Rotta a Sud-Est, nella stagione del monsone secco

The world's largest religious monument and an architectural masterpiece, Angkor Wat in Cambodia is the apogee of classical Khmer style. Built between 1113 and 1150 by King Suryavarman II, it was both city and temple, the capital of the Empire and the State Temple dedicated to the god Vishnu. Surrounded by a broad moat, it covers 200 hectares (1.5 km by 1.3 km) and faces west. The five central towers, seen here from nearby Bakheng hill, represent the peaks of the mythological Mount Meru, and the entire temple is a microcosm of the Hindu universe.

Ricordi della Guerra in Vietnam, fascino coloniale francese, memorie di civiltà grandiose e misteriose… Il Sudest asiatico evoca tutte queste suggestioni, alcune (come la prima) vissute in prima persona da chi oggi è senior e che in gioventù seguiva le drammatiche vicende che coinvolgevano quei lontani Paesi. Oggi tutto è cambiato: Vietnam e Cambogia sono mete turistiche tra le più interessanti, in forte ascesa nel gradimento degli italiani. Il periodo migliore per visitare quei Paesi è durante il nostro inverno che corrisponde, laggiù, alla stagione del cosiddetto “monsone secco”, con giornate asciutte, scarse precipitazioni e temperature miti.

Good Morning Vietnam – Il martoriato Vietnam oggi è un Paese in grande espansione economica, capace di valorizzare non solo le proprie risorse, ma anche il proprio passato. I lunghi anni di conflitto, prima con i francesi poi con gli americani, non hanno intaccato il patrimonio artistico e naturalistico del Paese che ospita siti di grande bellezza come la Baia di Halong, da esplorare a bordo di una tipica giunca, e la Cittadella Imperiale di Hue che qualcuno paragona alla Città Proibita di Pechino quanto a fascino e suggestione. Altro binomio arte-natura si ha nel distretto di Danang con la Montagna di marmo, ricca di pagode e grotte sacre che si susseguono in un paesaggio quasi surreale, e il Museo dell’arte Cham con le sue collezioni di sculture provenienti dai siti dell’antico regno Champa (VII-XV sec.). Anche la regione del Delta del Mekong offre paesaggi di intensa bellezza, specialmente se si percorrono fiumi e canali a bordo di piccole imbarcazioni che sostano nei villaggi e nei mercatini locali. Un cenno a parte meritano poi alcune attrazioni tipiche, come il Teatro delle Marionette sull’acqua ad Hanoi o la Chinatown di Ho Chi Mihn City (ex Saigon). Tra gli oggetti del desiderio vietnamiti per gli appassionati dello shopping ci sono i tessuti etnici filati a mano, oggetti in ceramica e terracotta, gioielli tradizionali in argento, perle di mare e di fiume, seta, oggetti in lacca, legno intagliato e bambù.

Un posto a tavola – Un viaggio in Vietnam non può prescindere dalla cucina locale, ricca di un’incredibile varietà di piatti. Tra gli antipasti, un involtino riempito con carne trita di maiale, polpa di granchio, vermicelli, cipolle, funghi e uova. Il riso è ovviamente l’alimento base della cucina vietnamita e di solito viene guarnito con verdure, carne, pesce e spezie. Altro piatto tipico sono le zuppe a base di pho, i vermicelli di riso. La versione più comune è quella condita con carne a fettine, cipolle novelle, aglio, zenzero, peperoncini insaporita con pepe, anice e menta. Altrettanto diffuse sono il pho bo (zuppa di tagliatelle con manzo) e il pho ga (con pollo), specialmente al sud. Tra i dolci si trovano il banh it nhan dau, con zucchero, fagioli e riso in polvere, il banh bao, pasta ripiena di carne, cipolla e verdure, e il banh chung, tradizionale preparazione per la festa del Tet (il capodanno vietnamita), a base di riso e ripieno di fagioli, cipolle e carne di maiale. Molto apprezzata è anche la frutta candita. Ampia la gamma di alcolici, ottenuti prevalentemente da riso fermentato.

