Piccole cose, per ricominciare

Nei lunghi giorni di pandemia ci siamo abituate a un fluire del tempo piatto in cui molto se non tutto è affidato alla gestione quotidiana/ordinaria: vestirsi/lavarsi/fare colazione/mettere in ordine/uscire per la spesa/giornali/ sigarette per le disgraziate come me/ telefonare /a volte, persino, un salto in libreria / cucinare/mangiare/ cucinare ecc. Tutto il necessario per vivere.  Ma anche leggere molto, incontrarsi on line, scrivere, riflettere. Tutto il necessario per sopravvivere.

Poi – accompagnate da contraddizioni, polemiche, manifestazioni varie – sono arrivate le attese/temute aperture. Saranno la nostra libertà? Saranno la nostra rovina? In trepida attesa di come evolverà il futuro, ci sorprendiamo a chiederci a volte che cosa ne faremo della  libertà che  ci sarà data. Saremo ancora capaci di trovare il coraggio di andare al cinema, a teatro, al museo, vedere gli amici a cena? O ci sembrerà più protettivo continuare a rinchiudersi? Per ora, non ci avventuriamo troppo nel vasto mondo, per lo più stiamo ancora a casa, facendo più o meno le stesse cose, ciascuna le sue. Obbedendo a una sorta di trantran interno, a una sorta di ordine precostituito. ….

Ma ci assale a volte la nostalgia di qualcosa di stra- ordinario, il desiderio di interrompere il flusso monotono di un tempo sempre uguale E quello che stiamo scoprendo è che anche  piccole cose, purchè  “nuove”, ci appaiono straordinarie, pur probabilmente non apparendo tali a uno sguardo esterno. Quello che ho verificato qualche giorno fa..

Era il primo giorno di riapertura dei mercati. A me piacciono molto i mercati. E non i supermercati. Perché nei mercati c’è allegria, ci sono i colori, c’è confusione, c’è qualche sorpresa. Volevo/dovevo acquistare una grande ciotola per metterci tre piante di fiori che mi aveva regalato un’amica. Pensavo di non trovarla al mercato, pensavo di dover andare a un grande supermercato. Invece, improvvisamente, come un miraggio, si palesa il banco dei fiori e….la ciotola. Pensavo di provare a cercare degli occhiali a chiusura magnetica che non trovo da nessuna parte ed ero sicura di non trovarli nemmeno lì, e improvvisamente ecco il banco degli occhiali…proprio quelli che cercavo. Per eccesso di entusiasmo ne ho acquistati due paia. E poi sono tornata a casa.

E mi sono scoperta felice, felice come da tanto non ero. Mi sono meravigliata di tanta profonda felicità per un acquisto, in fondo banale,  andato a buon fine. E ho capito che la felicità era dovuta all’ aver fatto qualcosa che esondava dal mio ordinario, che usciva dall’ordine programmato delle mie giornate, per aver voluto che succedesse e per la meraviglia che fosse successo. Un regalo inaspettato. Un desiderio piccolo, ma appagato. Un guardare fuori invece di guardare dentro, guardare una rosa che sboccia, un mercato colorato e sorridere. Come la fuoriuscita da una gabbia, lo scioglimento da una prigione. Quelle piccole cose di cui parla Francoise Heritier, quelle piccole esplosioni, tutto quello che costituisce il “sale della vita” e a cui, spesso, nella nostra vita precedente spesso  affrettata e impegnata nelle “grandi cose”, non abbiamo dato valore.

E ho riflettuto che soffermarci su queste piccole felicità oltre al godimento del piacere in sé può spingerci a pensare anche ai nostri desideri più “grandi” –un viaggio, un ritrovare qualche amicizia persa nella lontananza, una festa in campagna.

A ognuno in suo, importante è provare a delinearli, a raccontarceli, a non averne paura solo per il fatto di pensarli. Ce li eravamo dimenticati. E adesso proviamo a declinarne i tempi e le modalità.  A ritrovare un po’ di curiosità per le cose del mondo. E persino più in piccolo, per la nostra casa. Oggi una amica di 75 anni, venuta a colazione nel giorno del suo compleanno, mi confessava , quasi pudica: mi è arrivato insistente il desiderio di sostituire le piastrelle del pavimento della cucina e del soggiorno con il parquet di legno. Mi sono stufata di camminare sulle piastrelle, voglio un legno caldo. Ma farò in tempo a godermelo? Abbiamo convenuto che era la cosa che al momento desiderava di più. E che questo suo desiderio andava accolto e legittimato. Il parquet andava fatto e lo si farà

Marina Piazza: sociologia, femminismo, donne, studi sulla vecchiaia
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