Kim Novak, la “donna che visse due volte”, premiata a Venezia

Pubblicato il 2 Settembre 2025 in
novak

La novantaduenne diva di Hollywood premiata con il Leone d’oro alla carriera dalla 82esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

Venezia rende omaggio alla donna che visse due volte. L’attrice statunitense Kim Novak ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera e un benvenuto di otto minuti di applausi. La protagonista del film di Alfred Hitchcock “Vertigo” ha ritirato il premio dal presidente della Biennale di Venezia, Pietrangelo Buttafuoco, commentando: “Io sono voi e voi siete me. Io vi amo e voi mi amate”. Nel suo discorso di accettazione ha anche fatto un richiamo sull’importanza di “fare di tutto per salvare le nostre democrazie”. Al regista Guillermo del Toro il compito di pronunciare la laudatio, l’elogio con cui viene motivato il premio.

“Devo essere fedele a me stessa, e sento che uno dei motivi per cui sono qui è per ispirare il più possibile le persone, per far capire che la loro libertà conta, che le loro vite contano, i loro diritti contano, la verità conta”, ha spiegato Novak ricevendo il Leone d’oro.

In apertura: la cerimonia di premiazione di Kim Novak a La Biennale Cinema (Foto: ASAC)

Novak
La conferenza stampa di presentazione del film documentario “Vertigo di Kim Novak”

Presentato, in contemporanea alla premiazione, anche il documentario “Vertigo di Kim Novak” di Alexandre Philippe, dedicato all’artista, fuori concorso: un ritratto intimo di una star hollywoodiana indipendente che si è lasciata tutto alle spalle per vivere secondo le proprie regole, che rivela in un viaggio resiliente di arte, identità e autenticità sulla scia di uno dei ruoli più celebri del cinema.

A proposito del film scritto e diretto da Alexandre O. Philippe (76 minuti, Stati Uniti, 2025), dice il regista: “da quando ho memoria, sono ossessionato da Vertigo, il mio film preferito in assoluto. Da bambino, cresciuto a Ginevra, in Svizzera, guardavo i film nel nostro salotto circondato da una vivace carta da parati damascata, praticamente identica a quella di Ernie’s in Vertigo, dove Judy (nel ruolo di Madeleine) fa la sua prima apparizione. In effetti, il mio primo ricordo cinematografico è proprio quello: la carta da parati sulla carta da parati e Kim Novak che cammina verso di me nel suo abito di raso nero e verde. Quell’immagine si è impressa nella mia mente e non mi ha mai abbandonato. È quella scena che mi ha fatto innamorare del cinema. Anni dopo, quando mi è stata data la straordinaria opportunità, grazie all’amica di lunga data e manager di Kim Novak, Sue Cameron, di incontrarla di persona e iniziare una conversazione, quella mia ossessione infantile ha assunto un nuovo significato elettrizzante. Due settimane dopo, abbiamo iniziato le riprese.

Vertigo di Kim Novak è, per molti versi, il racconto di una vita che compie un cerchio e di un film che ha orbitato silenziosamente attorno ad essa per decenni. Lungi dall’essere
Kim Novak’s Vertigo è, per molti versi, il racconto di una vita che chiude il cerchio e di un film che da decenni le orbita silenziosamente attorno.

Lontano dall’essere un documentario tradizionale (e molto diverso dai miei due precedenti ritratti di William Friedkin e William Shatner), Vertigo di Kim Novak è un’opera profondamente personale, una sorta di seduta spiritica cinematografica in cui lo spirito di Alfred Hitchcock è sempre presente. Adottando una struttura circolare, il film si dispiega lentamente come una foglia di felce, proprio come le spirali che perseguitano il capolavoro di Hitchcock, ruotando tra passato e presente, Judy e Madeleine, Kim e “Kim Novak”.
Lavorare con Kim significava entrare in un regno di verità spogliata di ogni artificio. La sua voce – senza filtri, dolorosa, saggia, divertente, ribelle – ci guida attraverso la soffitta della sua vita; attraverso vecchi costumi e copioni segnati dal fuoco; attraverso traumi infantili e fantasmi hollywoodiani che ancora aleggiano. Quello che ho scoperto, e che spero il pubblico possa percepire, è che Kim Novak è sempre stata molto più di una star del cinema. È una pittrice, una poetessa, una sopravvissuta, un’attrice profondamente incompresa, in anticipo di decenni sui suoi colleghi. Per molti versi, è sempre stata Judy: rimodellata, rinominata, desiderosa di essere vista per quello che è. È resiliente, libera, indipendente, autentica.
Il mio amore di lunga data per Hitchcock mi ha portato a questo progetto, ma è stata Kim a renderlo qualcosa di molto più significativo. Mi ha insegnato cosa significa – e cosa serve – rimanere fedeli a se stessi e rivendicare la propria immagine, la propria storia, quando il mondo cospira per rimodellarti contro la tua volontà”.
Novak
Una scena del film “Vertigo di Kim Novak”, scritto e diretto da Alexandre O. Philippe

