Alicudi, l’isola dei capperoni

È arrivata l’estate, e che estate!  Un’estate come quelle di una volta, con il termometro che sfiora i 40 gradi e l’afa, che in città ti schiaccia sul selciato. Ma con l’estate arrivano anche le vacanze e io sto per partire.  Per me le vacanze vogliono dire Alicudi, la più piccola e solitaria delle Isole Eolie.  Un’isola un po’ fuori mano, difficile da raggiungere, scomoda da viverci.  E questo la rende di fatto un luogo per pochi iniziati, gente un po’ particolare che ama stare in solitudine.

Quando ci arrivi, l’isola ti viene incontro scoperta, senza mediazioni, in maniera diretta.  Un panettone roccioso, un sole accecante, fichi d’India e poche casette bianche inerpicate sui fianchi della montagna.  È un’isola che non ha nessun vezzo, che non usa trucchi, le case sono cubetti bianchi intonacati a calce, la natura è selvaggia e scomposta.  Ci sono due negozietti che vendono pane, verdure e quel tanto di cui c’è bisogno per campare.  Una pensione dall’aspetto dimesso, due piccole trattorie e un bar.  Niente discoteche, niente ristoranti alla moda, niente banca, nessuna farmacia, niente macchine o illuminazione pubblica.  Un’isola essenziale.  In compenso ci sono tanti, troppi scalini.  Scale che sembrano infinite, in pietra, che ogni volta che si salgono viene da pensare a chi, sotto il sole cocente, le ha costruite trascinandosi sulle spalle enormi lastroni.

Chi viene in vacanza ad Alicudi lo sa: qui non ci sono indirizzi, ma gradini, chi sta al centesimo, chi al cinquecentesimo chi addirittura a più di mille.  Per chi come me ama cucinare, farlo nell’isola è una sfida continua, gli ingredienti sono pochissimi, ma in compenso i sapori sono così intensi che anche il piatto più semplice diventa un piccolo, profumato capolavoro.  E ci sono almeno tre ingredienti che qui non mancano mai: i pomodori, i rapuddi, una verdura che cresce selvatica, riuscito mix tra broccoletti e spinaci, e, naturalmente i capperi.

Chiunque abbia passato sull’isola anche solo poche ore lo sa: ad Alicudi i capperi sono moneta contante, tutti li vendono, nelle case, nei negozi agli angoli delle stradine.  Appena sbarcati, ad accoglierti è il grido: “Capperi ne volete?” lanciato dalle bambine isolane che li vendono ai villeggianti insieme a conchiglie e sassi levigati.  Io li adoro, non solo perché sono intensi di sapore, ma anche e soprattutto perché provengono da una pianta eccentrica.  Il cappero, infatti, non è, come potremmo credere il frutto della pianta, bensì il bocciolo, raccolto prima che fiorisca.  Se non lo si coglie subito, diventa un fiore straordinario e profumatissimo, simile a quello delle orchidee, grandi corolle striate di viola e vermiglio.  Il fiore poi si trasforma in cucuncio, una sorta di grosso capperone.  Ad aggiungere eccentricità c’è anche il modo in cui la pianta si riproduce.  Quando il cucuncio arriva a maturazione, si apre come una rosa, e al suo interno i semi sono immersi in un liquido denso e zuccherino.  Le lucertole di Alicudi ne sono ghiotte, così si avvicinano, pranzano e quando tornano nelle loro tane tra le fessure e le crepe delle rocce, portano con loro i semi rimasti attaccati alle squame.  Ecco perché i capperi fioriscono sempre in posizioni estreme, laddove mai immagineresti che alcunché possa crescere.  Nell’isola ai capperi non si sfugge, li trovi ovunque, nella pasta, nelle insalate, nei pesci e nella carne.

Ma io vorrei regalarvi una ricetta molto speciale e piuttosto inusuale, quella della caponata di capperoni.  Per farla avrete bisogno di capperoni, i capperi più grandi, di cipolle, 3 coste di sedano, due etti di olive verdi, mezzo bicchiere di aceto e mezzo di vino rosso, un po’ di zucchero, menta, basilico e del buon olio. Per prima cosa dissalo i capperoni, affetto le cipolle e taglio il sedano a dadini, metto tutto in un tegame a soffriggere con l’olio, poi aggiungo i capperoni, le olive, la menta e il basilico.  Sfumo con l’aceto zuccherato e il vino. Lo lascio raffreddare del tutto e il giorno dopo è ancora più buona.  Ideale per queste afosissime giornate, soprattutto con un bicchiere di vino bianco gelato.  E se siete intrappolati in città, chiudete gli occhi e immaginate di essere ad Alicudi.

stefia:
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