità professionali. Dal 1986 è nella serie “Falcon Crest” (il suo personaggio è quella di Kit Marlowe) felice di affrontare nuove sfide (“in tv mi sento finalmente libera” afferma l’attrice), allontanandosi dalla Mecca del Cinema.
“Hollywood è una stato mentale. – racconta Novak – Ti tiene alla gola perché non sai come ribellarti, perché pensi che dopo essere diventata una star non ci possa essere nient’altro nella vita. Marilyn se ne andò per questo. Rita Hayworth, nemmeno lei ha saputo resistere. Io scappai, feci letteralmente le valigie e me ne andai in automobile, fermandomi solo quando ero lontana, a Carmel, dove oggi Clint Eastwood fa il sindaco. Se avessi potuto dire qualcosa a Marilyn…”.
Kim Novak, la diva dagli occhi malinconici premiata con il Leone d’oro alla Carriera dalla Mostra n. 82 del Cinema di Venezia, continua però a rimanere nella memoria dello spettatore cinematografico non più giovane come la “donna che visse due volte”.