 


C’era una volta lo star system, il metodo tiranno inventato dai tycoons hollywoodiani per tenere sotto controllo le loro star più preziose. Anche a Marilyn Pauline Novak, proveniente da Chicago Illinois, ex Miss Dreepfreeze, testimonial di una campagna pubblicitaria di frigoriferi, toccherà la stessa sorte. Nata il 13 febbraio 1933 la ragazza, proveniente da un famiglia di origine cecoslovacca, dal fisico d’indossatrice e lo sguardo languido e malinconico, nel 1953 è messa sotto contratto per dieci anni da Harry Cohn, il boss della Columbia, che vede in lei la sostituta di Rita Hayworth e un’antagonista dell’emergente Marilyn Monroe, grazie a quell’aria della ragazza ingenua, romantica ma anche dotata di una carica erotica.

Novak
Kim Novak in “Vertigo, donna che visse due volte”

Kim, questo il nome scelto da lei stessa per non essere confusa proprio con la Monroe, impara a muoversi con grazia, perde peso, rende i suoi denti più bianchi e cambia il taglio dei capelli. La Novak vorrebbe studiare sul serio recitazione, ma il suo pigmaglione non vuole perdere tempo e la lancia nell’arena così come è senza rete.

“Cohn, – scrive Romano Giachetti la Repubblica il 18 novembre 1986 – volendo dimostrare che poteva sostituire a piacere qualunque sua star, anche Rita Hayworth, che in quel momento gli aveva voltato le spalle, la trasformò. Le fece ossigenare i capelli, raddrizzare i denti, e la mise a dieta. Le prescrisse anche cosa indossare, con chi uscire, come parlare”.   “Bella, ma davanti alla macchina da presa è un pezzo di ghiaccio” dicono di lei dopo averla vista sostenere il suo primo provino. “Alla prima conferenza stampa – scrive Antonello Catacchio – prende Shakespeare per una marca di dentifricio, ‘però questa ragazza regala sesso solo a guardarla’, aggiunge Harry Cohn, e la invia per il trattamento di ‘glamourizzazione’. Due mesi a mangiare sedano, a camminare a piedi nudi coi libri in testa, oltre a molta ginnastica. E ancora una limata e un’imbiancatura ai denti, un taglio deciso ai capelli che acquistano anche un colore platinato, un trucco che assottiglia il viso ed evidenzia gli occhi che la rendono meno massiccia”.

Novak
“Baciami stupido”

Nel 1954 è sul set di “Criminale di turno” di Richard Quine, da cui sarà diretta più volte e con il quale avrà una delle sue numerose storie d’amore. Poi è nella commedia “Phffft..e l’amore di sgonfia” di Mark Robson, con Jack Lemmon e successivamente tocca a “Picnic” di Joshua Logan con William Holden e Rosalind Russell, dove interpreta una ragazza di provincia affetta da nevrosi sessuali. Una parte che la consacra come nuova star hollywoodiana, ma che le farà affermare: ”Ero arrivata, sì, ma ero proprietà di Harry Cohn”. La sequenza di Kim, che si asciuga i lunghi capelli biondi alla finestra, è comunque d’antologia.

L’anno successivo al fianco di Frank Sinatra affronta per la regia di Otto Preminger un ruolo di tutto rispetto, quello di Molly, l’amica del cuore di un giocatore di carte tossicomane in “L’uomo dal braccio d’oro”. In una sequenza famosa Kim usa il suo corpo per calmare gli spasmi di Frankie in una crisi violenta di astinenza dalla droga. “Dopo quel primo successo – scrive Maurizio Porro – riconobbe lei stessa di essere sopravvissuta a stento, terrorizzata dal fatto che fosse considerata una star quando non sapeva neppure fare la comparsa. Ma questa era Hollywood quando ancora era una fabbrica di sogni”. Nel 1957 è nuovamente al fianco di Sinatra in “Pal Joey” di George Sidney, un musical celebre per le sue canzoni, nei panni di una ballerina capace di sconfiggere nella finzione la ricca Rita Hayworth, impresaria di un night, soffiandole il suo uomo.

