La fabbricazione digitale nell’ambito dell’edilizia è già molto presente, ma è anche un fattore attivo di un cambiamento che nel lungo periodo potrebbe portare a una vera rivoluzione ben visibile anche all’interno della casa
Come anticipato negli articoli precedenti, l’era digitale non implica solo l’uso di tecnologie avanzate all’interno del cantiere (dai robot, alla stampa 3D, fino ai droni per il rilievo e così via), ma ha comportato il passaggio a una nuova metodologia di progetto: la progettazione integrata, divenuta possibile grazie ai software di building information modelling (BIM) in grado di accorpare diverse fasi.
Il BIM, infatti, consente la gestione degli edifici non solo dal punto di vista della costruzione, ma anche relativamente al loro ciclo di vita, integrando cioè i progetti iniziali con gli esecutivi, con gli elaborati post-operam e le necessarie previsioni di manutenzioni cicliche, programmando queste ultime fin da principio per ottimizzare le prestazioni dell’organismo edilizio. Dalla manutenzione programmata alle case ‘intelligenti’, il passo è molto breve, come già avviene oggi nei moderni edifici per uffici, come i nuovi grattacieli del terziario milanese, per esempio.
Molte aziende, infatti, hanno confermato anche dopo la pandemia un certo ‘nomadismo’ del posto di lavoro, in cui i dipendenti possono integrare l’attività in sede con il lavoro da casa e prenotando, quando necessario, la loro postazione in azienda, che non è più fissa, ma può cambiare ed è gestita da specifici software applicativi. Molti di questi applicativi consentono di integrare anche le ultime fasi di progettazione esecutiva con la gestione dell’ufficio, in modo da calibrare al meglio gli arredi e le dotazioni per le sale riunioni, le aree di attesa e le postazioni di lavoro, ottimizzando così il budget per la logistica e riducendo al contempo l’impatto aziendale. Questa metodologia, però, è ancora appannaggio di pochi soggetti, come alcune banche o come le grandi società di real estate, e difficilmente questi stessi principi potranno essere applicati in ambito residenziale per ottimizzare i cicli di manutenzione e gestione degli affitti, data la moltitudine di piccoli proprietari.
Questi ultimi hanno immediatamente intuito i vantaggi di una gestione digitale, dando vita al boom di Airbnb non solo qui in Italia, dove la proprietà di immobili residenziali è particolarmente diffusa e capillare, ma un po’ in tutta Europa, se si pensa che anche in Spagna, a Barcellona, molti affittuari storici sono scesi in piazza quest’estate, protestando per la crescente indisponibilità di alloggi per affitti di lunga permanenza, indisponibilità strettamente collegata al fenomeno di Airbnb e del ‘popolo dei trolley’ e degli affitti brevissimi. In attesa di un prossimo intervento del legislatore, è inutile dire che una piattaforma per soggiorni brevi, oltre alle già evidenti ambiguità in ambito fiscale, può costituire nel lungo periodo un rischio anche per quei piccoli proprietari, che oggi ne traggono vantaggio, ma che potrebbero un domani trovarsi costretti alle condizioni di un soggetto già molto forte.
L’ottimizzazione offerta dai software e dalle piattaforme digitali non comporta, però, solo rischi e non si applica solo alle nostre città e agli immobili residenziali nel loro insieme, ma anche a un livello inferiore, a oggi più estraneo ai processi di digitalizzazione. Le aree comuni dei nostri condomini e super-condomini, potrebbero per esempio essere gestite in un futuro prossimo in modo più proficuo e diminuendone i costi. Gli strumenti digitali attuali non solo possono consentire di ottimizzare l’utilizzo di tutte le aree comuni diminuendo la conflittualità e garantendo al contempo flessibilità, pari condizioni e minori consumi, ma potranno supportare anche nella definizione di piani di manutenzione programmata in modo da azzerare imprevisti e interventi straordinari. Il passaggio successivo sarebbe infine l’edificio davvero ‘intelligente’, in grado di ridurre i consumi in funzione dell’effettivo grado di occupazione e delle necessità dei suoi fruitori e in grado di supportare attivamente nelle nostre mansioni quotidiane.
Questo scenario è già stato prefigurato da tempo e viene generalmente definito come Internet of things, in quanto si immagina che dagli elettrodomestici agli arredi e i corpi illuminanti, tutti gli oggetti presenti nelle case o negli uffici siano connessi in Rete per potenziarne le prestazioni. In realtà, la maggior parte delle prestazioni davvero utili alla maggioranza degli utenti, non richiedano né una connessione alla Rete, né tantomeno l’impiego di qualche fantasmagorica e potentissima intelligenza artificiale… Anche una semplice centralina di nuova generazione è per esempio in grado di regolare autonomamente la temperatura dell’appartamento, garantendo un comfort costante al variare della temperatura esterna e riducendone i consumi quando la casa è vuota, modulando l’accensione e lo spegnimento della caldaia, i flussi di acqua calda e persino i cambi di aria. A ben vedere anche i primissimi aspirapolvere robot garantivano già una discreta esecuzione delle pulizie di casa in autonomia, senza bisogno di avere una connessione o una telecamera come avviene oggi per la quasi totalità dei modelli in commercio.
I dubbi e i timori circa la reale tutela della privacy non sono secondari e sono probabilmente uno dei motivi alla base dei ritardi nello sviluppo di un intero ecosistema di prodotti che le aziende produttrici non hanno saputo concepire come sistema chiuso, inattaccabile dall’esterno seppur con potenzialità limitate, ma che hanno fin da subito impostato come aperto e, come tale, inevitabilmente soggetto a un certo grado di rischio. Recentemente in visita a un’azienda cinese che sta sviluppando un’intera famiglia di arredi e attrezzature intelligenti per le case dei pechinesi più facoltosi, ho avuto modo di toccare con mano i limiti di un sistema attualmente ancora piuttosto invasivo, che richiede l’installazione di telecamere e ricevitori in ogni ambiente per poter funzionare al meglio, senza ancora poter offrire delle prestazioni tali da controbilanciare il rischio per la privacy. Il recente caso dei video rubati dalle telecamere domestiche, suggerisce, infatti, di percorrere la strada con maggiori cautele, favorendo lo sviluppo di sistemi digitali chiusi, per poter ottimizzare i consumi e le prestazioni delle abitazioni limitando l’accesso alla Rete e all’intelligenza artificiale a un numero inferiore di funzioni a basso rischio.
Nella foto in apertura: Tiny House Capsula Spaziale Smart da 40 piedi alimentata a energia solare, con un design a contenitore staccabile, telaio in acciaio zincato e opzioni personalizzabili. Offre controllo intelligente, proprietà di risparmio energetico, installazione rapida ed è adatta per ville, hotel e appartamenti. Il prodotto fornisce servizi professionali completi che includono progettazione architettonica, produzione, decorazione e installazione. Questo fornitore esporta principalmente in Australia, Portorico e Mongolia, vantando competenze competitive nella costruzione di progetti ed esperienza, raggiungendo il 100,0% di valutazioni positive


