“Il giorno dell’ape” di Paul Murray: un romanzo come una serie Tv

Pubblicato il 9 Settembre 2025 in , da Emma Faustini
Il giorno dell’ape

Una storia familiare. Una famiglia tormentata e malmessa, in cui nessuno capisce e ascolta l’altro, e dove ognuno ha sacro terrore del futuro. Ne “Il giorno dell’ape” il ritmo è quello di una serie Tv, o, meglio, di una delle tante piattaforme streaming, frammentato e teso fino all’estremo

Che strano, leggere un libro tanto acclamato, tanto apprezzato e tanto venduto, e trovarsi con un sentimento e  un’opinione diversi. C’è chi ha parlato di un classico, del grande romanzo del nostro tempo. Chi ne ha magnificato la scrittura, il respiro. Io, invece, sono dispiaciuta. Ho letto “Il giorno dell’ape” coscientemente e con impegno, pensando sempre che, procedendo con la lettura, avrei capito perché era stato scelto da tanti lettori, oltre che da parecchi critici e commentatori di giornali on e off line. Ma sono arrivata alla fine senza illuminazioni.

Si tratta di una storia familiare. Una famiglia tormentata e malmessa, in cui nessuno capisce e ascolta l’altro. Madre, padre e i due figli, i Barnes, sono persi ciascuno dentro un universo personale e inaccessibile. Certo ciascuno ha un passato che spiega il presente, ognuno è colpito dalla crisi che nel 2008 ha colpito tutto il mondo, l’Irlanda in modo più forte (come l’Italia peraltro). Ognuno sperimenta sacro terrore del futuro.

Siamo in un paesino irlandese, non molto lontano da Dublino, in una famiglia di classe media, benestante seppure minacciata dalla crisi. Il padre, Dickie, ha una concessionaria d’auto, ereditata dal padre, che sta andando sempre peggio, complice il crollo del mercato automobilistico del dopo 2008. La madre, Imelda, che ha sempre goduto della ricchezza come della propria bellezza, è terrorizzata dalla prospettiva del fallimento dell’azienda del marito e comincia, così, a vendere vestiti e mobili su eBay. Dickie e Imelda condividono un matrimonio accidentale e drammatico, dove è sempre presente la perdita irrimediabile di Frank, fratello amato e invidiato di Dickie, amante e promesso sposo di Imelda, una figura che col tempo si è fatta mitologica e ingombrante. La figlia, Cassie, è disperatamente concentrata sull’andare al Trinity College a Dublino, condividendo la casa con l’amica del cuore Elaine: cosa che dipende dai risultati scolastici, ma anche dalle finanze familiari e dagli umori incostanti di Elaine. Tutte le insicurezze e i tormenti della tarda adolescenza turbano la vita di Cassie. E infine c’è il figlio, P.J., nerd, fanatico dei videogiochi, poco abile a distinguere tra rapporti reali e virtuali. Il terrore di P.J. è che i genitori si separino e lui venga spedito in collegio.

Intorno a questa famiglia infelice e contorta, ci sono anche un nonno ricchissimo che è andato a vivere in Portogallo e si interessa solo di golf; un inquietante amico di famiglia che aiuta Dickie a costruire un bunker e che si prepara alla fine del mondo; un sedicente meccanico probabilmente polacco, di una bellezza folgorante e perfida; un businessmen di successo a cui viene affidata la successione nella concessionaria di Dickie, che è anche il padre di Elaine ed è innamorato di Imelda. Dinamiche di piccolo paese, in cui la crisi sta portando la fine della convivenza pacifica, della collaborazione. Se prima si sparlava dietro le porte chiuse, sussurrando e sentendosi anche un po’ in colpa, ora le invidie, i vecchi rancori, le rivalità diventano palesi, esplicite, cattive.

E ci si mette anche il clima. Prima la siccità, poi un’inondazione: il riscaldamento globale incombe con una forza e una concretezza che fanno paura.

Il romanzo va avanti e indietro nella vita dei personaggi, cambia i punti di vista, cambia i registri di scrittura e il tono del racconto, in un crescendo di rimpianti, tentativi di salvezza e paranoie che conducono al gran finale. Il ritmo è quello di una serie Tv, o meglio di una serie su piattaforma streaming, frammentato e teso fino all’estremo.

E che cos’è che non mi ha convinto, allora? In una parola, il “troppo”. Non mi hanno convinto i personaggi, troppo estremizzati per essere davvero credibili, perché li si possa detestare o amare. Non mi hanno convinto i temi e i contenuti, troppo di tutto, troppo di quello di cui si parla, troppo scontati anche. Non mi ha convinto neppure la scrittura, che non è riuscita, per me, a rendermi amabile questo romanzo. Ma spero che qualcuno dei lettori che lo ameranno, mi risponda – commentando sotto questo articolo –  e mi smentisca. E come sempre il fatto che un libro a me non sia piaciuto non vuol dire che sia brutto o che non valga la pena di leggerlo (io l’ho letto fino in fondo). Provare per credere, dunque. O per contraddire.

In apertura: Doolin, un villaggio costiero sull’Atlantico, nell’Irlanda occidentale

 

Il giorno dell’ape“Il giorno dell’ape” di Paul Murray

“Il passato è cosí, vero? Credi di essertelo lasciato alle spalle, poi un giorno entri in una stanza e lo trovi lí ad aspettarti”. Un romanzo familiare di desideri, solitudini e macerie senza fine ma, forse, con un inizio preciso.

La famiglia Barnes è nei guai. La concessionaria di Dickie sta per fallire, ma lui, invece di affrontare la situazione, trascorre le giornate costruendo un bunker a prova di apocalisse. La moglie Imelda, nel frattempo, si è messa a vendere i gioielli su eBay, la figlia adolescente Cass, ex prima della classe, sembra voler sabotare la sua carriera scolastica e PJ, il figlio dodicenne, sta allestendo un piano per scappare di casa. Che cosa è andato storto per i Barnes, al punto da mandare tutto in rovina? Al tempo stesso affresco famigliare e ritratto della contemporaneità, Il giorno dell’ape è un indimenticabile tour de force pieno di umorismo e calore umano.

Libro dell’anno per “The New York Times”, “The Guardian”, “The Washington Post”, “The New Yorker”, “The Economist”. Finalista al Booker Prize e vincitore dell’Irish Book of the Year e del Nero Book Award per la narrativa.

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