Anche i sensi invecchiano, come proteggerli
Udito e vista, ma anche gusto, olfatto e tatto, vanno tenuti sotto controllo già da giovani
C'è molta chimica nella gamma dei sapori che colpiscono il nostro gusto
Siamo in grado di percepire un’ampia gamma di entità chimiche, ma qualitativamente esse suscitano un numero limitato di sensazioni gustative, gradevoli o meno, attraverso l’attivazione di recettori specifici. Indubbio è il ruolo dei fattori genetici (innati) nel determinare i nostri comportamenti alimentari, ma le esperienze alimentari possono modificarli, anche con l’avanzare dell’età, a causa della rilevanza del cervello nello stabilire cosa ci piace o meno. Quanto viene comunemente indicato come “sapore” è il risultato di un insieme di sensazioni tra loro connesse che il cibo induce e che possiamo schematicamente suddividere in sensazioni fisiche (temperatura, consistenza, umidità, frizione), sensazioni chimiche (gusto e olfatto) e sensazioni chemestetiche. Queste ultime sono sensazioni indotte chimicamente che non implicano l’attivazione dei recettori del gusto e dell’olfatto. Coinvolgono altri recettori che possono essere attivati sia dalla temperatura (stimolo fisico) sia da sostanze contenute in alcuni alimenti. Ad esempio il recettore dei vanilloidi TRPV1 è sensibile a temperature maggiori di 43 °C e a composti quali la capsaicina e la piperina, mentre TRPM8 è attivato da stimoli freddi (temperature comprese tra 8 e 28 °C) e dal mentolo e l’eucaliptolo. Quindi la chemestesi può essere definita come l’attivazione chimica di sensori per stimoli fisici, che segnalano un inesistente aumento di temperatura nella sensazione di piccante, o un abbassamento di temperatura, nel caso del mentolo e di altri composti freschi. L’articolo completo a questo link
Perchè al nonno piacciono i dolci
A volte bastano piccoli accorgimenti, come cambiare il tipo di posate o imparare ad arricchire le pietanze con le spezie per aiutare l’anziano a riprendere a mangiare con più gusto. Capita spesso, infatti, che con l’avanzare dell’età si arrivi a un momento in cui non si cerca più un cibo con un buon sapore, ma semplicemente un cibo che abbia un qualsiasi sapore. Le alterazioni del gusto sono, infatti, condizioni che possono esporre sopra gli 80 anni al rischio di malnutrizione sia per difetto (denutrizione) sia per eccesso (sovrappeso o obesità). I gusti percepiti meno sono l’acido e l’amaro. La percezione del dolce è mantenuta più a lungo. Nonostante questi disturbi impattino anche sulla qualità della vita, sono spesso sottovalutati. A questo link l’articolo completo
Come cambia la percezione tattile
Con l’invecchiamento, la percezione tattile si modifica per via di cambiamenti strutturali e funzionali nel sistema nervoso e nei tessuti periferici. Una delle alterazioni principali è la riduzione del numero e della sensibilità dei recettori cutanei, come i corpuscoli di Meissner (sensibili alle vibrazioni di bassa frequenza) e i corpuscoli di Pacini (sensibili a vibrazioni ad alta frequenza). Questa perdita porta a una minore capacità di rilevare variazioni di pressione e texture. La densità delle fibre nervose cutanee si riduce, compromettendo ulteriormente la sensibilità tattile.
La riduzione del flusso sanguigno cutaneo, dovuta a un’atrofia microvascolare, e il declino della produzione di collagene ed elastina rendono la pelle più sottile e meno elastica, contribuendo alla perdita di percezione sensoriale. A livello del sistema nervoso centrale, si osserva una riduzione della plasticità corticale e della capacità di elaborazione degli stimoli somatosensoriali, con un rallentamento della velocità di conduzione nervosa.
Questi cambiamenti comportano una ridotta capacità di percepire stimoli sottili, come leggere variazioni di temperatura o pressione, aumentando il rischio di lesioni. Inoltre, il deterioramento della propriocezione, dovuto alla perdita di sensibilità nei fusi neuromuscolari e negli organi tendinei di Golgi, può compromettere il controllo motorio.
