“Un profilo per due”, di Stéphane Robelin

Yaniss Lespert, Pierre Richard, Fanny Valette

“Un profilo per due”, di Stéphane Robelin

sceneggiatura Stéphane Robelin cast Pierre Richard (Pierre/Pierrot) Yaniss Lespert (Alex) Fanny Valette (Flora) Stéphanie Crayencour (Juliette) Stéphane Bissot (Sylvie) Macha Méril (Marie) Gustave Kervern (Bernard) Pierre Kiwitt (David) Anna Bederke (Madeleine) Philippe Chaine (Frédèric) genere commedia durata 99 min

Un Cyrano 2.0 invecchiato quel tanto che basta per attirare un pubblico senior, ossia la fetta di spettatori potenzialmente più interessati a un cinema che non sia di effetti speciali, ma di storie e attori. Del resto il poco più che 40enne Stéphane Robelin ci aveva già preso gusto con “E se vivessimo tutti insieme?” (2011) ancora con anziani protagonisti alle prese con i problemi della terza età. Qui siamo ai travagli del cuore, organo che, a quanto pare, non invecchia a dispetto di tachicardie, aterosclerosi, ipertensioni e acciacchi vari che accompagnano il progredire dell’età. Ma torniamo a Cyrano e al suo riluttante Cristiano che, in questo “Profilo per due” si chiamano Pierre e Alex. Il primo, 75 anni (in realtà Richard ne ha 83), è un anziano vedovo, scorbutico e orso, che dopo la morte della moglie sembra aver perso la voglia di vivere e, soprattutto, di comunicare. Se ne sta rintanato nella sua casa a guardare super8 vecchi di 40 anni e sembra in lite con il mondo intero.

Sua figlia Sylvie ha la brillante idea di affiancarli Alex, giovane aspirante scrittore nonché temporaneo fidanzato della figlia Juliette, come tutor per le nuove tecnologie. Intrippato dai social, Pierre ci prende gusto e, con la sua vena romantica d’antan, aggancia in rete la bella Flora, fino a strapparle un appuntamento. Al quale manda però Alex, temendo di essere sgamato per quello che è e non per il giovane brillante che si spacciato. Non raccontiamo altro, anche perché la storia non stupisce con finali a sorpresa, ma si snoda con garbo, alla maniera di Rostand, sia pur sempre aggiornata alle nuove tecnologie. Al contrario dell’America cinematografica, che ormai punta solo a un pubblico teen (se non per età, per gusti e tendenze), la Francia si dimostra il primo Paese quanto a cinema “senior oriented” e con opere non banali. Una specie di ritorno al “cinéma di papà”, senza gigionate alla Maurice Chevalier, che tuttavia diverte e allieta.

 

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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