Da vedere al cinema: La moglie del Presidente di Léa Domenach

La moglie del Presidente è Bernadette Chirac, première dame di Francia dal 1995 al 2007. L’esordiente Domenach ha scelto un mostro sacro del cinema d’oltralpe, Catherine Deneuve

Ormai da qualche tempo al cinema vanno di moda (si fa per dire) i “personaggi nell’ombra”. Dalla moglie del Nobel Wife (2017, Bjorn Runge con Glenn Close e Vincent Pryce) al Vice (2018, Adam McKay) di George W. Bush ossia il suo n. 2 Dick Cheney. Adesso la ribalta tocca a questa Moglie del Presidente ossia a Bernadette Chirac, première dame di Francia dal 1995 al 2007 ossia negli anni durante i quali suo marito Jacques è stato l’inquilino dell’Eliseo. Per questa operazione l’esordiente Domenach ha scelto un mostro sacro del cinema d’oltralpe: una sorniona Catherine Deneuve sulle cui spalle cade per intero il peso della messa in scena.

La Moglie del Presidente, vita privata ma non pubblica

Opera prima, dicevamo, e lo si vede. Non tanto nella tecnica, ben padroneggiata, ma proprio nella drammaturgia che punta tutto sulla complicità e la buona disposizione del pubblico nei confronti della performance della primadonna. Non che in una commedia si pretenda una seria disamina politica, ci mancherebbe, ma che dei 12 anni trascorsi alla guida di uno dei Paesi più ricchi e avanzati del pianeta si ricordino solo le scappatelle coniugali ci sembra francamente un po’ poco. Anche perché tra gli intenti del film c’è quello di dimostrare che la vera “politica” di casa Chirac era lei, e non il più noto consorte. Come da assunto di base di tutti i film sui “personaggi nell’ombra” da cui siamo partiti. E di cose ce ne sarebbero state, nel bene e nel male. Nel bene come ridurre da 7 a 5 anni il mandato presidenziale, nel male come riprendere i test nucleari nelle isole del Pacifico.

La scelta della regista cade invece sul buco della serratura, ovvero sulla grata del confessionale (che è la stessa cosa), sul dibattito politico rigorosamente circoscritto tra quattro mura, come una faccenda domestica soggetta a vecchie ruggini (Sarkozy) o a improvvise e inattese sovraesposizioni. Probabilmente nel terzo millennio la politica è davvero così tant’è che anche in questo ambito valgono le leggi del marketing e l’immagine, l’apparenza ha rimpiazzato la sostanza. Un politico è bravo se sa vendersi bene, esattamente come un detersivo. E il film La moglie del Presidente, in questo assioma, ci sguazza come un sorcio nel groviera. Da non dimenticare, infine, che il titolo originale è “La tartaruga”. Altrimenti non si capisce perché questo rettile è in scena dall’inizio alla fine. In carapace e quattro zampe dove ci sono orti e giardini altrimenti sul bavero dei tailleur di madame Chirac sotto forma di stravaganti e divertenti spille.

Dettagli del film La moglie del Presidente

tit. orig. La tortue sceneggiatura Léa Domenach, Clémence Dargent cast Catherine Deneuve (Bernadette Chirac) Michel Vuillermoz (Jacques Chirac) Denis Podalydès (Bernard Niquet) Sara Giraudeau (Claude Chirac) Laurent Stocker (Nicolas Sarkozy) François Vincentelli (Dominique De Villepin) Lionel Abelanski (Yvon Molinier) Artus (David Douillet) genere commedia lingua orig. francese prod. Usa 2023 durata 92 min.

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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