Cambogia, meraviglie dei “secoli bui” – Il regno della Cambogia, investito anch’esso dalle grandi tragedie collettive del ‘900, è diventato a sua volta un paese molto accogliente e turisticamente sviluppato. Grazie soprattutto a un grande sito archeologico, patrimonio Unesco, che da solo vale l’intero viaggio: il complesso di Angkor, al centro di un’area di 400 kmq, che dal X al XIII secolo ospitò la capitale religiosa e politica dell’impero Khmer che all’epoca comprendeva, oltre all’attuale Cambogia, il Laos, la Thailandia e parte di Cina e Vietnam. Una delle maggiori entità politiche al mondo in quello che da noi fu l’inizio del Basso Medioevo. I templi di Angkor sono infatti coevi al Sant’Ambrogio di Milano e a Notre Dame di Parigi, tanto per capirci, con questa fondamentale differenza: che le maggiori città europee dell’epoca contavano poche migliaia di abitanti mentre il centro dell’impero Khmer probabilmente arrivava a 750mila. I grandiosi complessi edilizi sono ancora circondati da specchi d’acqua, quanto rimane di un’antichissima regolamentazione irrigua affinché tutta quella gente avesse riso a sufficienza per sfamarsi.

Elefanti in terrazza – Angkor Wat è sicuramente il capolavoro indiscusso di questa straordinaria civiltà, riprodotto in forma stilizzata nella stessa bandiera nazionale del paese. Misura 1.800 m per 1.300 m e il tempio centrale culmina in cinque torri-santuario che dominano il paesaggio. Raffinati bassorilievi che coprono 1200 mq di pareti offrono a loro volta testimonianza di un’arte figurativa di eccelsa fattura. Non da meno sono anche altri siti, come la cittadella fortificata di Angkor Thom con le sue imponenti mura e le splendide porte monumentali risalenti alla fine del XII sec. Sbalorditivi la Terrazza degli Elefanti, la Terrazza del Re lebbroso e il quadrilatero fortificato del Bayon, il più enigmatico e suggestivo fra tutti i templi Khmer. Bassorilievi di grande realismo e forza espressiva fanno corona a 54 torri-santuario quadrate che recano su ciascun lato enormi volti in pietra, orientati sui punti cardinali. Da ammirare anche il grandioso santuario buddhista Ta Prohm, il più romantico tra tutti i monumenti dell’antica capitale Khmer. Gli archeologi hanno volutamente lasciato questo sito quasi nelle identiche condizioni in cui fu scoperto a metà ‘800. Qui la foresta è l’assoluta protagonista: altissimi alberi di Ficus gibbosa e di Ceiba pentandra avvolgono, con le loro gigantesche radici, le strutture delle gallerie e i muri perimetrali. La presenza di decine di monaci buddisti, con le loro tuniche arancioni o rosse, e il brusio dei fedeli in preghiera esaltano la sacralità del sito. Ma l’emozione più grande resta sempre sedersi in cima al tempio principale e ammirare il tramonto del sole che inonda di luce rossa le pietre scolpite e la pianura circostante.

Cibo & shopping – Per gusto e ingredienti la cucina cambogiana si avvicina a quella cinese e vietnamita. I piatti forti sono a base di riso e di pesce, in prevalenza di acqua dolce proveniente sia dal grande lago Tonle Sap sia dai numerosi fiumi che solcano le pianure del paese. Sono apprezzati i grandi gamberi fritti e la samla machoun banle, zuppa di pesce inacidita con foglie di limoncello. Altri piatti tipici sono la zuppa di maiale allo zenzero e i misti di carne e verdure con erbe aromatiche. L’artigianato locale offre oggetti in legno piuttosto belli e ben lavorati, le krama, tipiche sciarpe khmer in cotone a quadretti, scialli e foulard in seta e oggetti d’argento. Da evitare, qui come nel resto del mondo, oggetti in avorio, tartaruga, coralli e madrepore.

Il tour operator Kel 12 propone un viaggio in Cambogia e Vietnam della durata di 15 giorni (13 notti) con partenze il 21 novembre e il 26 dicembre. Quote individuali a partire da € 4.600. Itinerario completo: www.kel12.com/itinerario.aspx?i=7604

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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