La fabbricazione digitale per l’edilizia, senza dimenticare l’uomo

Pubblicato il 16 Luglio 2025 in , da Arturo Dell'Acqua Bellavitis
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Esiste un livello di digitalizzazione e automazione sempre più diffuso nei cantieri. La fabbricazione digitale comprende un vasto spettro di applicazioni tecnologiche, ma l’intervento umano rimane rilevante

Dall’analisi delle case minime emerge come gli scenari più innovativi sembrano quelli legati alla robotizzazione della produzione per le costruzioni e più in generale di fabbricazione digitale. Quando si parla di fabbricazione digitale ci si riferisce però a un vasto spettro di applicazioni tecnologiche che vanno ben oltre ai futuri robot umanoidi immaginati da Carlo Ratti per l’ultima edizione della Biennale di Venezia.

Da tempo esiste infatti un livello di digitalizzazione e automazione già ampiamente diffuso nei cantieri e più rilevante di quanto siamo soliti immaginare. In senso stretto, infatti, sono dei robot anche le numerose macchine a controllo numerico computerizzato (CNC) in grado di tradurre complessi disegni tridimensionali in prodotti finiti. Dalle macchine per la fresatura o per il taglio (laser o a idrogetto) di svariati materiali (come metalli, pietre, marmi o compositi), fino ai nuovi torni a cinque assi, sempre più presenti nella produzione degli arredi e delle opere di falegnameria contemporanee, le macchine degli artigiani e produttori sono oggi quasi esclusivamente CNC.

Diversi dei prodotti e dei semilavorati disponibili per la ristrutturazione e la costruzione delle abitazioni sarebbero del resto stati impensabili nell’era precedente all’automazione digitale. A ben vedere il successo stesso di un architettura futuristica caratterizzata da forme sinuose e morfologie non euclidee (si pensi per esempio a Thom Mayne o alla compianta Zaha Hadid ed al suo studio, ancora attivo), non sarebbe mai stato possibile senza gli odierni mezzi digitali. Questo tipo di estetica è infatti figlio di un processo progettuale interamente computerizzato e nato a nel momento in cui il CAD (computer aided design, o progettazione assistita) ha soppiantato le forme tradizionali di rappresentazione grafica.

In realtà sono da tempo digitali anche molte fasi preliminari all’avvio del cantiere. Scanner 3D di ultima generazione possono infatti rilevare con precisione lo stato di fatto, trasformando gli edifici e monumenti in dense ‘nuvole di punti’ virtuali. Droni adeguatamente equipaggiati forniscono ortofotogrammetrie e misurazioni per mappe catastali e di vario tipo a servizio dei moderni agrimensori e infine gli immancabili distanziometri laser sono oggi equipaggiati con blutooth per trasmettere le misure rilevate all’app di un tablet o di un cellulare e sviluppare la planimetria di un appartamento in tempo reale. E se queste innovazioni hanno grandemente modificato il lavoro dei tecnici, rendendolo più rapido ed agile, il reale cambio di paradigma è avvenuto nella fase di sviluppo progettuale vera e propria.

Digitale e progettazione, binomio 3D

La modellazione 3D delle nuove costruzioni ha infatti offerto ai progettisti strumenti di visualizzazione preliminare in grado di prefigurare morfologie sempre più complesse, offrendo al contempo la base per integrare le successive fasi di sviluppo esecutivo. Al CAD si sono infatti aggiunti i software di Building Information Modeling (BIM), con l’obiettivo dichiarato di supportare la progettazione fino alle fasi di cantiere e oltre, in modo da garantire anche una corretta pianificazione delle fasi di vita e manutenzione degli organismi edilizi. Grazie a questi mezzi è divenuto più semplice anticipare tutti i nodi critici della costruzione, consentendo a progettisti e tecnici coinvolti di lavorare fin da subito e persino a distanza su un unico file condiviso, ognuno secondo le proprie competenze: progetto architettonico, strutture, impianti meccanici, elettrici…

Diversi colossi del real estate internazionale hanno conseguentemente scelto di avviare una campagna di rilievo BIM in modo da aggiornare l’archivio digitale del proprio patrimonio immobiliare e integrare più facilmente i dati metrici e tecnologici con i software oggi in uso per la gestione e manutenzione programmata degli edifici (questo il principale vantaggio del BIM insieme alla capacità di anticipare problemi e possibili conflitti di progetto prima dell’apertura di un cantiere, con notevoli risparmi in termini di tempo e denaro).

