“La vecchiaia come fase evolutiva”: dialogo con lo psichiatra Leonardo Resele

Pubblicato il 1 Settembre 2025 in
Calle Malaga

Il film Calle Málaga di Maryan Touzani, presentato alla Biennale Cinema di Venezia, offre una rappresentazione della senescenza lontana dai cliché di fragilità e declino

La protagonista, interpretata da Carmen Maura, incarna una vecchiaia attiva, capace di resilienza, iniziativa e persino di riscoperta dell’amore. Secondo lo psichiatra e psicoanalista Leonardo Resele, questa visione si inserisce nel solco della teoria evolutiva di Erik Erikson, che considera l’età anziana come una fase di sviluppo contrassegnata da un dilemma e dalla possibilità di raggiungere una nuova integrazione

L’analisi del dottor Resele offre una lettura psicodinamica del film, in cui emergono temi di autonomia, narcisismo senile e conflitti edipici irrisolti

Dottor Resele, Calle Málaga nasce da un ricordo molto personale della regista Maryan Touzani: sua nonna spagnola che aveva scelto Tangeri come città della vita. Quanto è importante questo legame biografico per comprendere la storia del film?

L.R: “ È centrale. La Touzani ha dichiarato che la sua opera è un’eco delle tracce che la vita lascia dentro di noi. La figura della nonna, radicata a Tangeri e incapace di immaginarsi altrove, è diventata il modello di María Ángeles. Questo legame conferisce autenticità al racconto e rende più comprensibile la determinazione della protagonista a non lasciare la propria casa: non si tratta solo di un luogo fisico, ma di una parte fondamentale della sua identità”.

Nel suo intervento lei descrive Calle Málaga come un “trionfo della senescenza vincente”. Cosa intende con questa espressione?

L.R: “Intendo che il film si distanzia dall’immagine tradizionale di una vecchiaia segnata solo da solitudine, abbandono o perdita. La protagonista, María Ángeles, dimostra come anche in età avanzata sia possibile reagire in modo creativo alle sfide, trasformando i limiti in opportunità. È una visione che trova conferma nelle moderne teorie sulla longevità e nello stesso Erik Erikson, che vede la vecchiaia come una tappa evolutiva, non come una conclusione statica”.

In che modo la vicenda della protagonista rispecchia la teoria di Erikson?

L.R.: “Erikson parlava di conflitti che caratterizzano ogni fase della vita. Nel caso di María Ángeles, il conflitto è rappresentato dalla volontà della figlia di venderle la casa. Inizialmente subisce, ma poi reagisce: torna nel suo ambiente, si reinventa, sviluppa nuove relazioni e persino un amore maturo. È un esempio di come la risoluzione positiva di un dilemma porti a una nuova integrazione e a un senso di benessere interiore”.

Il film suggerisce anche un conflitto madre-figlia di natura edipica. Ce ne parla?

L.R.: “Sì, la tensione con la figlia Clara non è solo economica o pratica. Dietro c’è un’antica rivalità: Clara percepisce la madre come figura dominante, brillante e in un certo senso “competitiva”. Questo ha radici lontane, che hanno inciso sul suo percorso di vita e perfino sul fallimento matrimoniale. Il film ci mostra come i conflitti edipici irrisolti possano riemergere e condizionare le relazioni familiari nell’età adulta”.

Lei accenna anche a un tratto narcisista nella protagonista. Non è un giudizio severo?

L.R.: “Non necessariamente. Parlare di narcisismo non significa condannare, ma riconoscere una caratteristica della personalità. María Ángeles è una donna che non accetta di essere oggetto di cure, che preferisce decidere da sé, che trova in se stessa la propria confidente. È un narcisismo che, invece di diventare patologico, le permette di mantenere dignità, autonomia e capacità di iniziativa anche nell’anzianità”.

Quale messaggio, secondo lei, porta questo film agli spettatori senior?

L.R.: “Il messaggio è chiaro: la vecchiaia non è un epilogo passivo, ma una fase viva, in cui si può creare, amare, reinventarsi. È un invito a non cedere al ruolo di anziano fragile, ma a considerarsi protagonisti attivi della propria storia, fino all’ultimo capitolo.

 

 

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