Regression

"Regression" Day 33 Photo: Jan Thijs 2014

regia e sceneggiatura Alejandro Amenábar cast Ethan Hawke (Bruce Kenner) Emma Watson (Angela Gray) David Thewlis (Kenneth Raines) Lothaire Bluteau (rev. Beaumont) Dale Dickey (Rose Gray) David Dencik (John GrayDevon Bostick (Roy Gray) genere drammatico durata106′

Alejandro Amenábar (classe 1972) è certamente uno dei registi più interessanti delle nuove leve e questo suo ultimo film non smentisce le aspettative collocandosi al livello dei titoli più recenti e noti dell’autore ispanocileno: The Others (2001), Mare dentro (2004) e Agorà (2009). Le doti di messa in scena emergono anche qui tra le cose migliori del film che peraltro, a tratti, richiama Tesis, la pellicola d’esordio. Là a muovere l’azione era lo snuff movie (il cinema porno con violenza vera sulle vittime), qui è una delle ricorrenti psicosi della società americana del XX secolo: il satanismo. Siamo nel 1990 e il quieto tran tran di una cittadina del Minnesota è sconvolto da un presunto caso di incesto commesso nel quadro di un rituale demoniaco. Ce n’è abbastanza perché nella piccola comunità dove tutti si conoscono e si frequentano si scateni… l’inferno. Nelle coscienze delle persone, più che nell’opinione pubblica. L’inchiesta, affidata a un team di poliziotti cui si affianca uno strizzacervelli, non porta a conclusioni certe, ma il punto è proprio quello: Amenábar lavora per sottrazione, sotto le apparenze del thriller il vero bersaglio del regista diventano le sovrastrutture psichiche condizionate da una fede malamente intesa. L’apparenza che prende il sopravvento sulla realtà. Temi già sviluppati in The Others e in Agorà, grande affresco sull’intolleranza e il pregiudizio nati dal sentimento religioso. Argomento attuale quanto mai, relegato a una quindicina d’anni fa non tanto per il rispetto di fatti realmente accaduti, ma principalmente per mantenere il necessario distacco storico (come nel film su Ipazia), garanzia di lucidità dello sguardo. Come dire che i posseduti dal demonio siamo noi, nella nostra normalità perbenista, nel pregiudizio che deriva dalla rinuncia al libero pensiero per affidarsi alla giuda di un’entità superiore indifferente alle sorti dell’uomo. E il risultato può essere un regresso del pensiero, non nel pensiero.

“Regression” Day 29
Photo: Jan Thijs 2014
Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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