Sono rimasti invece ancora piuttosto distanti dalla rivoluzione del BIM e dei nuovi software gestionali i proprietari di piccoli immobili o di porzioni immobiliari esistenti, per i quali i costi di investimento in questa direzione sembrano essere ancora superiori rispetto ai margini di risparmio e gli eventuali tempi di rientro dall’investimento decisamente lunghi. E’ infatti innegabile come sia principalmente nelle nuove costruzioni che questa rivoluzione abbia sin qui portato i suoi frutti, e che il prossimo passo si stia muovendo proprio nell’ambito delle fasi di costruzione. Oltre ai progetti pilota con stampanti 3D a scala architettonica e oltre ai futuri operai-robot, diverse startup hanno provato una strada ‘intermedia’ tra le prime due.

Un esempio concreto e interessante è infatti quello dell’olandese MX3D che ha già al suo attivo il primo ponte pedonale in acciaio stampato in 3D al mondo. Annunciato per la prima volta nel 2015, il ponte è stato realizzato ad Amsterdam sul canale Oudezijds e inaugurato dalla regina dei Paesi Bassi nel 2021. L’intuizione alla base della nuova azienda olandese è stata quella di combinare un robot industriale (braccio meccanico) con una saldatrice avanzata per stampare metalli senza strutture di supporto (letteralmente ‘a mezz’aria’). Questa nuova metodologia si è subito rivelata in grado di abbattere i costi della stampa 3D di materiali metallici ed è tuttora impiegata con buoni esiti dall’azienda.

Il progetto del ponte ha però al contempo posto in luce i limiti attuali nell’impiego dei robot per le costruzioni. La brillante soluzione proposta prevedeva inizialmente che due bracci robotici fossero impiegati contemporaneamente lavorando a partire da una banchina del canale e costruendo gradualmente una struttura autoportante dotate di due ‘travi-binario’ che consentisse lo scorrimento graduale dei robot su di essi senza soluzione di continuità. Indubbiamente affascinante e meritevole di ulteriore sperimentazione, l’idea presentava fin da subito molti rischi a cominciare dalla necessità di un tracciamento con ridottissimi margini di tolleranza, dalla sincronizzazione perfetta e costante dei bracci robotici, per finire con le mille possibili variabili, per esempio dovute alle eventuali microvibrazioni in cantiere, ai cali di tensione, a problemi di software o di trasmissione dei dati in fase esecutiva. Forse anche per questi motivi MX3D ha di fatto optato per una struttura complessa nella morfologia, ma strutturalmente più semplice e costruita in un ambiente controllato all’interno della propria fabbrica.

Blocchi stampati di acciaio sono stati quindi preassemblati risolvendo così i possibili errori o imperfezioni, per poi trasportare il ponte intero solo in un secondo momento in cantiere realizzando in seguito le pavimentazioni e gli interventi in muratura ad assorbire possibili errori e garantendo un buon margine di tolleranza. Anche in questo caso quindi l’intervento umano non è stato soltanto necessario, ma decisamente più rilevante di quanto l’idea di ‘fabbricazione digitale’ porti a pensare ed è probabile che anche per il prossimo futuro l’automazione continui a offrire al modo delle costruzioni un tipo di avanzamento e svilluppo molto diverso da quanto i robot umanoidi tendano a prefigurare.

 

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Il primo in acciaio realizzato da MX3D con la tecnica della stampa in 3D. Qui l’inaugurazione della regina Máxima dei Paesi Bassi (fonte MX3D)