Da vedere in DVD: “Il signore delle formiche”, film di Gianni Amelio

Nel film di Gianni Amelio “Il signore delle formiche” si racconta, in modo asciutto ed essenziale, la vera storia di Aldo Braibanti,’colpevole’ di provare sentimenti non in linea con la morale comune

Con questo film Gianni Amelio porta sullo schermo un caso giudiziario realmente avvenuto nell’Italia degli anni ‘60: il primo e unico processo intentato contro una persona per il reato di plagio. Dove per plagio non si intende il furto di qualche soggetto letterario o qualche strofetta musicale, ma l’aver irretito un’altra persona al punto da condizionarne irreparabilmente i comportamenti. Nel caso concreto i familiari del giovane Ettore Tagliaferri (nome di fantasia al posto di Giovanni Sanfratello) portano davanti al giudice Aldo Braibanti (nome vero) colpevole, a loro avviso, di aver “vampirizzato” il loro congiunto. A monte del processo sta però ben altro: la relazione omosessuale tra Aldo e Ettore, maestro e discepolo, ma entrambi adulti. Oltre a opposte sponde ideologiche: comunista ed ex partigiano Braibanti, cattolici integralisti e fascistoidi i Tagliaferri. Nell’Italia sessantottesca caratterizzata dalla contrapposizione politica più accesa, c’è di che dare fuoco alle polveri.

La vera storia di Aldo Braibanti

Con Braibanti in galera, in attesa di giudizio e poi condannato, e il giovane Tagliaferri in manicomio (non era ancora entrata in vigore la legge Basaglia) sottoposto a elettroshock per curare la sua “malattia” e ricondurlo sulla retta strada. Il regista, gay dichiarato, nel 1968 aveva 23 anni e seguì il caso pensando quello che possiamo immaginare. Oggi, con il film di Gianni Amelio, asciutto ed essenziale, risarcisce due vite spezzate per la sola colpa di provare sentimenti non in linea con la morale comune. Unica “licenza” storica (oltre ai nomi) che il regista si prende rispetto ai nudi fatti di cronaca dell’epoca, è il controcanto al processo realizzato attraverso il personaggio di Ennio Scribani, giovane redattore dell’Unità che trova il classico muro di gomma all’interno del suo giornale il cui direttore è fortemente imbarazzato a trattare l’argomento. Come se comunisti, cattolici e fascisti fossero uniti contro l’identità di genere. In realtà l’allora “organo del Pci” difese vigorosamente Braibanti con le cronache di Paolo Gambescia (che non si licenziò, come fa invece Scribani) e il pieno appoggio del direttore Maurizio Ferrara, papà del più noto Giuliano.

Probabilmente Amelio punta il dito contro i mezzi di comunicazione di massa, e i giornali in particolare, perché ancora oggi, come dicono le statistiche internazionali in materia di libertà di stampa, siamo ancora ben lontani dall’indipendenza di editori e televisioni rispetto ai centri del potere. Non solo. La chiave di lettura del rapporto tra Aldo ed Ettore è vista da Amelio in chiave squisitamente psicologica. Il padre come freudiana “culla degli atti ribelli”. Il rifiuto dei padri naturali per scegliersi padri spirituali più in sintonia con i propri pensieri e sentimenti. Tema che il regista risolve personalmente portandosi dietro come direttore della fotografia il figlio adottivo Luan Amelio Ujkaj. Povero ragazzino albanese all’epoca di Lamerica (1994) oggi affermato professionista del cinema grazie appunto al “padre putativo”. Perché Amelio, anche se tratta degli anni ‘60, con ampi flash back sul decennio precedente, in realtà parla all’oggi. Parla a chi, neo o postfascistia e cattolico integralista, non ha cambiato parere sull’argomento. A partire da coloro, e ce ne sono, che vorrebbero ancora sotto chiave negri, zingari, froci, ebrei, musulmani e minoranze varie. E usiamo a bella posta i termini più politicamente scorretti. Quanto alle formiche, c’entrano perché Braibanti, oltre che scrittore, poeta, drammaturgo e saggista era anche un apprezzato mirmecologo, ossia uno studioso di questi laboriosi insetti. Ce lo spiega, nella bella sequenza iniziale, Scribani allo stand di una Festa dell’Unità sul Lungotevere mentre di fondo, sul telone del cinema all’aperto, sfilano alcune immagini del film sovietico (sovietico, non russo) Quando volano le cicogne di Michail Kalatozov, Palma d’Oro a Cannes nel 1958. Realismo socialista allo stato puro!

E allora perché vederlo?

Per conoscere una pagina non certo esaltante della storia recente del nostro Paese. Paese, non nazione. Perché il concetto di nazione, oltre che retrogrado è divisivo mentre il Paese è di tutti coloro che lo abitano. Compresi negri, zingari, froci, ebrei, musulmani e minoranze varie.

Dettagli del film di Gianni Amelio

sceneggiatura Gianni Amelio, Edoardo Petti, Federico Fava cast Luigi Lo Cascio (Aldo Braibanti) Elio Germano (Ennio Scribani) Leonardo Maltese (Ettore Tagliaferri) Davide Vecchi (Riccardo Tagliaferri) Sara Serraiocco (Graziella) Anna Caterina Antonacci (mamma Tagliaferri) Giovanni Visentin (direttore del giornale) Valerio Binasco (pubblico ministero) Alberto Cracco (giudice) Rita Bosello (Susanna) genere drammatico prod Italia 2022 durata 130 min.

 

Egidio Zanzi:
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