Studi dimostrano che interventi riabilitativi e attività che stimolino il sistema somatosensoriale, come esercizi di manipolazione e terapie basate sulla stimolazione sensoriale, possono mitigare gli effetti dell’invecchiamento sul senso del tatto (Gescheider et al., 1994; A. B. Verrillo, 1993). Questi approcci possono migliorare la qualità della vita e ridurre il rischio di complicazioni legate alla perdita di sensibilità.
Un must per l'udito: riconoscere precocemente i sintomi della perdita uditiva e intervenire subito
Con l’avanzare dell’età, l’udito subisce un declino progressivo noto come presbiacusia, caratterizzato dalla diminuzione della capacità uditiva, in particolare nelle frequenze più alte. Questo fenomeno è attribuibile a una combinazione di fattori genetici, ambientali e legati allo stile di vita. A livello dell’orecchio interno, si osserva una degenerazione delle cellule ciliate nella coclea, responsabili della trasduzione dei segnali sonori in impulsi nervosi. Tale degenerazione compromette la capacità di percepire suoni ad alta frequenza, rendendo difficile la comprensione delle consonanti e, di conseguenza, del parlato, soprattutto in ambienti rumorosi.
Oltre ai cambiamenti cocleari, si verificano alterazioni nel sistema nervoso centrale, come una riduzione della plasticità neuronale e una diminuzione della velocità di elaborazione degli stimoli uditivi. Questi cambiamenti possono influenzare la capacità di localizzare i suoni e di distinguere le voci in presenza di rumore di fondo. La presbiacusia è spesso associata a difficoltà comunicative, che possono portare a isolamento sociale, depressione e un aumento del rischio di declino cognitivo.
L’uso di apparecchi acustici e la partecipazione a programmi di riabilitazione uditiva possono mitigare gli effetti negativi della presbiacusia, migliorando la qualità della vita e riducendo il rischio di complicazioni cognitive e psicologiche. È fondamentale riconoscere precocemente i sintomi della perdita uditiva e intervenire tempestivamente per preservare le funzioni comunicative e cognitive negli anziani.
Presbiopia, cataratta e degenerazione maculare, i grandi nemici della vista
Con l’avanzare dell’età, la funzione visiva subisce una serie di cambiamenti fisiologici e patologici. Uno dei primi segni è la presbiopia, che solitamente si manifesta intorno ai 40-45 anni. Questo fenomeno è dovuto alla progressiva perdita di elasticità del cristallino, che riduce la capacità di mettere a fuoco gli oggetti vicini.
Un’altra condizione comune è la cataratta, caratterizzata dall’opacizzazione del cristallino, che porta a una visione offuscata e una diminuzione dell’acuità visiva. La cataratta è particolarmente prevalente dopo i 65 anni.
La degenerazione maculare legata all’età rappresenta una delle principali cause di perdita della visione centrale negli anziani. Questa patologia colpisce la macula, la regione della retina responsabile della visione dettagliata, compromettendo attività quotidiane come la lettura e il riconoscimento dei volti.
Con l’età, si osserva anche una riduzione del numero e delle connessioni delle cellule gangliari e bipolari nella retina. Queste alterazioni contribuiscono al deterioramento del segnale visivo che raggiunge il cervello, determinando una diminuzione dell’acuità visiva.
Inoltre, la secchezza oculare diventa più comune a causa della diminuzione della produzione lacrimale, spesso legata alla riduzione del numero di nervi corneali. Questo può causare sintomi come bruciore, sensazione di corpo estraneo e visione offuscata.
Infine, il restringimento del campo visivo e la diminuzione della sensibilità al contrasto possono influenzare negativamente la mobilità e l’autonomia degli anziani, aumentando il rischio di incidenti e cadute. È quindi fondamentale sottoporsi a controlli oculistici regolari per diagnosticare precocemente queste condizioni e adottare le misure terapeutiche appropriate.
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