“Directions-Tutto in una notte a Sofia”, di Stephan Komandarev

Sceneggiatura Stephan Komandarev Simeon Ventsislavov cast Vasil Vasiliev-Zueka (Misho) Ivan Barnev (Vlado) Assen Blatechki (Zhoro) Irini Zhambonas (Rada) Vasili Banov (Kosta) Troyan Gogov (Petar) Dobrin Dosev (Andrey) Dimitar Banekin (Manol) Stephan Denolyubov (Nikola) Georgy Kadurin (Popov) Anna Komandareva (Nikol) genere commedia durata 104 min

Auto pubbliche come specchio dell’opinione pubblica, della società di un Paese. L’ha fatto Jafar Panahi con il suo “Taxi Teheran” (2015), in giro per la capitale iraniana, ma l’aveva anche già fatto, con ben altri intenti, Alberto Sordi con il suo “Tassinaro” (1983). Adesso ci riprova il 51enne regista bulgaro sguinzagliando una piccola flotta di auto gialle per le strade di Sofia. Va detto subito, però, che le somiglianze finiscono qui e che i tre film sono completamente diversi tra loro per spirito e realizzazione.

In questo caso si parte da un delitto, avvenuto per strada e in pieno giorno: un piccolo imprenditore edile, che fa anche il tassista per arrotondare, uccide il pezzo grosso di una banca che lo minaccia e lo ricatta. Dopo di che si spara. Durante la notte successiva il “fattaccio” è variamente commentato dai notiziari radio con l’intervento di ascoltatori. È la colonna sonora che fa da contrappunto ad alcuni episodi che coinvolgono i colleghi dell’omicida-suicida e i loro passeggeri. Ne esce un ritratto viscerale dell’ex Paese comunista ora membro Ue. E non è un ritratto incoraggiante, tra vizi inveterati e scarse virtù nazionali, retaggi del vecchio regime, collusione, corruzione, ricchezze ostentate e nuove povertà, fuga dei cervelli e quanto ormai imbandisce l’Europa ai suoi abitanti. A Est come a Ovest, a Nord come a Sud.

La prima corsa tocca a un cardiochirurgo che si deve recare in ospedale per un trapianto urgente. Non opererà più in patria in quanto ha le valige pronte per una ben più prestigiosa (e remunerativa) clinica tedesca. L’ultima corsa chiude il cerchio, con uno straordinario “Dialogo tra un prete e un moribondo” che ha perso l’aggressivo anticlericalismo sadiano, ma ha conservato una modernissima e laicissima professione di fede nel cieco Destino che governa le sorti dell’uomo. Professione che sottende anche tutti gli altri episodi, alcuni dei quali riusciti e ben realizzati (per es. quello con il mancato suicida sul ponte o con la minorenne che si prostituisce perché ha capito come gira il mondo e le va benissimo così), altri un po’ più capziosi (l’anziano che ha perso il figlio), altri ancora decisamente sbagliati (l’avvocato, la tassista con il suo vecchio persecutore) che per giunta si discostano anche dal tema del prologo.

Perché vederlo: Nel complesso, comunque, un film da vedere non fosse altro che per capire cosa succede attorno a noi nel condominio europeo che ci ospita tutti e che dovrebbe rappresentare il nostro Destino (Directions) comune.

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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