Novak
“Criminale di turno”

Nello stesso anno con “Un solo grande amore” per la regia ancora di Sidney, dà grande prova del suo talento interpretando una famosa attrice del cinema muto morta a soli trentacinque anni per overdose. Nel ’58 subentra a Vera Miles, come protagonista di La donna che visse due volte e suo partner è James Stewart, timido poliziotto affetto da sensi di colpa e terrorizzato dal vuoto. Bionda e bruna, nel doppio ruolo di una creatura femminile affascinante e misteriosa, la Novak si guadagna il suo spazio nella storia di Hollywood. Poi è ancora il fedele Richard Quine a dirigerla in “Una strega in Paradiso”, sempre con Stewart, dove per amore rinuncia ai suoi poteri magici per conquistare il suo vicino, un timido editore in procinto di sposarsi e lo fa con la complicità del suo gatto siamese Cagliostro.

Nel 1960 è di nuovo Richard Quine a volerla in “Noi due sconosciuti”, un melodramma sentimentale (di notevole spessore molto critico sulla rispettabilità della morale borghese) ambientato nella middle class californiana. Kirk Douglas è un architetto di successo sposato, con figli che perde la testa per una vicina di casa affascinante e anche lei maritata. Nel ’62 è sempre il suo regista di “fiducia” Richard Quine, l’autore della divertente commedia “L’affittacamere”, con Jack Lemmon, un giallo rosa per la sceneggiatura di Blake Edwards e nel ’64 Kim è nel cast del graffiante “Baciami stupido” del grande Billy Wilder, dove è una prostituta molto sexy scritturata da un insegnante di pianoforte di una piccola cittadina di provincia per sedurre un famoso cantante di passaggio (Dean Martin). La pellicola scatenerà negli Usa le ire dei benpensanti. Dopo “Le avventure e gli amori di Moll Flanders” (1965) di Terence Young, un film in costume tratto dal romanzo di Daniel Defoe, l’attrice è apprezzata dal pubblico e dalla critica per “Quando muore una stella” (1968) di Robert Aldrich, una pellicola biografica dedicata a Lylah Clare, una diva degli anni Trenta.

Novak
“Noi due sconosciuti”

La vita sentimentale di Kim Novak

Npvak però dovrà sempre fare i conti con il suo pigmaglione per come gestisce la sua vita privata. “Cohn – scrive ancora Giachetti –  si impossessò anche della sua vita sentimentale. Andò su tutte le furie per il ‘romanzetto’ con il figlio del dittatore domenicano Trujillo, e poi chiuse un occhio quando lei passò nei letti di Frank Sinatra, Cary Grant, Aly Khan (‘almeno sono uomini di classe’ diceva Cohn). Era una donna alla deriva nonostante la ricchezza e la fama”. Per molti anni Kim sceglie di essere single, pur avendo varie brevi avventure con Dean Martin, Mario Bandini John Ireland, Sammy Davis Jr., sposandosi una prima volta con il collega inglese Richard Johson nel 1965 (matrimonio disastroso finito nel 1966) e poi nel 1967 con il veterinario del paese californiano di Ben Sur, dove l’attrice si è trasferita (rimarrà vedova nel 2020), approfittando di un temporale che una notte le aveva distrutto la sua casa di Bel Air.

Novak
“Picnic”

Per lei però arriva l’inesorabile declino. Negli anni Settanta si ritira nel suo ranch in Oregon circondata dai suoi amati animali ritornando saltuariamente sullo schermo in pellicole di poca importanza, ma sarà soprattutto la televisione a darle nuove opportunità professionali. Dal 1986 è nella serie “Falcon Crest” (il suo personaggio è quella di Kit Marlowe) felice di affrontare nuove sfide (“in tv mi sento finalmente libera” afferma l’attrice), allontanandosi dalla Mecca del Cinema.

“Hollywood è una stato mentale. – racconta Novak  – Ti tiene alla gola perché non sai come ribellarti, perché pensi che dopo essere diventata una star non ci possa essere nient’altro nella vita. Marilyn se ne andò per questo. Rita Hayworth, nemmeno lei ha saputo resistere. Io scappai, feci letteralmente le valigie e me ne andai in automobile, fermandomi solo quando ero lontana, a Carmel, dove oggi Clint Eastwood fa il sindaco. Se avessi potuto dire qualcosa a Marilyn…”.

Kim Novak, la diva dagli occhi malinconici premiata con il Leone d’oro alla Carriera dalla Mostra n. 82 del Cinema di Venezia, continua però a rimanere nella memoria dello spettatore cinematografico non più giovane come la “donna che visse due volte”.

 

di Pierfranco Bianchetti

 

 

Novak
“Una strega in paradiso”

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.