Da vedere in DVD: Sorry We Missed You di Ken Loach

Lo specchio della società inglese del terzo millennio raccontato nel film di Ken Loach. Una realtà concreta, che chiunque può dire di aver vissuto o aver visto vivere

In quello che forse è il suo miglior film degli ultimi tempi, Ken Loach il rosso si (e ci) immerge in quel girone dantesco che in epoca di new economy costringe i falsi “padroncini”, le false partite iva, i falsi lavoratori autonomi a nuove forme di servitù della gleba. Non più determinate dagli umori di un feudatario, ma dagli ancor più arcani responsi di un logaritmo. Che impone turni massacranti, sempre sul filo del rasoio, sempre con il coltello in mezzo ai denti. Con i colleghi-rivali, ovvero altri sfruttati senza alcuna tutela, in balia delle simpatie (o antipatie) di un guardiano-padrone e sempre a rischio di incappare in qualche infortunio o incidente imprevisto che precipita dal girone a una bolgia ancora più infernale. A scapito della salute, della psiche, dei rapporti familiari con la compagna, con il figlio adolescente quanto mai bisognoso di una presenza assidua e non di un padre che sparisce all’alba e ricompare a notte fonda.

È la legge del mercato, bellezza, ci dice il regista (e il fido sceneggiatore Laverty) e non puoi farci nulla. Se non adattarti o soccombere. Perché non c’è tutela sindacale per gli “autonomi”, ovviamente. Non sono forse padroni del loro destino? In ogni caso, al di là dell’argomento (lo specchio della società inglese del terzo millennio) già affrontato da Ken Loach nel precedente Io, Daniel Blake (2016) e nel successivo The Old Oak (2023) è la qualità cinematografica della storia che si impone con l’evidenza di un assioma. Una realtà concreta, che chiunque può dire di aver vissuto o aver visto vivere. Fatta di gesti quotidiani, di routine, anche nella ribellione, quando il vaso è colmo. Per ricominciare da capo perché non ci sono alternative. Nello salire e scendere da un autobus perché la macchina è stata venduta per acquistare il furgone. Finto totem della finta libertà trasformato ben presto in una gogna insostenibile. Quando si parla di “realismo” non bisogna pensare solo a Ladri di biciclette (1948) o Umberto D (1952). Il realismo non è il ritratto di un’epoca, è uno stato dell’arte. È un servizio reso alla comunità di tutti i cittadini di un intero Paese. A coloro che troppo spesso si girano dall’altra parte nell’illusoria speranza che le disgrazie capitino sempre e solo agli “altri”. Che “uno su mille ce la fa” e quell’uno siamo noi. E invece, molto più spesso, restiamo tra i 999.

E allora perché vedere il film di Ken Loach?

Per il suo valore educativo. Si, perché ogni tanto, il buon cinema è anche didattico.

Dettagli del film di Ken Loach

titolo orig. id. sceneggiatura Paul Laverty cast Kris Hitchen (Ricky Turner) Debbie Honeywood (Abbie Turner) Rys Stone (Sebastian Turner) Katie Proctor (Liza Jane Turner) Ross Brewster (Maloney) Charlie Richmond (Henry Morgan) genere drammatico lingua orig. inglese prod. UK, Belgio, Fr 2019 durata 98 min.

 

DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi

 

Egidio Zanzi:
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